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Tag: europa

Calcio e Olocausto: Géza Kertész, “lo Schindler del calcio”

Se nel “Giorno della Memoria”, che viene celebrato ogni 27 gennaio in ricordo delle vittime della Shoah, si scorrono le pagine dei quotidiani sportivi e dei siti di riferimento, sono diversi i nomi dei personaggi legati al calcio che finirono vittima della follia nazista e che chi è interessato alla storia può scorrere.

Ebrei come Árpád Weisz, l’allenatore del primo grande Bologna e scopritore all’Inter di Giuseppe Meazza, il talentuoso Leon Sperling, il primo idolo dell’Ajax Eddy Hamel, il portentoso pioniere del calcio americano József Braun ed il bomber tedesco Julius Hirsch, che per la Germania aveva addirittura combattuto durante il primo conflitto mondiale.

Allargando il discorso ecco che si possono raccontare le storie di chi, non ebreo, si oppose comunque al nazismo e ne finì vittima: Matthias Sindelar, Milutin Ivković, Carlo Castellani e Vittorio Staccione. Un nome che invece è stato a lungo dimenticato è quello di Géza Kertész, recentemente soprannominato “lo Schindler del Catania”.

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Javi Poves, il rivoluzionario rinnegato

Quante volte, quando ci si ritrova a criticare quelle che riteniamo essere le ingiustizie del mondo e ad individuarne i colpevoli, ci sentiamo rispondere che si, però “fossi al loro posto agiresti allo stesso modo”? Del resto la famosa parabola della volpe e dell’uva è sempre stata attuale: in tanti si trovano a moralizzare su quanto guadagnino calciatori, politici o cantanti, ma ben pochi al loro posto rinuncerebbero a tutto questo, alla fama, al potere.

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Lezioni di sogni: recensione del film sulla nascita del calcio in Germania

All’indomani della fine del conflitto franco-prussiano, la Germania vive sotto una forte spinta nazionalista. Questa è basata naturalmente sul disprezzo verso tutto ciò che non è tedesco e sulla retorica della guerra, del coraggio e del sacrificarsi in nome del Paese. Verso la fine del XX secolo a Braunchsweig, nella Bassa Sassonia, in un esclusivo collegio riservato ai figli della buona società locale arriva un giorno il professor Konrad Koch.

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Tregua di Natale 1914: il calcio nella “terra di nessuno”

Il segreto immortale del calcio e della sua enorme diffusione in tutto il pianeta è noto. Come spiegherei la felicità ad un bambino? Non gliela spiegherei, gli darei un pallone per farlo giocare”, ricordava il grande scrittore di fútbol Eduardo Galeano citando la teologa tedesca Dorothee Sölle.

Proprio così: nonostante le brutture che negli anni hanno pervaso questo sport, il calcio è sempre stato mezzo di unione tra culture e stili diversi, che nel campo si scontravano finendo però inevitabilmente per amalgamarsi. La famosa tregua di Natale del 1914 fu solo una delle tante dimostrazioni di questa verità, ma forse la più eclatante.

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Ferenc Plattkó, baluardo insuperabile del Barcelona

All’inizio degli anni ’20 il Barcellona è già una delle squadre più forti di Spagna: campione incontrastato del campionato della Catalogna, pur potendo contare su campioni affermati come Paulino Alcántara, Josep Samitier e Félix Sesúmaga è stato da poco privato del suo giovane ma già fortissimo portiere, Ricardo Zamora.

El Divino infatti ha cominciato a fare le bizze, chiedendo molti soldi e sbandierando un’offerta dell’Espanyol, squadra dov’è cresciuto e dove intende tornare. Nonostante un anno di squalifica ce la farà, e così i blaugrana devono trovarsi un nuovo guardiano dei pali: la scelta ricade alla fine sul possente ungherese Ferenc Plattkó.

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Paulino Alcántara, la prima stella del Barcelona

Quando lasciò questo mondo, il 13 febbraio del 1964 all’età di 67 anni, Barcelona lo pianse come un figlio e come un eroe nonostante la sua fosse stata una vita con moltissimi lati oscuri.

Abissi in cui era sprofondato una volta appesi gli scarpini al chiodo, quando quello che una volta era l’eroe del “Camp de Les Corts” – “casa” del Barcelona prima del Camp Nou – si era ritrovato ad essere un fedele servitore di Francisco Franco, il “Generalissimo” che dominò la Spagna dal 1939 fino al 1975, anno della sua morte.

Prima di arruolarsi al servizio di Franco, prima di partecipare attivamente alla Guerra Civile Spagnola insieme al battaglione fascista Flechas NegrasPaulino Alcántara era stato un calciatore, il migliore mai visto in un campo spagnolo.

Un attaccante straordinario che univa tecnica e potenza a una ferocia caratteriale senza pari, quella che gli permetteva di scontrarsi con difensori molto più grandi di lui senza alcuna paura e di calciare con violenza inaudita – e con immancabile, chirurgica, precisione – il pallone in fondo alla rete.

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Willem Hesselink, il cannone oranje

Il nome di Willem Hesselink è praticamente sconosciuto agli appassionati di calcio di oggi e anche a molti studiosi della materia, che spesso finiscono per ignorare il calcio olandese che, a cavallo tra il 1800 e il 1900, vide la nascita di un proprio movimento.

Eppure è sbagliato ignorare chi sia stato questo uomo straordinario, atleta eccellente che mise la sua classe, la sua passione e il suo spirito di iniziativa al servizio del football. Introdotto nei Paesi Bassi dal leggendario Pim Mulier, altro personaggio dalle mille sfaccettature, il gioco che per gli inglesi era già religione faticò a prendere campo in Olanda.

Fu qui che la figura di Willem Hesselink divenne straordinariamente importante: appassionatosi al gioco, seppe conquistare con la sua classe quegli spettatori, man mano sempre più numerosi, che si intrattenevano a vederne le gesta. Non è azzardato dire, dunque, che la trasformazione da football a voetbal avvenne grazie a questo mitico calciatore.

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Mateja Kežman, il fu bomber

Quando si è ritrovato a calciare il rigore valido per il terzo posto nella Asian Challenge Cup, Mateja Kežman deve essersi chiesto come potesse essere finito così in basso.

Si parla infatti di una coppa di poca importanza e di un terzo posto che il “suo” South China, compagine di Hong Kong, stava giocandosi con il Guangzhou R&F, “cugina minore” della ricca squadra allenata in passato anche da Marcello Lippi e Fabio Cannavaro.

Quando il tiro è finito fuori, ecco che il centravanti serbo deve aver capito che basta, era finita. E infatti pochi giorni dopo ha annunciato il suo ritiro. Una fine ingloriosa per un attaccante che nei primi anni del 2000 aveva fatto parlare di se in tutta Europa per la sua media-gol impressionante.

Dopo essere esploso nel Partizan Belgrado, infatti, Kezman era stato acquistato dagli olandesi del PSV Eindhoven, che prima di lui avevano lanciato nel calcio che conta gente come Romàrio e Ronaldo.

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Toni Turek, “Dio del calcio” e eroe della rinascita tedesca

13 luglio 2014, stadio “Maracanà” di Rio de Janeiro. La Germania sconfigge l’Argentina e si laurea campione del mondo.

È la vittoria di un movimento che già da anni domina nel calcio continentale, a sua volta espressione di un’economia fiorente leader nel mondo.

È la vittoria di un gruppo, nel quale però se si vuole trovare un protagonista lo si deve individuare nel portiere Manuel Neuer, assolutamente determinante durante tutto il torneo e che non a caso a fine anno arriverà a giocarsi la vittoria del Pallone d’Oro.

Si, ma quando è iniziato tutto questo?

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Konrad Koch, “Herr Fußball”, il padre del calcio tedesco

Che il calcio tedesco sia tra i migliori – se non il migliore – del mondo non lo dice soltanto il fatto che nell’estate del 2014, durante l’ultima edizione dei Mondiali, la Germania abbia alzato la coppa destinata ai vincitori. Lo dicono anche gli altri tre titoli Mondiali e i tre Campionati Europei conquistati in precedenza, oltre che le numerose finali raggiunte.

Dal 1954, l’anno del famoso “Miracolo di Berna”, i teutonici sono i veri maestri del calcio, come testimoniato dal famoso bomber inglese Gary Lineker, che una volta disse che “il calcio è un gioco che si gioca undici contro undici con un pallone, e poi vincono i tedeschi“. Eppure tutto questo forse non sarebbe stato possibile se un uomo illuminato, verso la fine del 1800, non avesse esportato il football in Germania, aiutandolo a sbocciare nonostante numerosi ostracismi fino a farlo diventare Fußball.

Il suo nome era Wilhelm Carl Johan Konrad Koch.

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Milutin Ivković, l’eroe serbo che diede un calcio al Nazismo

6 maggio del 1943. Quando scese in campo per l’ultima partita, per far contenti gli amici, non poteva sapere che la fine era dietro l’angolo: appena due settimane dopo quell’ultima gara, Milutin Ivković sarebbe morto fucilato dai nazisti che avevano invaso il suo Paese, lasciandosi alle spalle una vera e propria leggenda. Era stato tra quei calciatori che avevano partecipato alla prima edizione della Coppa del Mondo, il primo europeo mai nominato in una formazione ideale dei Mondiali. Era uno dei migliori difensori d’Europa dell’epoca. Ed era, prima di tutto, un vero patriota.

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1° luglio 1916: partita contro la morte sul fiume Somme

Nella sua breve vita Wilfred Nevill fu molte cose: fiore all’occhiello del college di Dover, era studente modello, capoclasse, capitano della squadra di cricket e giocatore titolare delle rappresentative di rugby, hockey, oltre ad essere una stella dell’atletica leggera dell’istituto.

Eppure, nonostante del calcio fosse soltanto un semplice tifoso, è proprio attraverso questo sport che il nome di questo giovane capitano dell’Esercito Britannico, morto in guerra a due settimane dal suo 22° compleanno, è entrato nella storia.

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