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Jack Addenbrooke, il cuore e l’anima dei Lupi

Il nome di Jack Addenbrooke poco dirà alla stragrande maggioranza degli appassionati italiani di calcio, ma anche nell’Inghilterra della ricchissima Premier League, di Guardiola e Mourinho, potrebbe capitare che citando questo nome si ottenga dal nostro interlocutore uno sguardo perplesso e una domanda: “Chi era?”

Eppure, nella storia del football, nessuno più di Jack Addenbrooke ha saputo identificarsi con la squadra della propria città, risultandovi coinvolto sin dal primo giorno e dedicando poi ad essa la maggior parte della propria vita.

I Wolverhampton Wanderers nascono nel 1877, quando gli amici Jack Baynton e John Brodie ricevono in regalo un pallone dal preside della scuola in cui studiano per diventare insegnanti, la St. Luke.

Nella squadra trovano posto, com’è ovvio che sia, diversi degli studenti più valevoli e giovani, entusiasti praticanti del nuovo sport che appena cinque anni prima ha visto giocare la prima storica finale di FA Cup: si tratta di validi aspiranti footballers, che lavorando duramente riusciranno a restare in squadra anche quando questa si evolverà, prima fondendosi con il club di cricket della chiesa locale, evento che porta all’attuale denominazione, e poi aprendosi come molte altre società del periodo al professionismo divenuto legale nel 1885.

Jack Baynton e John Brodie, leggendari fondatori dei Wolves

Quando nel marzo del 1888 dodici squadre fondano la Football League, l’attuale Premier e primo campionato di calcio della storia, gli Wolves hanno fatto passi da gigante, riuscendo ad entrare nel ristretto gruppo delle squadre prescelte dal comitato. È un successo clamoroso, a maggior ragione se si considera che nonostante siano passati oltre dieci anni dalla nascita del club, nonostante la legalizzazione del professionismo, alcuni dei membri fondatori di quella squadra nata quasi per gioco giocano titolari contro i più forti campioni dell’epoca.

Nella stagione del primo campionato inglese di sempre, i ragazzi di Wolverhampton ottengono un più che onorevole piazzamento a metà classifica e raggiungono anche la finale della FA Cup, finendo per essere piegati solo dai fortissimi “Invincibles” del Preston North End.

Jack Baynton gioca come portiere titolare, ben coperto dal possente difensore Charlie Mason, altro membro fondatore esattamente come il completissimo regista Arthur Lowder, che proprio in quell’anno raggiunge la Nazionale insieme all’altruista e coraggioso centravanti John Brodie.

Sono tutti ragazzi di Wolverhampton, si conoscono da sempre e da sempre sono amici, sono quelli che hanno costruito la squadra insieme a Jack Addenbroke.

Chi è quest’ultimo? Staziona al bordo del campo, e di fatto è il manager della squadra in un’epoca in cui questo ruolo deve ancora essere definito. Con Baynton, Mason, Lowder e Brodie lui ha studiato, e alla nascita del club, pur avendo appena dieci anni, è riuscito a partecipare proponendosi come organizzatore delle varie partite necessarie per emergere in tempi tanto primitivi.

Da allora è sempre stato al fianco degli amici e compagni, cercando inutilmente di imitarli per giocare con loro: niente da fare, il talento non c’è, ma di entusiasmo Addenbrooke ne ha da vendere. E forse è per questo che quando passa il professionismo, e gli Wolves devono dotarsi di un manager ufficiale, risulta quasi naturale che tutti indichino il buon Jack, che nel 1885 ha appena vent’anni.

È in questo momento che inizia ufficialmente la carriera di manager di Jack Addenbrooke, che durerà ben 37 anni e che lo vedrà sempre sedere sulla stessa panchina, quella della squadra dei suoi sogni, il club che lui stesso ha contribuito a fondare.

Senza mai abbattersi, da quel lontano giorno del 1877, ha cercato in tutti i modi di avere un ruolo all’interno degli Wolves, e invece di farsi scoraggiare dallo scarso talento calcistico ha saputo guardare oltre. C’è la sua torreggiante figura, dietro la squadra che ben figura nel primo campionato di sempre, la stessa figura che appare nelle foto dei Wolverhampton Wanderers vincitori delle FA Cup 1893 e 1908, quando le righe bianche e rosse presenti sulle maglie degli esordi sono state sostituite dal “gold & black” omaggio al motto cittadino: “Dall’oscurità arriva la luce”.

Due imprese eccezionali, la seconda addirittura centrata con la squadra scivolata in seconda divisione per via di alcuni problemi economici che hanno portato a un inevitabile ridimensionamento. Addenbrooke, figlio dell’epoca vittoriana, sbarca nel nuovo secolo restando sempre al proprio posto, accanto a una squadra che cambia uomini e obbiettivi ma che sempre si affida al suo carisma, capace di tenere insieme undici calciatori ricordando loro dove e come la squadra ha preso vita, figlia di un gruppo di buoni calciatori e straordinari uomini.

Jack Addenbrooke allenerà gli Wolves in oltre 1.500 occasioni tra campionato, coppe, amichevoli, tournée e tornei regionali, un numero di gare impressionante e che avrebbe potuto essere anche di gran lunga superiore se soltanto la prima guerra mondiale non avesse interrotto le attività calcistiche inglesi per quasi cinque anni.

Quando si allontana dalla panchina degli amati Wolves, Jack lo fa per sua scelta e non certo perché la dirigenza non crede più nelle sue grandi capacità, premiate nel frattempo anche dalla Football Association con una medaglia ad honorem nel 1909. Lo fa perché si è ammalato, e sentendo la fine vicina non vuole che la squadra, che deve preparare al meglio la stagione 1922/1923, ne possa risentire.

È l’ultimo atto d’amore che questo personaggio straordinario regala alla squadra della sua città, prima di spegnersi nel sonno pochi mesi dopo: dei suoi 57 anni di vita, Jack Addenbrooke ne ha donati ben 47 ai Wolverhampton Wanderers, identificandovisi come nessun altro uomo di calcio al mondo ha mai fatto e mai farà.

Ecco perché noi moderni appassionati di football, mentre nel XXI° secolo assistiamo a trasferimenti e campionati milionari e a dichiarazioni d’amore che spesso non sono che di facciata, dobbiamo conoscere la storia di Jack Addenbrooke e mai dimenticarla: la sua mitica figura ci ricorderà sempre che il calcio è certamente un gioco, ma anche molto, molto di più.


Il ritratto di Jack Addenbrooke, uno dei protagonisti del mio “Pionieri del Football – Storie di calcio vittoriano”, è opera di Sara Provasi.

FONTI:

  • Quirke, Patrick (2013) The Origins of Wolverhampton Wanderers, Amberley Publishing
  • (29/07/2011) Fondly Remembered: Jack Addenbrooke, A Manager Like No Other, WolvesHeroes.com

PIONIERI DEL FOOTBALL – STORIE DI CALCIO VITTORIANO (1863-1889)

Nato come passatempo per i ricchi studenti delle migliori scuole private di Londra e dintorni, il calcio cresce e si espande assistendo alle imprese dei primi grandi eroi del rettangolo verde.

Sono i “pionieri del football”, nomi oggi in gran parte dimenticati ma che hanno contribuito in modo fondamentale alla nascita e alla diffusione di quella che è oggi la religione laica più praticata al mondo.

Dai primi calci a un pallone, dati quasi per caso, il football arriva al suo primo campionato professionistico attraverso numerose vicende: i primi regolamenti, le prime sfide internazionali, la FA Cup giocata da club ormai scomparsi, così esotici e ricchi di storia e vicende personali.

“Pionieri del football – Storie di calcio vittoriano” vi racconta tutto questo e molto di più, 283 pagine in cui troverete narrati, per la prima volta in Italia, i primissimi anni del calcio inglese. Aneddoti, rivoluzioni, epiche sfide in un’epoca così diversa eppure così simile, per molti versi, alla nostra.

Scoprite chi furono Lord Arthur Kinnaird, il primo dominatore del cuoio capace di giocare ben nove finali di FA Cup; gli Wanderers, la più grande squadra del football quando questo aveva appena cominciato a chiamarsi così; Jack Hunter e il Blackburn Olympic, il club che rivoluzionò regole che sembravano immutabili.

E poi ancora Archie Hunter e l’Aston Villa, il Preston North End degli “Invincibili”, la Scozia e i suoi “professori”, le lotte di classe e di potere che seguirono, parallelamente, quelle che si svolsero nell’Inghilterra in piena Rivoluzione Industriale.

Perché per quanto diversi dagli eroi moderni, questi pionieri furono veri eroi, e meritano di essere conosciuti da ogni vero appassionato di calcio. Perché è grazie a loro, in fin dei conti, che oggi possiamo goderci questo meraviglioso sport.

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