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Caesar Jenkyns, il primo “duro” nella storia del calcio dei pionieri

Nel giorno di Pasquetta del 1884 Albert Coles, allenatore della squadra riserve dello Small Heath – club che poi sarebbe diventato il Birmingham City – si trovò a corto di uomini per un’amichevole che avrebbe dovuto giocare nel pomeriggio contro l’Aston Morning Star, uno dei numerosi club esistenti all’epoca in città.

Era abitudine di Coles, quando si trovava nella necessità di trovare qualche rimpiazzo per la sua squadra, recarsi nelle scuole cittadine e reclutare i giovani più promettenti per l’occasione, avventure che però spesso iniziavano e finivano nello spazio di un paio d’ore. Quando i suoi occhi caddero su un ragazzone dalle spalle larghe e dallo spiccato accento gallese, però, Coles comprese che stavolta la storia sarebbe stata decisamente diversa.

Mediano e capitano della rappresentativa scolastica, Caesar Augustus Llewellyn Jenkyns era un vero e proprio gigante. Non tanto per l’altezza, che già si attestava comunque intorno ai 180 centimetri, ma piuttosto per la stazza poderosa, un concentrato di muscoli il cui peso oscillava tra gli 80 e i 90 chili e che in seguito avrebbe raggiunto persino il quintale.

Caesar Jenkyns con l'Arsenal
Caesar Jenkyns, quinto da sinistra nella prima fila, come capitano dell’Arsenal nella stagione 1895/1896: i Gunners arrivarono al 7° posto in Second Division.

Caesar Jenkyns, una vita da duro

Iniziò così la carriera di Caesar Jenkyns, il calciatore più duro e aggressivo della sua epoca, un personaggio tanto amato dai compagni di squadra quanto temuto dagli sventurati avversari che spesso non osavano neanche sfidarlo per timore di scatenare una collera che una volta lo avrebbe portato quasi all’arresto. Tutta colpa di una corsa in bicicletta, persa sul filo di lana e che lo aveva portato a malmenare il vincitore e due passanti che avevano cercato di intervenire per fermarlo.

Non sarebbe stato l’unico episodio del genere che lo avrebbe visto protagonista. Espulso sei volte in carriera, in un’epoca in cui questa sanzione quasi non veniva neanche contemplata, prima di ogni gara era solito prendere da parte l’avversario diretto, cioè il centravanti, e avvisarlo con un tono così minaccioso che pochissimi osavano poi contraddirlo saltandolo in dribbling.

Chi lo faceva, del resto, camminava sul sottile filo tra il coraggio e l’incoscienza, dato che più volte Jenkyns causò infortuni, scatenò risse, intimorì ripetutamente gli arbitri e arrivò a schiaffeggiare ripetutamente due spettatori a Derby, colpevoli di averlo insultato mentre lasciava il campo.

Nato a Builth Wells, un villaggio di poche centinaia di anime nel centro del Galles, aveva raggiunto Birmingham da ragazzo al seguito del padre poliziotto, di mamma Cecilia e del fratello Plato, con cui condivideva un nome dal sapore antico. La natura lo aveva dotato di qualità fisiche fuori dal comune, e nonostante fosse anche un discreto calciatore dal punto di vista tecnico fu presto ovvio come la sua marcata fisicità avrebbe potuto renderlo un personaggio unico sul terreno di gioco.

Caesar Jenkyns, gigante tra i nani

Non capitava di rado infatti che la sua possanza decidesse l’andamento delle gare a cui prendeva parte. Merito delle frequenti quanto decise entrate con cui travolgeva i rivali e delle incursioni offensive in cui poteva capitare che entrasse letteralmente in porta con il pallone. Lasciando in questi casi quattro, cinque, persino sei avversari a terra impotenti.

Dire che Caesar Jenkyns fu il calciatore più duro del calcio vittoriano è scontato. Dire che sia stato il più duro di sempre non sarebbe un’eresia. Le sei espulsioni rimediate in carriera possono sembrare poca cosa soltanto a chi ignora quanto fosse violento il gioco in quel periodo. E quanto venisse tollerato dagli arbitri, che ancora avevano inculcati i valori cavallereschi di lotta maschia che il football aveva nel suo DNA originale.

Straordinariamente popolare tra i tifosi – nel bene e nel male – Jenkyns fu allo stesso tempo frequente oggetto dei pregiudizi degli arbitri. Questi, osservandolo scontrarsi con avversari che al suo confronto sembravano fanciulli, cadevano spesso nell’errore di considerare i suoi interventi fallosi. Il carattere indomito gli permise però di guadagnarsi l’ammirazione dei dirigenti di numerosi club. Tutti, infatti, sapevano che con lui in squadra le possibilità di vittoria aumentavano sensibilmente.

La prima stella dell’Arsenal

Fu così che “Jumbo”, come fu soprannominato per la sua stazza, divenne la stella del Galles. E di Small Heath, Woolwich Arsenal e Newton Heath, club oggi noti come Birmingham City, Arsenal e Manchester United ma che allora lottavano per sopravvivere. E forse non ce l’avrebbero fatta senza questo gigante grande ma per niente gentile, comunque tanto forte e carismatico da vestire la fascia di capitano di ogni club in cui giocò. Fu il primo “internazionale” nella storia dei Gunners, con cui giocò una sola stagione (1895/1896) agendo da centro-mediano e realizzando anche 6 reti, a dimostrazione di qualità tecniche comunque tutt’altro che disprezzabili.

Jenkins realizzò in tarda età, quando la fine era ormai prossima, che per le sue otto partite con il Galles non aveva mai ricevuto il “cap” che allora veniva donato in ricordo ai convocati. La federazione non aveva i soldi, all’epoca, ma dato che i tempi erano cambiati l’ancora energico Caesar, adesso poliziotto prossimo alla pensione, contattò i vertici della federcalcio gallese pretendendo a gran voce i berretti commemorativi a suo tempo negati. Nel giro di pochi giorni gli vennero subito consegnati.

Del resto chi aveva mai avuto il coraggio di discutere davvero con Caesar Jenkyns?

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