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Recensione: L’Arbitro

La recensione de “L’Arbitro”, film del 2013 firmato da Paolo Zucca, non può che partire dalla trama che si rivela nel finale. Nell’ultimo livello del calcio italiano due squadre sarde competono per la supremazia cittadina. Il fortissimo Montecrastu, abituata a dominare il campionato ogni stagione, deve vedersela con i rivali dell’Atletico Pabarile, tornati avversari di livello grazie al ritorno dall’Argentina del figlio di un emigrato locale, tale Matzutzi.

Contemporaneamente – e al massimo livello calcistico – l’arbitro Cruciani, detto “Il Principe” per le sue movenze teatrali ed il piglio con cui conduce le gare, nonché vero protagonista della pellicola, ha l’occasione della vita. Vista l’assenza di compagini italiane dalle finali europee potrebbe infatti essere designato per dirigere la finale, evento che gli spalancherebbe le porte per la vittoria del Fischietto d’Argento, il massimo riconoscimento a cui un direttore di gara possa aspirare.

La storia e la carriera di Cruciani prenderanno però una china inattesa, portandolo dalla possibilità di imporsi come miglior arbitro d’Europa all’incrociare il suo percorso proprio con il piccolo paesino sardo dove è attesa la partita decisiva tra il Pabarile di Matzutzi ed il Montecrastu.

Recensione di “L’Arbitro” (2013)

“L’Arbitro” trae origine da un cortometraggio dello stesso regista, cortometraggio che tra l’altro viene riproposto integralmente – pur se con altri interpreti – nei minuti finali della pellicola. Per renderlo un film vero e proprio, Paolo Zucca ha approfondito le storie dei protagonisti. Ecco allora le due compagini scalcinate e dilettantistiche, e l’arbitro che come Icaro ha voluto volare troppo in alto finendo per precipitare nell’inferno della Terza Categoria.

Il risultato è un film breve ma intenso e senza dubbio di buon livello, molto scorrevole e dove i numerosi dialoghi in sardo riescono comunque ad essere “digeriti” grazie all’eloquenza delle immagini e delle espressioni dei protagonisti.

Potremmo dire che l’opera è vagamente “felliniana”, se così si può dire. Ed in parte quasi western. Innumerevoli infatti sono gli indugi sugli sguardi, le espressioni dei calciatori, i paesaggi decisamente desolati – eppure per questo affascinanti – dove si svolgono le partite.

Un incrocio indovinato

La resa tra il mondo dilettantistico dove si svolge la storia delle squadre sarde e quello super patinato dove vive l’arbitro Cruciani, nell’attesa che lentamente le due storie si fondano, è realizzata molto bene.

Ottimi gli interpreti, molto caratteristici, e ottime le prove di Stefano Accorsi e Geppi Cucciari, Non sono un fan – anzi – di nessuno dei due, ma qui riescono a far dimenticare chi sono diventando un tutt’uno con i propri personaggi. Il film trabocca di situazioni grottesche, bulli a cavallo, arbitri ballerini e corrotti, campi allestiti in mezzo a cimiteri, allenatori ciechi e chi più ne ha più ne metta.

Forse l’opera a volte tenta di volare troppo in alto, come l’arbitro Cruciani, cercando di fare un parallelo tra la corruzione e le varie regole del calcio degli alti livelli con i giochi politici del mondo “reale”, E forse indugia un po’ troppo su se stesso con diversi esercizi di stile che lasciano il tempo che trovano.

Tuttavia, il risultato nel complesso è buono. L’ora e mezzo di durata vola via velocemente, pause vere e proprie non ve ne sono e inoltre assistiamo a diverse riprese davvero coinvolgenti ed originali. Decisamente un bel film, che mi sento di consigliare a chiunque ami quel cinema dove l’immagine spesso dice molto di più delle parole.

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