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Tag: anni 2000

Dall’urlo del Maracanà alla morte per strada: la tragica parabola di Valdiram

La morte del 36enne Valdiram Caetano de Morais, che viveva ormai da tempo per strada e il cui cadavere fu ritrovato all’alba del 20 aprile 2019 con i segni di un pestaggio durato ore, per la polizia di Rio de Janeiro avrebbe potuto essere una delle tante che purtroppo accadono ogni anno nei quartieri più pericolosi della metropoli brasiliana. E in effetti era così. Ma con un particolare: quel nome, molti anni prima, era stato sulla bocca di tutti gli appassionati di futebol.

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Jean Chera, il sogno infranto del “nuovo Pelé”

Immaginate cosa significhi avere il mondo del calcio ai vostri piedi a soli 15 anni. Di essere nel mirino dei migliori club del pianeta fin da bambini, momento in cui avete iniziato un percorso che per molti, sicuramente, vi porterà a ripetere le gesta dei più grandi campioni di tutti i tempi. E poi, in un attimo, di perdere tutto: il talento che vi rendeva speciali, l’amore per uno sport che vi ha quasi immediatamente dimenticati. È questo quello che è successo a Jean Chera, nome oggi quasi completamente dimenticato ma che un tempo non troppo lontano veniva definito addirittura “il nuovo Pelé”.

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Sadick Adams, polvere di stella

La storia del calcio, da sempre, viene scritta dai grandi campioni. Nomi diventati famosi in tutto il mondo, osannati da milioni di persone, capaci di imprese straordinarie. Talenti naturali, che quasi sembrano nati per esaltare le folle. Nella maggior parte dei casi, fin da giovanissimi, vengono definiti dei “predestinati”. Come se appunto fosse stato il fato, e nessun altro, a tracciare il loro percorso verso la grandezza.

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Mario Jardel, il bomber incompreso

Il calcio è pieno di storie in cui a un’ascesa che sembra inarrestabile segue una fragorosa, immediata, caduta: una delle più incredibili ha il volto di un bomber brasiliano che nel giro di un’estate passò da essere il miglior centravanti d’Europa a un clamoroso carneade. La carriera di Mario Jardel può essere divisa in due capitoli: un prima, che racconta l’esplosione in patria a suon di reti, le affermazioni con Vasco da Gama e Gremio – con cui vince una Coppa Libertadores da capocannoniere.

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Lutz Pfannestiel, il portiere che resuscitò tre volte

Il football nasce ufficialmente in Inghilterra nel dicembre del 1863, quando gli uomini illuminati che hanno da pochi mesi fondato la Football Association scrivono per la prima volta quelle che saranno le Laws of the Game, le regole del gioco. Nel giro di poche decine di anni il gioco diventa molto più che un semplice passatempo, coinvolge città, smuove le folle, attira denaro e soprattutto entra prepotentemente nella vita e nella cultura britannica come nessuno sport prima è stato capace di fare.

Sul campo il gioco compie diverse evoluzioni, ma una tradizione rimane salda: il Boxing Day, l’equivalente del nostro Santo Stefano, il giorno successivo a Natale, si gioca su tutti i campi, dai fangosi pantani delle divisioni inferiori alle modernissime pelouse della ricca Premier League.

E se è vero che il gioco, ad alti livelli, si è evoluto – pur con notevole ritardo rispetto al resto d’Europa – nei gradini più bassi della piramide calcistica nazionale in giù vige ancora il buon vecchio kick and rush. Calcia e corri, dove più che il buon tocco di palla o la raffinata visione tattica contano corsa, fiato, coraggio, le qualità che richiede – e di cui si accontenta – chi per Santo Stefano si trova a guardare una partita di settima, ottava, nona divisione.

Si gioca il 26 dicembre dal 1860, da quando cioè, ben prima che nascesse la Football Association, si disputò la prima partita ufficialmente registrata come tale, il derby tra Sheffield FC e Hallam, all’epoca le uniche due squadre esistenti al mondo, e si sa quanto gli inglesi siano legati alle tradizioni. Nel corso degli anni niente ha scalfito questa usanza, e numerosi sono stati gli episodi da ricordare, ma quello che riguardò il tedesco Lutz Pfannenstiel nel 2002 merita di essere raccontato.

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La prima volta dell’Isola di Pasqua

Miguel Ángel Gamboa, nella vita, ne aveva viste davvero tante. Attaccante di buon livello in uno dei periodi forse peggiori nella storia del calcio cileno – fu nella spedizione che partecipò ai Mondiali di Spagna del 1982 – in patria era arrivato a vestire le maglie di Colo Colo e Universidad de Chile ma era in Messico che si era ritagliato uno spazio importante, giocando con Tecos, Club América e Deportivo Neza.

Appesi gli scarpini al chiodo mai avrebbe pensato di allenare, né tanto meno di ritrovarsi a farlo dove sbarcò nell’estate del 2009, autentico pioniere in uno dei Paesi più singolari del mondo: l’Isola di Pasqua.

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Kaz Patafta, l’uomo oltre il calciatore

Nel 2006 sulla panchina della Nazionale australiana siede uno dei più grandi santoni del calcio moderno, l’olandese Guus Hiddink. L’obbiettivo, con il Mondiale tedesco alle porte, è quello di preparare una squadra che possa non solo ben figurare, ma che abbia anche prospettive nel futuro. Per questo alla rosa dei “socceroos” vengono aggiunti cinque giovani, considerati i migliori del Paese: non andranno al Mondiale, ma allenandosi con i “grandi” faranno un’esperienza che sarà utile nel proseguio delle loro carriere e magari aiuterà anche il calcio australiano ad emergere.

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Freddy Adu, “from Hero to Zero”

U.S.A., 4 ottobre 2005

In America esce il nuovo capitolo del videogioco di calcio più famoso del mondo, “FIFA ’06”. In copertina, per il mercato yankee, troneggia Ronaldinho, idolo del Barcelona e che sarà a fine anno Pallone d’Oro. Al suo fianco due giovani talenti continentali: il messicano Omar Bravo e il ghanese, ma ormai a tutti gli effetti americano, Freddy Adu.

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Javi Poves, il rivoluzionario rinnegato

Quante volte, quando ci si ritrova a criticare quelle che riteniamo essere le ingiustizie del mondo e ad individuarne i colpevoli, ci sentiamo rispondere che si, però “fossi al loro posto agiresti allo stesso modo”? Del resto la famosa parabola della volpe e dell’uva è sempre stata attuale: in tanti si trovano a moralizzare su quanto guadagnino calciatori, politici o cantanti, ma ben pochi al loro posto rinuncerebbero a tutto questo, alla fama, al potere.

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Un goal per sempre: la storia di Marc Burrows

Aprile del 2004, Westwood Park di Cowes. Siamo sull’Isola di Wight, un luogo per molti simbolo di poesia e magia, e in effetti anche se nessuno può immaginarlo sta davvero per accadere qualcosa di magico.

Si gioca una partita del Campionato Riserve della Wessex League, nono livello del sistema calcistico inglese, e si affrontano le seconde squadre del Cowes Sports e dell’Eastleigh. Battuto il calcio d’inizio i padroni di casa si portano,  incredibilmente e inaspettatamente, in vantaggio dopo un battito di ciglia: l’attaccante degli “Yachtsmen” – dal simbolo del club, fondato nel lontano 1881 – Marc Burrows riceve infatti il passaggio da un compagno, si porta avanti il pallone con un tocco di destro e sempre con lo stesso piede fulmina il portiere avversario da distanza siderale con un bel tiro a effetto.

Sono passati appena 2,5 secondi, e il buon Marc non può immaginare di essere entrato nella storia del football.

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Dong Fangzhuo, dalle stelle alle stalle

Forse non tutti sanno che anche in Cina si gioca a calcio, e da quasi mille anni. È infatti attorno addirittura al 1500 A.C. che si attribuisce l’invenzione, nel Celeste Impero, del Cuju (o Tsu’ Chu), sport che mirava a infilare un pallone di cuoio ripieno di piume e capelli femminili dentro un sostegno mediante l’uso esclusivo dei piedi.

Il fatto che poi il Paese, dai tempi della Rivoluzione di Mao, sia rimasto abbastanza chiuso al resto del mondo non ha certo favorito lo sviluppo del calcio moderno, solo recentemente venuto alla ribalta grazie al Guangzhou che ha avuto tra i suoi protagonisti Lippi, Diamanti e Gilardino.

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Mateja Kežman, il fu bomber

Quando si è ritrovato a calciare il rigore valido per il terzo posto nella Asian Challenge Cup, Mateja Kežman deve essersi chiesto come potesse essere finito così in basso.

Si parla infatti di una coppa di poca importanza e di un terzo posto che il “suo” South China, compagine di Hong Kong, stava giocandosi con il Guangzhou R&F, “cugina minore” della ricca squadra allenata in passato anche da Marcello Lippi e Fabio Cannavaro.

Quando il tiro è finito fuori, ecco che il centravanti serbo deve aver capito che basta, era finita. E infatti pochi giorni dopo ha annunciato il suo ritiro. Una fine ingloriosa per un attaccante che nei primi anni del 2000 aveva fatto parlare di se in tutta Europa per la sua media-gol impressionante.

Dopo essere esploso nel Partizan Belgrado, infatti, Kezman era stato acquistato dagli olandesi del PSV Eindhoven, che prima di lui avevano lanciato nel calcio che conta gente come Romàrio e Ronaldo.

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