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Rafael Moreno Aranzadi, “Pichichi”

Il “Trofeo Pichichi” è un trofeo che il quotidiano sportivo spagnolo Marca assegna ogni anno al miglior marcatore della prime due divisioni del campionato spagnolo; e si chiama così in omaggio al primo grande goleador del calcio iberico: Rafael Moreno Aranzadi, soprannominato appunto Pichichi per via delle sue dimensioni ridotte.

Aranzadi era infatti alto appena 154 centimetri, ma questo non gli impedì di essere un gigante delle aree di rigore, terrore di ogni difesa.

Figlio del sindaco di Bilbao e nipote del grande poeta e scrittore Miguel de Unamuno, come tutti i baschi fiero, coraggioso e legatissimo alla sua terra, Pichichi giocò tutta la vita nell’Athlètic Club, la squadra della città e che ha sempre schierato nella sua storia soltanto giocatori dal sangue basco.

Il calcio non era arrivato che da pochi anni, in Spagna, conquistando soprattutto quei Paesi Baschi che erano oggetto di frequenti visite da parte degli inglesi: il giovane Rafael si innamorò subito di quel nuovo gioco, che divenne presto la sua ossessione al punto che la famiglia, che avrebbe preferito per lui una vita da accademico, non poté fare altro che rassegnarsi.

Pichichi, folletto inarrestabile

Con i suoi gol e il suo grande carisma guida il club alla conquista di quattro Coppe del Re, allora l’unico trofeo in Spagna vista la mancanza di una lega professionistica e di conseguenza di un campionato ufficiale. Il suo esordio avvenne proprio in questa competizione, nella semifinale del 1913 vinta 3-0 sul Real Madrid anche grazie a un suo goal. In un tempo in cui la fisicità la faceva da padrona, questo folletto inarrestabile fuggiva alle marcature grazie a una grande velocità, un dribbling portentoso e un tiro mortifero.

Le cifre parlano di oltre 200 reti in poco più di 150 gare giocate nell’arco di dieci anni, periodo nel quale Aranzadi si distingue anche per essere la punta di diamante della Spagna, che al suo esordio assoluto come Nazionale di calcio conquista la medaglia d’argento alle Olimpiadi del 1920 in Belgio.

Busto dedicato a Pichichi

L’anno successivo si ritira ad appena 29 anni: il rapporto con i tifosi, di cui un tempo era un idolo, si sono deteriorati. Viene accusato di giocare solo per se stesso, è oggetto di forti speculazioni e una parte del pubblico arriva addirittura a contestarlo ogni volta che tocca il pallone. Lo considerano ormai appagato, svogliato, quando in realtà si tratta semplicemente dì un fisiologico calo di prestazioni, in un’epoca in cui la mancanza di preparazione mirata può portare a rapidi declini.

Vorrebbe restare nel calcio come allenatore o arbitro, e nella seconda veste riesce a condurre anche un paio di gare, la prima delle quali addirittura nell’amato San Mamès, che ha fatto da sfondo alle sue vicende da calciatore e che ha inaugurato da par suo con un gol.

Purtroppo, pochi mesi dopo il ritiro, muore per un improvviso e violento attacco di tifo, conseguenza forse dell’ingerimento di frutti di mare avariati. Bilbao cade nello sconforto, i tifosi che lo avevano contestato si pentono immediatamente, rendendosi conto con amarezza di quanto ingenerosi siano stati verso il primo grande eroe del calcio basco e spagnolo.

Il suo singolare soprannome (“Paperino” in italiano) resterà in Spagna sinonimo di gol e motivo di orgoglio per il calcio iberico e basco.

Dentro lo stadio dell’Athletic un busto lo ricorda ed è tradizionalmente oggetto di un omaggio floreale da parte delle squadre che, per la prima volta, varcano la porta della monumentale cattedrale chiamata “San Mamés”.*


*Ringrazio per la citazione sul busto dedicato a “Pichichi” l’amico Edoardo Molinelli, che scrive di Athletic (e non solo) su www.minuto78.it

SITOGRAFIA:

  • Parry, Dan (27/09/2017) The story of Pichichi, the Athletic Club great who lives on forever, These Football Times
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