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Tag: tragedie

FA Cup 1875, una vittoria per Alfred Goodwyn

Una delle storie più struggenti che ci regala il football vittoriano è quella che ha come protagonista Alfred Goodwyn. Figlio di un maggiore dell’esercito britannico di stanza in India, è qui che nasce – il 13 marzo del 1850 a Roorhir, nell’odierno Bangladesh – e trascorre l’infanzia, prima di tornare in Inghilterra per iscriversi all’accademia di Chatham, il luogo dove vengono addestrati i futuri membri del prestigioso ordine militare dei Royal Engineers.

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Vita e imprese di Leigh Richmond Roose, portiere e gentiluomo

L’ultima persona che vide Leigh Richmond Roose in vita fu un suo compagno, Gordon Hoare. Era la seconda volta che i due si trovavano dalla stessa parte della barricata, e dopo aver calcato i campi di football con la maglia dell’Arsenal si erano ritrovati al fronte. Soldati, come tanti britannici, venuti in Francia per arrestare l’avanzata tedesca durante la prima guerra mondiale.

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Hughie Gallacher, leggenda e tragedia

Chi era mai quel piccolo uomo di mezza età che, da almeno un’ora, percorreva avanti e indietro la banchina della stazione ferroviaria di Gateshead? Erano ben pochi i presenti che se lo domandavano. Nonostante avesse appeso gli scarpini al chiodo da almeno vent’anni, tutti in città sapevano chi fosse Hughie Gallacher, l’ex grande centravanti del Newcastle e della Scozia.

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Robert Mensah, splendori e miserie del calcio africano

Kinshasa, 24 gennaio 1971, “Stadio 20 maggio”. Mancano ancora tre anni e mezzo alla sfida che vedrà protagonisti Muhammad Ali e George Foreman e che sarà ricordata come “The Rumble in the Jungle”, ma un altro episodio storico per lo sport africano va in scena nell’impianto, gremito in ogni ordine di posto per la finale di ritorno che assegna la sesta edizione della Coppa dei Campioni d’Africa.

A contendersi il trofeo nato nel 1964, come tre anni prima, i ghanesi dell’Asante Kotoko e i padroni di casa, i congolesi del TP Englebert. È in questo giorno che nasce la leggenda di uno dei più grandi portieri africani di tutti i tempi: Robert Mensah.

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La leggenda di Mokhtar Dahari, l’anima del calcio malesiano

È davvero difficile da credere, ma non molto tempo fa la storia del calcio ha scritto un capitolo importantissimo anche in Malesia. Al turista e appassionato che dovesse capitare dalle parti dello Stadium Merdeka (“Stadio dell’Indipendenza”), che ha ospitato la sua ultima partita internazionale addirittura nel 2001, potrebbe sembrare una leggenda locale e poco più.

Possibile che un impianto tanto piccolo, capace di contenere a stento 20.000 spettatori, un tempo ne ospitasse più del triplo e fosse noto per essere il più grande di tutto il sud-est asiatico? Possibile che un tempo, qui, i grandi campioni internazionali venissero a sfidare la Malesia senza la certezza di vincere giocando in pantofole?

È tutto vero. Un tempo, che oggi sembra lontanissimo ed è ovviamente sconosciuto ai giovani tifosi locali che seguono i campioni occidentali, le Harimau Malaysia (le “Tigri della Malesia”) erano l’orgoglio di un’intera nazione, che andava letteralmente in estasi ogni volta che vedeva scendere in campo i propri eroi.

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Jaguaré Bezerra de Vasconcelos, i racconti incredibili di “Araña Negra”

A Marsiglia, il portiere brasiliano Jaguaré Bezerra de Vasconcelos se lo ricordano molto bene. Uno dei primi idoli del club, personaggio eccentrico e abile tra i pali al punto da guadagnarsi il soprannome di “El Jaguar“, Vasconcelos in Francia ci era arrivato dopo una vita a dir poco avventurosa, che dal natio Brasile lo aveva portato in Europa alla ricerca di soldi e fama.

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Sándor Szűcs, il martire dimenticato della Grande Ungheria

Se il campionato ungherese è oggi considerato un torneo minore, scavando nella polvere dei ricordi gli appassionati magiari possono trovare numerose storie di un passato che fu straordinariamente glorioso, e che all’inizio degli anni ’50 rischiò di sconvolgere gli equilibri del calcio mondiale.

Erano gli anni del grande Puskás, di Hidegkuti, di Czibor e Kocsis. Era la squadra che aveva umiliato a Wembley i maestri inglesi e che in quasi quattro anni avrebbe perso solo una partita, purtroppo la più importante, quella che avrebbe potuto davvero cambiare la storia: la finale dei Mondiali del 1954.

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Cesarino Grossi, primo eroe di Bari

11 dicembre 1999: Eugenio Fascetti decide di far esordire il diciassettenne Antonio Cassano  durante un Bari-Lecce che i biancorossi perdono per 1 a 0. Un esordio come tanti? Mica tanto, il ragazzo ha talento e si farà – anche se non compiutamente – e infatti la settimana successiva umilia la difesa dell’Inter e il libero e campione del mondo francese Laurent Blanc segnando un goal strepitoso.

È nata una stella, ma non è certo la prima. La prima stella del Bari fu Cesare Grossi detto Ninì, straordinario talento che negli anni ’30 avrebbe infiammato il pubblico dello “Stadio della Vittoria” prima di andare incontro a una morte tanto prematura quanto misteriosa.

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Cuthbert Ottaway, il primo capitano dei maestri

Nato a Dover il 19 luglio 1850, figlio unico di un ricco chirurgo locale che aveva ricoperto in passato anche la carica di primo cittadino, Cuthbert Ottaway è stato il primo capitano dell’Inghilterra che il 30 novembre 1872, sfidando la Scozia, dava vita alla prima partita internazionale nella storia del calcio.

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Morte sul campo da gioco: l’ultima partita di Bob Benson

19 febbraio 1916: la Grande Guerra è scoppiata da pochi mesi ma è già in una fase estremamente cruenta. In Inghilterra il football è ormai diventato da tempo lo sport principale, ma ha dovuto piegarsi alla battaglia, spedendo i suoi migliori e giovani talenti al fronte.

Inizialmente si era tentato di risparmiare ai calciatori l’orrore e la morte che li attendevano, fatalmente, sul fronte occidentale. Meglio sarebbe stato che continuassero a fare quello che ormai era il loro lavoro, e cioè intrattenere le masse. Un tentativo di rassicurare la popolazione che non solo niente sarebbe cambiato, ma che anzi i proiettili avrebbero smesso di sibilare nel giro di pochi mesi.

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27 gennaio: il calcio e la memoria

“A qualcuno questa partita potrà forse apparire come una breve pausa di umanità in mezzo ad un orrore infinito. Ai miei occhi, invece, come a quelli dei testimoni di questi partita, questo momento di normalità è il vero orrore del campo.

Poiché possiamo, forse, pensare che i massacri siano finiti – anche se qua e là si ripetono, non troppo lontano da noi. Ma quella partita non è mai finita, è come se durasse ancora.

Ininterrottamente.”

(Giorgio Agamben in commento ad un episodio narrato da Primo Levi ne “I Sommersi e i Salvati”, in cui si fa menzione di una partita di calcio svoltasi all’interno di un capo di sterminio durante una pausa di lavoro, in cui si affrontarono i militanti delle SS e i membri delle unità speciali “Sonderkommando”, reclutati nelle file dei deportati)
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Calcio e Olocausto: Géza Kertész, “lo Schindler del calcio”

Se nel “Giorno della Memoria”, che viene celebrato ogni 27 gennaio in ricordo delle vittime della Shoah, si scorrono le pagine dei quotidiani sportivi e dei siti di riferimento, sono diversi i nomi dei personaggi legati al calcio che finirono vittima della follia nazista e che chi è interessato alla storia può scorrere.

Ebrei come Árpád Weisz, l’allenatore del primo grande Bologna e scopritore all’Inter di Giuseppe Meazza, il talentuoso Leon Sperling, il primo idolo dell’Ajax Eddy Hamel, il portentoso pioniere del calcio americano József Braun ed il bomber tedesco Julius Hirsch, che per la Germania aveva addirittura combattuto durante il primo conflitto mondiale.

Allargando il discorso ecco che si possono raccontare le storie di chi, non ebreo, si oppose comunque al nazismo e ne finì vittima: Matthias Sindelar, Milutin Ivković, Carlo Castellani e Vittorio Staccione. Un nome che invece è stato a lungo dimenticato è quello di Géza Kertész, recentemente soprannominato “lo Schindler del Catania”.

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