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Arthur Pember, il primo leader del calcio

Coraggioso, pieno d’iniziativa, carismatico: il primo presidente nella storia della Football Association, e dunque primo leader di quello sport che molti anni dopo sarebbe diventato il più amato al mondo, fu Arthur Pember, uomo di legge e capitano del pittoresco No Name Club di Kilburn.

Calciatore capace, ma non certo abile quanto i contemporanei Charles Alcock, Ebenezer Morley, Francis Marindin e Arthur Kinnaird, la scelta di eleggerlo come leader della neonata associazione avrebbe sorpreso soltanto gli osservatori più superficiali: le sue modeste qualità sul campo di gioco erano infatti ampiamente compensate da una straordinaria apertura mentale e da grandi capacità diplomatiche.

Pur provenendo da una famiglia stimata e benestante, Arthur Pember era uomo di mondo, curioso e dotato di grande empatia, doti che gli permettevano di trovare sempre una mediazione tra persone con idee tanto diverse.

Indirizzò, insieme a Ebenezer Cobb Morley, il football nella direzione che credeva migliore cercando allo stesso tempo di coinvolgere quanti più club possibile, arrendendosi soltanto di fronte alla dura e intransigente posizione dei club di Blackheath, rappresentati da Francis Maule Campbell e cultori irriducibili del gioco con le mani.

Straordinario mediatore

Questo pittoresco personaggio, dotato di baffi davvero vistosi anche per l’epoca vittoriana, comprese che uno sport con poche e chiare regole sarebbe stato capito e persino giocato dalla massa, e allo stesso tempo intuì che contrasti troppo violenti, placcaggi e sgambetti avrebbero scoraggiato l’uomo comune da praticarlo.

Terzo di nove figli, proveniente da una famiglia più che benestante, Arthur Pember fu per tutta la vita un attento osservatore del mondo e dei suoi abitanti, abile nel non rifugiarsi in un mondo dorato di cui avrebbe potuto far parte e sempre pronto a mescolarsi alla gente comune, inseguendo nuove avventure.

Dopo la prima gara giocata con le regole stabilite dalla Football Association di cui era presidente, alla cena che celebrava la sfida, pronunciò una frase straordinariamente profetica durante un brindisi.

“Al successo del football, indipendente dalla classe sociale e dal credo religioso!”

Fu per questo spirito indomito, e rivoluzionario per l’epoca, che pochi anni dopo la nascita della FA, quando ancora il football doveva in realtà dotarsi di una vera e propria organizzazione, considerò concluso il suo compito e partì per gli Stati Uniti, lasciandosi l’Inghilterra e il calcio per sempre alle spalle.

Avventuriero in America

Nell’America appena uscita dalla guerra civile intraprese la carriera di giornalista d’inchiesta, lavorando per il New York Times sotto l’identità di “AP, the Amateur Vagabond”: abile nel prendere in prestito usi e costumi che non gli appartenevano, si travestì e si confuse con gli abitanti dei bassifondi della “Grande Mela”, vivendo a stretto contatto con la malavita e rischiando più volte la pelle.

La sua estrema versatilità, il suo acuto senso d’osservazione e la sua straordinaria educazione gli diedero la possibilità di mescolarsi sia tra la gente comune che nell’aristocrazia: lavorò in miniere di carbone e prigioni, si unì ad un circo itinerante descrivendone usi e costumi e, indagando sotto copertura, denunciò potenti corrotti e delinquenti di ogni sorta.

Tutte queste incredibili avventure furono raccolte in un libro “The Mysteries and Miseries of the Great Metropolis, With Some Adventures in the Country: Being the Disguises and Surprises of a New-York Journalist”, straordinaria testimonianza della straordinaria vita di questo indomito pioniere negli Stati Uniti del XIX secolo.

Arthur Pember non tornò mai più in Inghilterra, vivendo negli Stati Uniti fino a una morte prematura e misteriosa avvenuta ad appena cinquant’anni: si scordò del football, e il football, preso da nuovi personaggi e nuove sfide, si dimenticò di lui a lungo. Eppure, senza la presenza di questo istrionico, carismatico e originale personaggio, la stessa Football Association, formata da persone con idee tanto diverse tra loro, non sarebbe probabilmente mai nata.


Tratto dall’appendice biografica di “Pionieri del Football: Storie di calcio vittoriano 1863-1889” – Ritratto realizzato da Sara Provasi

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