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Si chiamava Giuliano. Giuliano Fiorini (di Diego Costa)

Il cinno si presento’ alla Virtus con la borsa della Fratelli Rosselli e quella sua faccia strana, un po’ da vecchio, nonostante l’età. Il primo che conobbe, aspettando di cambiarsi, fu Piero Maini. Strani a volte i casi della vita. Giuliano, subito geniale, fu amato/odiato in rossoblu.

Piero era un attaccante nato ma fu battezzato ala tornante, dovette aspettare il momento del distacco definitivo col club professionistico per esprimersi come punta pura, a suon di gol, dal San Lazzaro al Sassuolo (dove ancora lo ricordano) passando per Castel San Pietro. Fiore a 17 anni era il monello irriverente che dribblava Bulgarelli in allenamento il giovedì. E proprio il Bulgaro, passata l’iniziale e superficiale irritazione, lo volle presto in prima squadra.

Debutto in A, derby dell’Appennino, il ragazzino guizza sul fondo e serve a Beppegol Savoldi il pallone della vittoria. Cosi nacque una stella? Bologna e’ città strana e il ragazzo aveva quella faccia un po’ cosi’: lo vedevano nei locali anche quando non c’era benché una certa insofferenza al ritiro, Fiore, ce l’aveva.

Insomma, dopo aver portato il Bologna a un passo dallo scudetto Primavera (vinse la Roma di Orsi e Ugolotti) fu spedito a farsi le ossa. E a Piacenza ricordano ancora i suoi gol, come a Brescia dove giocava con due signori che si chiamavano Beccalossi e Altobelli. E anche in Nazionale Under 21 faceva vedere la sua pasta. Tanto, ma non abbastanza per scaldare gli animi della curva Andrea Costa, anche perché in rossoblu lo accompagnava una certa dose di… Sfiga!

E allora San Benedetto, dove era un semidio, col presidente che un’ora e mezzo prima della partita se lo portava a sorseggiare una coppa di champagne. E lui, le bollicine, le restituiva con gli interessi in campo. Ma Bologna era la sfida da vincere. Bologna, la prima volta in B, e lui il solo calciatore, affranto, ad andare ospite alla TV privata per rispondere ai tifosi. Il solo squarcio di sole, con Radice allenatore, e lui a far coppia con Garritano con un altro grande incompreso, Eneas de Camargo.

Che lo muovesse la passione per il suo sport – in questo calcio mercenario – lo dimostra un aneddoto. Alla fine della stagione brillante del Bologna di Radice (con Fiore c’erano Zinetti, Vullo, Sali, Fabbri, Benedetti, Bachlechner, Paris, Pileggi, Colomba, Garritano, Eneas e il giovane Dossena) lasciando Casteldebole, con ironico sorriso Fiore ci disse del suo ultimo colloquio stagionale col presidente Fabbretti.

“Pres mi da almeno i soldi per andare in vacanza?” raccontò di avere chiesto. E alla risposta evasiva del presidente, la battuta: “…mica vorrà che porti la mia famiglia in campeggio sul Reno!” Il tutto con tono scanzonato… Ben diverso dai diciannovenni di talento di oggi, che rifiutano di andare in ritiro…

Potrei regalarvi moltissime altre istantanee del Fiore, eroe di un’ingrata patria. Eroe in casa Lazio, eroe con il Grifone sulla maglia, eroe là dove la commedia del calcio si mescola più che a Bologna con la partecipazione popolare. Per ultimo anche a Venezia, in missione per vincere un campionato con Ferruccio Mazzola allenatore, segnava e stupiva nonostante la pancetta incipiente e l’immancabile sigaretta appiccicata al bordo della bocca.

Se n’e’ andato troppo in fretta, Giuliano Fiorini. Undici anni fa. Lasciando una famiglia che amava e una moltitudine di amici che ne hanno capito fino in fondo quella faccia dalle giovani rughe. Lo ricordiamo ogni anno, in tanti, in un Memorial molto partecipato. Vengono da tutta Italia. Ma ricordarlo e averlo conosciuto, davvero, non e’ la stessa cosa.


Giuliano Fiorini (Modena, 21 gennaio 1958 – Bologna, 5 agosto 2005) è stato un calciatore italiano tanto incompreso da alcuni quanto amato da altri, molti. Cresciuto nel Bologna, dove mostra classe a intermittenza, esplode nel Piacenza in Serie C conquistando il titolo di capocannoniere nella stagione 1979/1980, guadagnandosi un ritorno a casa che non sarà però fortunatissimo. Meglio a Genoa, meglio ancora alla Lazio dove gioca due stagioni e dove saluta dopo aver realizzato la rete che manda agli spareggi per restare in B una squadra partita con una penalizzazione di 9 punti. Chiude vestendo le maglie di Venezia, Siena e Ternana prima di dedicarsi alla carriera dirigenziale. Scompare ad appena 47 anni per un tumore ai polmoni.

Diego Costa, giornalista bolognese, ha collaborato con numerose testate giornalistiche ed è oggi direttore di QUIBOLOGNA.TV

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