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“Il sogno cinese” (Nicholas Gineprini)

Il calcio cinese è il calcio del futuro? I recenti pazzeschi investimenti che il mondo del pallone ha visto compiere da parte del “Celeste Impero” non sono una risposta, ma sicuramente hanno avuto il merito di catturare l’interesse di un mondo che soltanto fino a pochi anni fa ignorava una nazione con oltre un miliardo di abitanti domandandosi, al limite, come fosse possibile che con una popolazione così vasta nessuno riusce a trovare undici validi interpreti dell’arte del pallone.

Adesso gli acquisti di giocatori come Paulinho, Alex Teixeira e Jackson Martinez e Ezequiel Lavezzi hanno reso indubbiamente le compagini cinesi più forti a livello di club e alzato la spettacolarità del campionato, con il conseguente inserimento della Cina tra le possibili destinazioni di campioni di ogni età in sede di calciomercato – arrivando a clamorose boutade come quella che riguarda Zlatan Ibrahimović – ma la domanda di fondo ha soltanto cambiato forma, restando nei fatti la stessa: l’acquisto a peso d’oro di campioni prezzolati aiuterà la crescita di un movimento che per oltre un secolo è rimasto inferiore per qualità a quello di paesi rivali come Giappone e Corea del Sud?

Il sogno cinese

La risposta prova a darla Nicholas Gineprini con il suo “Il sogno cinese: storia ed economia del calcio in Cina”, uscito recentemente per Urbone Publishing. L’autore è giovanissimo ma già molto esperto per quel che riguarda la finanza applicata al pallone, ed è pertanto naturale che abbia trovato molto interessanti le evoluzioni calcistiche avvenute in Cina negli ultimi anni, con lo spartiacque che è probabilmente rappresentato dall’ingaggio nel 2011 di Darío Conca, talentuoso trequartista argentino che a 28 anni firmò per il Guangzhou Evergrande.

Questo club è stato, come si evince dalle oltre 150 pagine che formano un volume più unico che raro, il leader di una rivoluzione che ha interessato le grandi società di investimento, i fondi monetari e ovviamente persino il governo cinese, venendo alla ribalta internazionale nel giro di pochi anni grazie all’ingaggio di una folta colonia italiana prima (l’allenatore Marcello Lippi, le punte Diamanti e Gilardino) e brasiliana poi e trovando presto imitazione in altre importanti compagini decise a non lasciare alle “tigri della Cina meridionale” l’intera ribalta calcistica nazionale.

La storia

Ma prima? Cosa succedeva prima? Con un interessantissimo lavoro di ricerca Nicholas ricostruisce la storia del calcio in Cina sin dagli albori, da quando cioè il cuju (o tsu-chu), una forma preistorica del calcio, veniva praticato dal popolo diversi secoli prima di Cristo, dai tempi cioè della Dinastia Han.

La grande rivoluzione culturale voluta da Mao a metà degli anni ’60 isolò il paese dal resto del mondo, frenando la crescita di diversi settori compreso quello del calcio, con la Cina che mai è riuscita ad essere dominante non solo a livello mondiale, ma anche a livello continentale. Non solo “colpa della rivoluzione”, però: Gineprini affronta anche una questione culturale di base, le diverse crisi economiche, i momenti in cui il football avrebbe potuto svoltare senza però essere mai riuscito a farlo, raccontando inoltre dei primi eroi.

Il più grande di essi fu Lee Wang Tong, genio del pallone negli anni ’20 al punto da essere inserito dalla FIFA, a fine anni ’70, tra i giocatori più forti della storia insieme a mostri sacri come Pelé, Di Stefano e Stanley Matthews ma che fu capace soltanto di abbozzare – da giocatore prima e da tecnico poi – una crescita poi nei fatti mai avvenuta.

Dalla Cina con pallone

Che sia la volta buona? L’autore riflette su questo, e dopo aver giustamente dedicato spazio alla storia del calcio nel “Celeste Impero” analizza i flussi monetari e gli interessi economici che hanno portato alla nuova “età dell’oro” della Chinese Super League, la massima serie calcistica nazionale: proprietari e proprietà, investimenti, ambizioni di ogni squadra di spicco del movimento vengono analizzati, svelando che dietro ogni club ci sono sforzi economici importanti.

Che non riguardano solamente l’acquisto di parecchi giocatori di spicco – molti dei quali neanche a fine carriera – ma anche operazioni mirate su giovani e infrastrutture che dovrebbero portare, nel giro di qualche anno, ad una Cina più competitiva, obbiettivo primario di un popolo che mantiene comunque in ogni cosa un grande orgoglio nazionale.

Certamente, se il buongiorno si vede dal mattino, i primi passi sono stati tutt’altro che incoraggianti, con la selezione nazionale che non è migliorata poi molto da quella che nel 2002, ai Mondiali giocati in Giappone e Corea del Sud, uscì mestamente ai gironi senza aver fatto vedere niente di buono. La strada è lunga, irta di ostacoli, e molto dipenderà anche dalla risposta del popolo in un movimento che spende molto più di quello che guadagna e che ha ancora clamorosi limiti di marketing e di visibilità.

Un libro unico

“Il sogno cinese” non è per tutti, è bene dirlo subito. Nelle sue pagine si mescolano storia ed economia, e questi fattori – oltre al fatto di essere un’opera dedicata ad un movimento che è interessante ma non per tutti – vanno tenuti in considerazione al momento dell’acquisto.

Ma quello che può sembrare un limite è anche il punto di forza di un libro che descrive perfettamente, minuziosamente e completamente la storia di un popolo e del suo controverso rapporto con il calcio. Chi lo acquista troverà informazioni su storia, cultura ed economia difficilmente recuperabili e che qui invece sono raccolte tutte insieme, riuscendo perfettamente a raccontare al lettore cos’è il calcio in Cina e lasciandolo al termine con la consapevolezza che forse stavolta ci siamo, forse stavolta è davvero concreta la possibilità che “il sogno cinese” diventi realtà.

P.S.: potete seguire Nicholas Gineprini anche sul suo interessantissimo “Blog Calcio Cina” e ascoltare la presentazione che ha fatto per noi in radio a “Tre Uomini e un Pallone” nella puntata del 17 febbraio 2016.


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