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John Goodall e la rivoluzione del Preston North End

Agli appassionati di calcio di oggi, quasi sicuramente, il nome di John Goodall dirà poco o niente. Il suo mito è ormai cosa per pochi appassionati storici, scolorito dai tanti anni passati da quando fu il re del gioco, offuscato dai tanti nomi che sono stati protagonisti nella storia del football britannico e mondiale.

Sminuito da chi sostiene, con una certa dose di ignoranza, che il calcio di un tempo fosse assai meno competitivo di quello odierno.

Eppure John Goodall, che ai suoi tempi fu noto come Johnny All Good per via della sua straordinaria completezza tecnica e Honest John a causa della sua correttezza esemplare, è stato uno dei più grandi centravanti di sempre, protagonista assoluto di quel gioco che, con l’avvento del professionismo, si trasformò a tutti gli effetti nel calcio che oggi tutti conosciamo.

Pioniere dello scientific football, Goodall fu il dominatore di un gioco che si era appena convertito al professionismo, molto più simile, dunque, a quello che oggi conosciamo e ben diverso da quello praticato fino ad allora.

Un nutrito gruppo di squadre del nord d’Inghilterra, stanche di dover sottostare alle assurde leggi amateur volute dai padri fondatori londinesi, minacciò di lasciare la Football Association e di creare una propria lega calcistica.

L’ascesa del professionismo

Fino a quel momento, infatti, il football era stato dominato da quegli ex-studenti delle più prestigiose scuole del Paese che, nelle storiche riunioni dell’inverno del 1863, avevano unificato i vari giochi con il pallone, praticati in ogni ateneo, in un unico e condiviso regolamento.

Questo non prevedeva in alcun modo il ricorso al denaro, che veniva considerato indegno di essere mescolato con lo sport nella sua più pura accezione. La conseguenza naturale di questo divieto era l’impossibilità, per chi non aveva avuto la fortuna di avere generosi natali, di sfidare alla pari quegli atleti nati nella ricchezza, cresciuti negli agi ed educati nelle migliori scuole private d’Inghilterra.

Dunque capaci di dedicare tempo allo sport e al proprio benessere fisico, certamente non logorati nel fisico dai duri turni di fabbrica né mentalmente dalle tante angustie con cui, giornalmente, si trovava ad avere a che fare chi apparteneva alla working class.

Qui, ai tempi della Regina Vittoria, il lavoro arrivava in giovane età, e nonostante le varie riforme varate dal Governo le paghe erano ancora basse, i diritti pochi.

Una lotta di classe

Si trattava quindi di uno scontro impari: mai un povero operaio delle Midlands, o del Lancashire, avrebbe potuto ambire a giocarsela con i robusti e vigorosi gentlemen del sud, che oltretutto non celavano un vero e proprio sprezzo per chi non apparteneva alla loro stessa classe sociale.

I nobili avrebbero giocato, divertendo la plebe operaia che, al massimo, avrebbe potuto apprezzarne le abilità da bordo campo, come spettatori. Ma così il football non si sarebbe mai sviluppato come fenomeno di massa, e fu per questo motivo – una vera e propria “lotta di classe” – che nacque il finto dilettantismo, lo shamateurism.

Arrivarono dunque le prime scosse al sistema voluto dagli old boys: l’exploit del Darwen di Fergus Suter e Jimmy Love, la vittoria della FA Cup 1883 da parte del Blackurn Olympic, le tre vittorie consecutive dei Blackburn Rovers.

La Football Association assisteva al fenomeno, incapace di intervenire concretamente su quelli che, a tutti gli effetti, venivano passati come rimborsi spese anche se erano spesso veri e propri ingaggi.

Football Revolution

La rivoluzione arrivò da Preston, cittadina del Lancashire che improvvisamente era apparsa sulla mappa del football nazionale.

Dopo un pareggio contro l’Upton Park, nella FA Cup 1883/1884, il club locale venne squalificato per “provato professionismo”. Ma invece di nascondersi dietro la consueta foglia di fico dei “rimborsi”, quello che era a tutti gli effetti il manager del club, William Sudell, ammise candidamente che si, i suoi calciatori venivano pagati per la loro abilità.

E che non solo questo avveniva ormai in quasi ogni club al di fuori di Londra, ma che era pure giusto, persino doveroso.

Il Preston North End fu il club che guidò il movimento calcistico capace di mettere i nobili londinesi che da sempre guidavano il football con le spalle al muro. Svelò quello che tutti sapevano ma che nessuno diceva, diede coraggio agli altri club che da tempo desideravano una svolta.

La rivoluzione è completa

E dopo i primi tentativi operati dal Darwen, dopo le vittorie dello shamateurism praticato a Blackburn da Olympic e Rovers, i Lilywhites di Sudell diedero la decisiva spallata a un sistema che ormai da tempo scricchiolava, retaggio di una società che ormai stava cambiando, correndo verso la modernità.

“Il professionismo migliorerà il football, perché uomini che dedicano la propria completa attenzione al gioco hanno più possibilità di diventare buoni calciatori, rispetto a dilettanti preoccupati dai propri affari personali. I club dilettantistici non saranno mai in grado di tenere il passo di quelli professionistici.” 

Per Sudell il calcio sarebbe migliorato, potendo i migliori talenti dedicarvisi completamente, e di certo migliorarono enormemente i suoi Lilywhites, che divennero ben presto la prima squadra dominante nella storia del gioco.

Ispirandosi al più concreto stile scozzese, come andava di moda ai tempi, la guida del Preston North End ingaggiò diversi campioni delle Highlands, compresi i famosi fratelli Ross.

James era un attaccante rapido e concreto, mentre il più anziano Nick era un difensore straordinario e, soprattutto, la mente tattica di una squadra che divenne in pratica inarrestabile.

La leggenda di Honest John

La stella più lucente di questa compagine straordinaria, capace di vincere tra il 1887 e il 1888 ben 42 partite di fila e protagonista di quella che ancora oggi è la più larga vittoria di sempre in FA Cup, 26-0 contro il malcapitato Hyde, fu proprio John Goodall.

Figlio di un caporale dell’esercito scozzese, Johnny nacque a Westminster, nei pressi di Londra, e qui visse i primi due anni di vita per poi seguire il padre Richard nei suoi frequenti trasferimenti: prima in Irlanda – dove nacque il fratello minore Archie – quindi in Scozia, stabilendosi a Kilmarnock.

È nelle strade che circondano il Rugby Ground, che il più antico club calcistico professionistico del Paese divide con giocatori di rugby e cricket, che Archie e John Goodall imparano prima a trattare il pallone e poi a farlo nella maniera degli scozzesi, e cioè con rapidi ed essenziali tocchi e con una marcata preferenza al gioco di squadra in luogo degli individualismi ancora tipici degli inglesi.

Maestro del Passing Game

Si tratta del passing game, che sta segnando la differenza tra Inghilterra e Scozia a favore di questi ultimi, puntuali trionfatori nelle sfide tra i due Paesi. Uno stile efficace e spettacolare, che però a Londra e dintorni faticano ad accettare in quanto considerato codardo, speculativo, lontano dagli antichi valori battaglieri che i padri fondatori del football avevano immaginato.

Uno stile che si imporrà in Inghilterra soltanto con l’avvento del professionismo e l’ingaggio continuo di scotch professors, calciatori delle Highlands ben retribuiti, ingaggiati per insegnare il “modo giusto di giocare”.

Tra questi anche i fratelli Goodall, che ancora giovanissimi lasciano così Kilmarnock: Archie si disimpegna in alcuni club del Merseyside, Johnny invece mostra subito meraviglie nel Great Lever di Bolton, segnando, poco dopo il suo arrivo in città, ben quattro gol nella sfida vinta 6-0 contro il Derby County.

Il Preston North End degli Invincibles

I Rams si ricorderanno, anni dopo, di questo ragazzo così pieno di talento. Ma il primo ad accorgersene è William Sudell, che dopo aver fatto passare il professionismo intende trasformare il Preston North End nel più grande club mai visto al mondo.

Il grande Nick Ross, centravanti straordinario in gioventù, viene spostato in difesa, da dove potrà meglio gestire il gioco dando indicazioni ai compagni e dove si guadagnerà il soprannome di The Demon Back. Il più giovane e minuto fratello, The Little Demon James, si posiziona come inside forward, potendo contare su una grande precisione al tiro e notevole rapidità.

La ciliegina sulla torta, la vera e propria chiave di volta di un gioco offensivo che mai prima si era visto al mondo per efficacia e spettacolarità, è però il centravanti John Goodall: tanto abile nel fraseggio quanto letale in fase conclusiva, Johnny All Good trasuda classe e carisma, conquistando con la sua eleganza dentro e fuori dal campo persino la stima degli amateurs del Corinthian, notoriamente avversi ai mercenari così ben rappresentati dai bianchi gigli del Lancashire.

Sudell non soltanto mette Goodall al centro del progetto, ma ingaggia anche il fratello Archie, jolly di centrocampo dotato di minor classe ma di grande resistenza e incrollabile volontà. Il Preston North End pratica un gioco splendido, come mai si è visto prima, con numerosi passaggi in fase offensiva che fanno crollare qualsiasi difesa e gestendo sempre il pallone, come una squadra moderna.

Il primo club moderno

L’azione parte da dietro, dai piedi educati di Nick Ross, quindi si sviluppa a centrocampo grazie al metronomo scozzese Sandy Robertson, ex-imbianchino tanto concreto quanto abile nel recapitare il pallone agli attaccanti. Quando raggiunge il quintetto offensivo, il pallone viene gestito in maniera esemplare: chiunque può colpire, chiunque può effettuare il passaggio decisivo.

E in questa fase la completezza di Johnny All Good è incredibile. Segna, fa segnare, è imprendibile e imprevedibile, capace di colpire dalla distanza, di affondare in dribbling, di farsi largo a spallate grazie al fisico forgiato da anni di acciaieria in gioventù, una vita che ha saputo lasciarsi alle spalle grazie al proprio, straordinario, talento.

Dopo una serie incredibile di vittorie, Goodall e compagni cadono clamorosamente nella finale della FA Cup 1888. Sono sorpresi dal West Bromwich Albion, sottovalutato al punto che i campioni che rappresentano Preston hanno finito per attardarsi a guardare l’annuale Regata Oxford-Cambridge che si è svolta in mattinata: senza alcun tipo di riscaldamento, a stomaco vuoto, i Lilywhites cadono sotto i colpi portati da Bayliss e Woodhall.

Primo Re della Football League

Ma la stagione successiva, memori della batosta subita a sorpresa, ecco che nascono gli Invincibles, “gli Invincibili”. Il Preston North End domina la prima storica edizione della Football League, vincendo 18 partite su 22 e pareggiando le altre 4. Segnano la bellezza di 74 reti, una media di quasi 5 a partita.

John Goodall, che ha visto partire a inizio stagione il fratello Archie – non trovando spazio si è trasferito all’Aston Villa – conquista il titolo di capocannoniere con 21 gol, superando il compagno di reparto Jimmy Ross – fermo a 20 – e distinguendosi anche per l’esorbitante numero di assist sfornati.

Naturale che – in seguito anche alla contemporanea vittoria in FA Cup, primo Double della storia – per lui si schiudano le porte della Nazionale. Il 17 marzo del 1888 l’Inghilterra sfida la Scozia, che non batte da ben nove anni: Goodall ha fatto il suo esordio il mese precedente, nel trionfo con il Galles, ma contro i cugini delle Highlands sarà tutt’altra cosa.

E invece no. Ispirati dal nuovo centravanti, gli inglesi affondano colpi su colpi senza pietà, vincendo 5-0. È l’inizio della fine del dominio scozzese, ed è curioso che a segnarlo sia proprio un campione che in Inghilterra ha soltanto visto la luce, tanto che il suo accento è inconfondibilmente scottish.

Un trasferimento clamoroso

Conclusa una stagione da trionfatore, stella assoluta degli Invincibles, John Goodall è il protagonista di quello che ancora oggi potremmo definire il primo, vero, colpo di calciomercato della storia. In pochi si spiegano infatti perché, dopo 50 gol in 56 partite, abbandoni i campioni d’Inghilterra per accasarsi al Derby County, giunto nei bassifondi della classifica.

La spiegazione è una sola: i soldi. Oltre a una cifra mai chiarita versata a Sudell, i Rams coprono d’oro anche il giocatore, ricongiungendolo con l’amato fratello e donando loro, inoltre, la gestione del pub The Plough, sito in London Road.

John Goodall non tornerà mai più ai vertici del football inglese. Il progetto del Derby County si rivela poca cosa, ma le soddisfazioni non mancheranno comunque: due semifinali e una finale di FA Cup sono buoni risultati, ma la soddisfazione maggiore è, per Honest John, scoprire e crescere un certo Steve Bloomer, ossia il miglior centravanti inglese del periodo vittoriano ed edoardiano.

Bloomer stesso, suo degno erede, non smetterà mai di riconoscere l’importanza di Goodall nella sua crescita come uomo e come calciatore, asserendo che mai nessuno ha saputo, né mai nessuno saprà, qualcosa sul calcio più di Johnny All Good.

Per lui il Derby County, prima della sua partenza dovuta a raggiunti limiti di età, organizza una gara-tributo contro The Gentlemen of England, una sfida a cui assistono ben 5.000 spettatori e che gli frutta quasi 300 sterline, lo stipendio di due anni di un operaio specializzato.

Si gioca in un giorno dove la pioggia cade fittissima, ma nessuno in città si sogna di mancare a quella che è, tutti gli effetti, la festa di un campione straordinario. Un omaggio doveroso da parte di una tifoseria che, evidentemente, ha saputo vedere la grandezza di Goodall oltre agli zero titoli conquistati con i Rams.

Stella fino a cinquant’anni

Dopo aver preso parte al fallimentare progetto del New Brighton Tower, e dopo aver disputato alcune buone stagioni – in età ormai avanzata – nella seconda divisione con il Glossop North End, John Goodall diventa il primo player-manager della storia dello Watford, traghettandolo con successo in prima divisione.

Lasciati gli Hornets lo ritroviamo in Francia, ancora in campo alla soglia dei cinquant’anni. Lo affliggono problemi economici, ha sperperato molto, inoltre in qualche modo non riesce a smettere, ad arrendersi al tempo che passa. L’ultima gara la gioca addirittura nel 1913, un quarto di secolo dopo i primi trionfi con il Preston North End.

Torna a Watford, dedicandosi con successo a cricket, golf e bocce e fallendo invece in vari lavori: prova ad addestrare volpi domestiche, animali che ha sempre amato e che spesso lasciava scorrazzare sul campo durante gli intervalli delle gare in cui era protagonista, quindi gestisce un negozio di uccelli e un orto.

Un mito senza tempo

Quando scompare, alla soglia dei sessant’anni, John Goodall lo fa nel silenzio, in solitudine e relativa povertà, finendo per essere seppellito in una tomba senza nome. Il football ha già creato numerosi nuovi eroi, il mondo si prepara alla seconda guerra mondiale, e una fitta polvere si deposita sul suo ricordo e sulla sua storia.

Eppure Honest John merita un posto nel mito della storia del calcio. Primo capocannoniere della Football League, stella del Preston North End invincibile e dell’Inghilterra; manager di successo e pioniere in Europa, fu ammirato da compagni, critici ed avversari per la sua classe infinita e per la sua estrema correttezza.

Un esempio per le generazioni a venire e, forse, il primo vero campione assoluto nella storia del football.


Tempi supplementari

Raggiunto dagli altri club calcistici, il Preston North End scivolerà nell’anonimato, rialzando la testa solo grazie a Sir Tom Finney e finendo nelle divisioni inferiori dove ancora oggi gioca.

Il mito degli Invincibles si sgretola rapidamente in seguito a due drammatici eventi. Prima scompare Nick Ross, il capitano, colpito da tubercolosi, quindi arriva l’arresto di William Sudell. Accusato di frode per aver distratto alcuni fondi dalle aziende per cui lavora – reinvestendoli nel club – finisce in prigione per due anni. Quando ne esce abbandona il football, che tanto ha cambiato, e si trasferisce in Sud Africa, diventando cronista di rugby.

Archie Goodall, dopo essersi riunito al fratello nel Derby County, sarà chiamato in tarda età a rappresentare l’Irlanda, rendendo i Goodall i primi fratelli ad aver giocato per due diverse rappresentative nazionali. Appesi gli scarpini al chiodo sarà uno strongman in vari spettacoli circensi tra Europa e Stati Uniti.


SITOGRAFIA:

  • Potts Harmer, Alfie (21/04/2016) John Goodall: the Invincible’s Talisman, A Halftime Report

BIBLIOGRAFIA:

  • Gibbons, Philip (2002) Association Football in Victorian England – A History of the Game from 1863 to 1900, Upfront – ACQUISTA
  • Brown, Paul (2013) The Victorian Football Miscellany, SuperElastic – ACQUISTA

 

PIONIERI DEL FOOTBALL – STORIE DI CALCIO VITTORIANO (1863-1889)

Nato come passatempo per i ricchi studenti delle migliori scuole private di Londra e dintorni, il calcio cresce e si espande assistendo alle imprese dei primi grandi eroi del rettangolo verde.

Sono i “pionieri del football”, nomi oggi in gran parte dimenticati ma che hanno contribuito in modo fondamentale alla nascita e alla diffusione di quella che è oggi la religione laica più praticata al mondo.

Dai primi calci a un pallone, dati quasi per caso, il football arriva al suo primo campionato professionistico attraverso numerose vicende: i primi regolamenti, le prime sfide internazionali, la FA Cup giocata da club ormai scomparsi, così esotici e ricchi di storia e vicende personali.

“Pionieri del football – Storie di calcio vittoriano” vi racconta tutto questo e molto di più, 283 pagine in cui troverete narrati, per la prima volta in Italia, i primissimi anni del calcio inglese. Aneddoti, rivoluzioni, epiche sfide in un’epoca così diversa eppure così simile, per molti versi, alla nostra.

Scoprite chi furono Lord Arthur Kinnaird, il primo dominatore del cuoio capace di giocare ben nove finali di FA Cup; gli Wanderers, la più grande squadra del football quando questo aveva appena cominciato a chiamarsi così; Jack Hunter e il Blackburn Olympic, il club che rivoluzionò regole che sembravano immutabili.

E poi ancora Archie Hunter e l’Aston Villa, il Preston North End degli “Invincibili”, la Scozia e i suoi “professori”, le lotte di classe e di potere che seguirono, parallelamente, quelle che si svolsero nell’Inghilterra in piena Rivoluzione Industriale.

Perché per quanto diversi dagli eroi moderni, questi pionieri furono veri eroi, e meritano di essere conosciuti da ogni vero appassionato di calcio. Perché è grazie a loro, in fin dei conti, che oggi possiamo goderci questo meraviglioso sport.

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