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Dino Fiorini e Mario Pagotto, uniti dal calcio e divisi dalla guerra

11 giugno 1933. L’edizione numero 33 del massimo campionato di calcio italiano si avvia alla conclusione e il Bologna, ormai fuori dalla lotta Scudetto, scende in campo al Comunale di Busto Arsizio contro la pericolante Pro Patria. È l’occasione ideale per lanciare una giovane promessa, ed è in quel momento che il calcio italiano scopre il talento di Dino Fiorini.

La sfida si concluderà con un rocambolesco 3-3, ma nonostante una prestazione non impeccabile il giovanissimo (deve ancora compiere 18 anni) Fiorini non ha alcuna paura del futuro. Anzi, affronta i due veterani della squadra, Monzeglio e Gasperi, difensori come lui e titolari apparentemente inamovibili, e li avvisa: “Mettetevi d’accordo, perché presto uno di voi mi lascerà il posto!“.

Dino Fiorini, un’ascesa irresistibile

Quella che può sembrare una provocazione si rivelerà, nel giro di un paio di stagioni, una predizione. Sarà Monzeglio a lasciargli spazio, trasferendosi alla Roma anche perché è amico intimo di Benito Mussolini nonché suo istruttore di tennis. Nel frattempo ha vinto i Mondiali del 1934, è un campione del mondo dunque: ma a Bologna sono tranquilli, sono pronti a scommettere che Fiorini non lo farà rimpiangere.

Nello stesso momento, tre categorie più in basso nella piramide calcistica italiana, Mario Pagotto sbarca il lunario nel modesto Pordenone. È un difensore di 25 anni, per molti un lusso per la categoria. Meriterebbe forse una chiamata da un club di maggior spessore, ma nessuno potrebbe pensare che questo sarà proprio il Bologna.

Nella prima stagione con Fiorini titolare i rossoblù tornano nuovamente a vincere lo Scudetto. Il tecnico ungherese Arpad Weisz ha dato alla squadra un gioco concreto ed efficace: l’attacco è appena l’8° (su 16 partecipanti) del campionato, ma la difesa è insuperabile. Come nelle previsioni Monzeglio ha dato spessore alla Roma, che si arrende soltanto all’ultimo nella corsa per il titolo, ma il ragazzo che lo ha sostituito non si è dimostrato da meno.

Mario Pagotto, dal Pordenone al Bologna

Con il regista Raffaele Sansone e il bomber Angelo Schiavio, Dino Fiorini è uno dei punti fermi della squadra campione d’Italia. Ha giocato tutte le partite in calendario, ha annullato qualsiasi avversario, il futuro sembra già scritto e arriva anche la convocazione nella Nazionale B. Sul mercato è difficile pescare rinforzi per quella squadra, soprattutto in difesa.

Il Bologna non ha voglia di spendere per un terzino che molto probabilmente – anzi, quasi sicuramente –  finirà all’ombra di Fiorini e Gasperi. Per questo pesca in Serie C proprio Mario Pagotto. Una buona riserva, nei piani del club felsineo. Un’occasione irripetibile per il 25enne difensore del Pordenone.

La stagione successiva il Bologna si ripete, vincendo il suo 4° Scudetto. Weisz è un mago a cui tutto riesce, Fiorini il suo fido scudiero in difesa. Apparentemente inarrestabile: è veloce nella corsa, atleticamente straripante, coraggioso, dotato nel gioco aereo e dotato di un’ottima visione tattica. Una vera certezza, mentre il partner Gasperi, classe 1903, a 33 anni sembra entrato nell’inevitabile fase di declino.

Il declino di Fiorini

Sarà per questo, sarà per qualche infortunio di troppo, ma alla fine del campionato Fiorini ha giocato 30 partite su 30 e Gasperi la metà. Le altre 15, infatti, hanno visto Mario Pagotto prendersi inaspettatamente la maglia da titolare. L’ex Pordenone non sarà un predestinato come Fiorini, ma esegue il proprio compito senza sbavature e con grande applicazione.

Anche con lui Weisz si è dimostrato un grande comunicatore, oltre che un grande tecnico. Lo ha preso da parte dopo le prime partite, tutt’altro che brillanti, e gli ha detto di pensare solo a giocare. Senza pensare alla maglia, alla fama degli avversari, ai grandi palcoscenici che si è improvvisamente trovato a calcare. Deve concentrarsi soltanto sul pallone, un consiglio che in futuro gli salverà addirittura la vita.

La stagione successiva Fiorini e Pagotto sono i titolari. Tra i due c’è un divario evidente, ma benché dotato di un talento superiore il primo comincia inaspettatamente a perdersi. Si rivela infatti un po’ troppo arrogante in alcune occasioni, ad esempio prendendo in giro Meazza prima di una sfida con l’Ambrosiana-Inter, e pare corra troppo spesso dietro alle donne.

L’addio di Arpad Weisz

Fiorini è tra i primi calciatori italiani ad avere successo con il gentil sesso. Del resto è alto, bello, non a caso la Bourjouis, un’azienda che produce brillantina lo ha ingaggiato come testimonial per le proprie pubblicità. Darsi tanto da fare tra le lenzuola però ha delle conseguenze: dopo 3 stagioni al top il difensore rossoblù gioca appena 7 gare.

Per molti, a frenarlo, è una malattia venerea contratta durante una delle tante avventure di una notte. Il club non ne avrà mai certezza – forse non è però un caso che Vittorio Pozzo non lo abbia mai inserito nel giro della Nazionale – né farà partire alcuna indagine: l’attenzione di tutti è infatti rivolta alla ricerca del tecnico che dovrà sostituire Arpad Weisz.

Il tecnico infatti è ebreo, e all’indomani delle ignobili leggi razziali promulgate dal governo fascista è costretto a lasciare il proprio lavoro. Ha dato tanto al calcio italiano e a ognuno dei giocatori del Bologna da cui prende commiato negli spogliatoi: tra questi si dice che uno dei più commossi sia proprio Fiorini.

Il terzino è stato addirittura tra i fondatori del partito fascista repubblicano di Bologna. Ma Weisz – che morirà tragicamente ad Auschwitz – lo ha scoperto, gli ha dato fiducia, lo ha reso un punto fermo della sua squadra e gli ha permesso di diventare quello che è diventato. Dopo l’addio del mentore il suo ritorno è graduale, e proprio quando sembra arrivato a compimento il calcio si ferma. L’Italia, infatti, è entrata in guerra al fianco della Germania.

Compagni divisi dalla guerra

Il campionato 1942-43 è l’ultimo che la guerra permette all’Italia di giocare continuativamente. Non bastano i gol di Puricelli e la buona prova di Montesanto, fino all’anno prima giocatore rossoblù, come allenatore: il Bologna si piazza sesto, in un torneo che vede l’ascesa del Torino, che di lì a pochi anni diventerà “il Grande Torino” e conquista lo Scudetto.

Come tanti altri calciatori, Fiorini e Pagotto partono per il fronte. Il primo, fascista convinto, è milite scelto nella Guardia Nazionale Repubblicana; il secondo finisce nella brigata alpina, e due anni più tardi viene catturato dai tedeschi, fino al giorno prima alleati e adesso furiosi per l’armistizio firmato dall’Italia.

Per “gli italiani traditori” c’è la prigionia in condizioni proibitive, e Pagotto finisce sballottato prima in un campo poi in un altro. Deve inventarsi qualcosa per sopravvivere quindi fa la sola cosa che sa fare bene: giocare a calcio. Tutti i detenuti vengono a vedere le partite che nei campi gli italiani giocano e vincono contro le rappresentative degli altri detenuti, guadagnandosi il rispetto delle guardie tedesche che allungano loro qualche razione extra di cibo.

Dino Fiorini: una morte misteriosa

Nel frattempo, ad armistizio avvenuto, l’Italia è spaccata in due tra chi è rimasto fedele a Mussolini e chi lo combatte. A Bologna l’aria è elettrica, Fiorini ne è perfettamente consapevole, dato che gli hanno già sparato due volte in città mentre presta servizio come guardia repubblicana. Ma come sempre non ha paura di nessuno. E stavolta è un errore fatale.

C’è chi dice che un giorno, precisamente il 3 settembre del 1944, venga catturato in un’imboscata dai partigiani, tenti la fuga e venga raggiunto da due pallottole alla schiena. Chi invece sostiene, come la moglie Italia, che progettasse di passare nella Resistenza e sia stato ucciso per errore da chi non era stato informato della cosa. O forse dai fascisti, che avevano scoperto il suo doppio gioco.

Si dice anche che chi lo uccide sapesse tutto, ma volesse vendicare un antico torto. Forse perché il bel difensore aveva avuto rapporti con la moglie, o per una discussione di troppo. Nessuno probabilmente lo saprà mai: la vita di Dino Fiorini si conclude così nel mistero, in un bosco di Monterenzio.

Destini differenti

Quella di Mario Pagotto invece continua, seppur da prigioniero. Il difensore supererà la guerra, vincendo un incredibile e rocambolesco torneo organizzato dai propri carcerieri con in palio la libertà. O almeno questo è quello che racconterà in futuro il difensore, una storia ai confini con la realtà e di cui è impossibile trovare traccia.

La guerra sta terminando, i campi chiudono uno dopo l’altro e Pagotto e i suoi possono tornare a casa dopo aver sconfitto una rappresentativa di prigionieri russi, come promesso e poi mantenuto dai carcerieri tedeschi. Tornato a Bologna, “Rino” riprende a giocare per passione: farà in tempo a vivere da calciatore ancora due stagioni, seppur da riserva, togliendosi il gusto di vincere anche una Coppa Alta Italia nel 1946.

La coppia di difensori che il calcio e il Bologna aveva unito è stata divisa per sempre dalla guerra. Dino Fiorini e Mario Pagotto, così vicini eppure così lontani, furono tra i protagonisti della grande epopea del Bologna “che tremare il mondo fa”.

La loro storia ricorda quella di Asbjorn Halvorsen e Otto Harder dell’Amburgo: prima compagni di squadra, abituati a gioire insieme per le tante vittorie ottenute sul campo, quindi divisi dalla guerra, dalle ideologie e dal destino. Anche questo è stato il calcio, in un’epoca oscura che sarebbe bello pensare non possa tornare mai più.


SITOGRAFIA:

  • (01/01/2009) Dino FioriniTremare Il Mondo Fa
  • (16/07/2009) Soncini L. / Fiorini, il giallo del terzino scomparsoCorriere di Bologna
  • (27/01/2012) Castellani M. / Un pallone salvò Rino dal lagerAvvenire
  • (30/01/2012) Ciacci D. / Mario “Rino” Pagotto, il calciatore del Bologna che ha sconfitto i lager nazisti a suon di golTempi
  • (07/12/2013) Dino Fiorini, una storia italianaSodalizio Lazio
  • (12/02/2015) La storia del terzino dimenticato: Dino FioriniLa Repubblica Pallonara
  • (19/11/2018) Rudi / Dino Fiorini: chi ha ucciso il terzino del Bologna?RudiGhedini

BIBLIOGRAFIA:

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