Premi "Invio" per passare al contenuto

Vita e imprese di Leigh Richmond Roose, portiere e gentiluomo

L’ultima persona che vide Leigh Richmond Roose in vita fu un suo compagno, Gordon Hoare. Era la seconda volta che i due si trovavano dalla stessa parte della barricata, e dopo aver calcato i campi di football con la maglia dell’Arsenal si erano ritrovati al fronte. Soldati, come tanti britannici, venuti in Francia per arrestare l’avanzata tedesca durante la prima guerra mondiale.

Sul fronte occidentale, nella Bataille de la Somme, caddero oltre un milione di uomini. Britannici, francesi, tedeschi, persone che fino a pochi anni prima avevano condotto magari vite straordinariamente ordinarie, e che per la follia di pochi si erano poi ritrovati nel fango, un fucile in mano, numeri in un gioco mortale.

Gordon Hoare avrebbe ricordato così gli ultimi istanti di vita di Leigh Roose, il più straordinario atleta della sua epoca e vera stella di un football che andava sempre più affermandosi come fenomeno mondiale: il fucile che sparava un colpo dopo l’altro, lo sguardo fiero, la corsa decisa verso le trincee nemiche, nessuna traccia di paura.

Poi, fragorosa, un’esplosione. Forse una mina, forse un colpo di mortaio, chi mai avrebbe potuto dirlo nella furia della battaglia? E un attimo dopo il vice caporale Roose, il grande Leigh Richmond Roose, sparì per sempre. Morì come aveva vissuto: con coraggiosa incoscienza, quasi con spavalderia. Da protagonista, da eroe. Il suo corpo non fu mai ritrovato.

E anche se il suo è soltanto uno degli oltre 70.000 nomi incisi nel Memoriale di Thiepval, opera eretta per ricordare i tanti soldati “noti solo a Dio” che perirono durante la Grande Guerra, l’eredità che ha lasciato al mondo, soprattutto al mondo del football di cui fu tra i principali protagonisti, resterà immortale.

Leigh Richmond Roose, prodigio gallese

Nato a Holt, nei pressi di Wrexham, Galles, si era avvicinato al football in giovane età, difendendo la porta dell’Aberystwyth Town mentre si trovava in città per studiare medicina all’Università. La scelta di diventare un portiere non era stata affatto casuale: dotato di un fisico massiccio e scattante allo stesso tempo, Roose era soprattutto un ragazzo che già giocava come un uomo, sicuro di se, dalla personalità debordante.

E quello del goalkeeper, solo in campo contro gli avversari, destinato a strozzare gli urli di gioia avversari e sfidare personalmente, fisicamente anche, gli attaccanti avversari, sembrava un ruolo cucito su misura per lui.

All’alba del XX secolo, nel 1900, Leigh Roose ha da poco compiuto 23 anni, è diventato titolare della Nazionale e ha trascinato l’Aberystwyth Town fino alla finale della coppa nazionale, conquistata con una sonante vittoria per 3-0 sui decadenti Druids, un tempo miglior squadra del Galles. Può essere l’inizio di un ciclo, sarà invece la fine dell’Aber Town, che vedrà i suoi migliori talenti partire quasi all’unisono in cerca di un ingaggio da professionista.

Roose, che contro i Druids si è distinto per una parata “salva risultato” che i presenti descriveranno “identica” a quella effettuata da Gordon Banks su Pelé settant’anni dopo, ai Mondiali del Messico, si trasferisce in Inghilterra, a Londra. Qui si mette in mostra nel London Welsh FC, compagine creata da ufficiali gallesi dell’esercito britannico con l’intento di “mantenere alto il nome del Galles nella metropoli”.

Amateur per convenienza

Fortissima, nella sua dimensione amateur, la squadra non può essere che un trampolino di lancio per Roose, che infatti viene notato e ingaggiato dallo Stoke. Non come professionista, però: il portiere rifiuta un contratto vero e proprio per poter continuare gli studi in medicina a Londra, al King’s College Hospital, anche se poi questo proposito non verrà mai mantenuto.

Leigh Richmond Roose salirà infatti ben presto alla gloria, e inondato dai soldi che percepisce come “rimborsi spesa” – e che gli permettono di superare abbondantemente i rigidi tetti salariali imposti dalla Football Association – abbandonerà ben presto gli studi senza più terminarli.

Impossibile infatti concentrarsi sui libri di testo mentre intorno la frenetica vita della Londra dei primi del ‘900 prima lo accoglie e poi pare addirittura prostrarsi a lui. Roose vive nel lusso, tra bottiglie di buon vino e molte donne, e diventa ben presto uno dei volti più riconosciuti nella vita mondana della metropoli, uno degli scapoli più ambiti in città insieme al leggendario giocatore di cricket Jack “The Master” Hobbs.

Una fama non piovuta dal cielo, ma figlia dei prodigi che questo straordinario portiere mostra sui campi da gioco: in un’epoca in cui quello del portiere è un ruolo dove si può persino rischiare la vita, viste le furiose mischie che avvengono in prossimità della porta e in cui il goalkeeper non viene tutelato neanche quando stringe ben saldo il pallone tra le mani, Leigh Roose non solo non rifugge la rissa, ma va quasi a cercarsela.

All’esordio in Nazionale, ad esempio, ha puntato un incauto attaccante avversario, che mai si sarebbe immaginato di avere il portiere alle spalle poco oltre la metà campo, caricandolo con tanta forza da scaraventarlo a bordo campo, a ridosso del pubblico, dove questi è rimasto incosciente per diversi minuti.

Portiere…e non solo!

Sono frequenti gli episodi in cui, gettatosi con tempismo sul cuoio, si ritrovi ad essere sommerso da compagni e avversari che menano calci all’impazzata nel tentativo di sottrargli la sfera. E nella quasi totalità dei casi queste scene terminano con Roose che si erge vittorioso, scrollandosi di dosso gli attaccanti rivali per poi iniziare egli stesso l’azione di attacco.

Già, perché la particolarità che forse lo renderà più celebre è proprio questa: non soltanto portiere quasi insuperabile, Roose è anche un valore aggiunto in attacco, quando – sfruttando la regola che allora prevede che il portiere possa toccare il pallone con le mani nella sua intera metà campo – si lancia a capofitto in avanti per poi scagliare il pallone direttamente dentro l’area avversaria, creando occasioni da gol per i compagni.

Nessuno prima ha mai fatto niente di simile, e nessuno lo farà dopo di lui, dato che la Football Association, colpita e forse intimorita dal gigante gallese, ne attenderà il ritiro prima di modificare la regola in quella che è l’interpretazione attuale.

Non si tratta dell’unica parte delle Laws of the Game, stilate nel lontano 1863 da Sir Ebenezer Cobb Morley, che differisce da quella moderna: non esiste infatti alcuna tutela per il portiere, che se si avventura con il pallone in mano lo fa dunque a suo rischio e pericolo, con gli avversari che sono liberi di spingerlo e di scalciare nel tentativo di sfilargli il prezioso cuoio dalle braccia.

Chiaro quindi che il modo di interpretare il ruolo di Roose lo porti a numerosi contatti al limite del regolamento, se non oltre. Una sfida a cui uno come lui, così coraggioso e sprezzante del pericolo, non si sottrarrà mai. Ma che avrà ovvie e inevitabili conseguenze.

Una vera superstar

Per questo la carriera di Leigh Richmond Roose sarà costellata dagli infortuni, e quando è lontano dai campi da gioco lo stesso football sembra perdere di appeal. Già, perché il gallese è così carismatico da fare spettacolo praticamente da solo, sfidando i tifosi avversari presenti alle sue spalle con continue prese in giro o ingraziandosi i suoi quando, con l’azione lontana dalla porta, effettua esercizi ginnici sfruttando pali e traverse.

Celebri sono le sue “promesse di parata” prima di un calcio di rigore, spesso mantenute grazie ai riflessi fulminei e la straordinaria personalità, che schiaccia quasi chiunque si trovi a calciare verso la porta da lui difesa. Nel 1902, contro l’Inghilterra, Roose è autore di una prova straordinaria in una sfida che termina 0-0 e che vede il Galles uscire da una gara contro i “maestri” inglesi con la porta inviolata dopo oltre vent’anni.

Il più grande

Quando nel 1905 il Daily Mail chiede ai suoi lettori di indicare ruolo per ruolo un “dream team” da schierare contro degli ipotetici invasori di un altro pianeta, Roose è la scelta naturale per il ruolo di portiere e il calciatore più votato in assoluto.

Nel 1907 il Galles vince per la prima volta il British Home Championship, superando Irlanda e Scozia e pareggiando la gara decisiva contro l’Inghilterra: è il trionfo di un movimento calcistico che vive il suo primo momento d’oro, e che ha nei suoi punti di forza la straordinaria ala Billy Meredith e The Prince of the inside-lefts Grenville Morris, stella del Nottingham Forest.

Poi proprio lui, Leigh Richmond Roose, che nell’1-1 contro gli inglesi è un vero protagonista con alcuni interventi che lasciano il pubblico londinese attonito, nonostante nella capitale ormai questo mitico portiere – che si dice indossi sotto la maglia da gioco una maglia verde dell’Aberystwyth Town, mai lavata dagli esordi! – sia di casa e ben noto per il suo talento.

Il canto del cigno

La sua curiosa carriera di amateur mascherato lo porterà a vestire le maglie di numerosi club: dopo quelli dello Stoke difenderà i pali di Everton e Sunderland, dov’è tra i protagonisti dello storico 1-9 ottenuto al St. James Park contro i rivali del Newcastle.

In ogni città in cui si troverà a vivere sarà idolo assoluto, e diventerà frequente la scena che lo vedrà attorniato dai bambini mentre si reca allo stadio. Sono ansiosi di toccarlo, di parlarci, di vedere da vicino quello straordinario campione.

Una breve esperienza in Scozia nel Celtic Glasgow, con cui gioca e perde una semifinale di Scottish Cup distinguendosi per l’estrema sportività con cui si congratula con gli avversari capaci di superarlo, è seguita dal ritorno in Inghilterra, dove concluderà la carriera con Huddersfield Town, Aston Villa e Arsenal.

Con i Gunners sarà player-manager e ispiratore per i giovani guardiani dei pali, che lo considerano un maestro e un mito nonostante ormai la sua proverbiale bravura stia scemando a causa dell’età e degli infortuni. È in questo periodo che si dedica all’insegnamento del ruolo, scrivendo un libro che reca una delle sue frasi più celebri.

Campione e ispiratore

“C’è un proverbio che dice: prima di andare in guerra recita una preghiera, prima di andare per mare recitane due, prima di sposarti recitane tre.

Prima di decidere di diventare un portiere recitane quattro.”

Rimane l’orgoglio, quello che gli permette di tirare fuori l’ultima straordinaria prova nel football di alto livello in una sfida contro uno dei suoi ex-club, il Sunderland: le sue parate sono talmente eccezionali che a fine gara, gettata la maglia al pubblico riconoscente, passa quasi mezz’ora a stringere le mani dei tanti tifosi che lo hanno attorniato.

Tornato in Galles riprende gli studi in medicina, giocando nuovamente nell’ Aberystwyth Town e poi vestendo anche le maglie di club sconosciuti come Llandudno, Festiniog e Horsham. I tempi della bella vita a Londra, quando presentava ai propri club rimborsi spese così esosi da causare un’indagine della Football Association – che riscontrò parcelle persino nell’uso dei bagni pubblici e nella vaccinazione di un cane mai posseduto! – sono ormai terminati. Ma non la voglia di avventura, di sfide, di questo straordinario personaggio.

L’arruolamento e la morte

Allo scoppio della prima guerra mondiale, prima ancora che Sir Arthur Conan Doyle inviti i calciatori “nullafacenti” ad andare al fronte, Leigh Roose si arruola nell’esercito britannico: le sue conoscenze di medicina gli garantiscono un posto lontano dal fronte, a curare i feriti prima a Rouen e poi a Gallipoli.

Impossibile accontentarsi. Tornato a Londra, e andando contro i desideri del padre, pacifista convinto, Roose si arruola pochi mesi dopo nel 9° Battaglione dei Royal Fusiliers, spedito in Francia per affrontare la leggendaria Battaglia della Somme.

Qui si distingue per coraggio e perizia, coprendo i compagni con precisi colpi di fucile e venendo notato per la potenza con cui scaglia le bombe a mano nelle trincee nemiche, evidente retaggio di quando, da portiere, scaraventava il pallone fin nel cuore dell’area avversaria.

Nell’inferno in terra che è la guerra sul fronte occidentale, dove la morte è di casa, Leigh Roose sopravvive per mesi, dimostrando a tutti gli effetti di meritate la medaglia al valore che gli è stata appuntata sul patto dopo il primo giorno di battaglia.

Il 7 ottobre del 1916, dopo quasi sei mesi al fronte, scompare durante un assalto alle trincee tedesche nei pressi di Gueudecourt: un istante prima sta correndo contro il nemico, come sempre coraggioso ai limiti dell’incoscienza, un attimo dopo giace nei pressi di un cratere creato da una tremenda esplosione. Al termine della battaglia ritrovare le spoglie mortali di questo Dio del football è impossibile.

Nessuno più come lui

Ma a renderlo immortale ci ha già pensato la Football Association, che dopo il suo ritiro ha cambiato la regola che prevede l’utilizzo delle mani da parte dei portieri: dal 1912 sarà permesso soltanto all’interno dell’area di rigore, e non più nell’intera metà campo.

Si tratta soltanto dell’ufficializzazione di qualcosa che in tanti già sanno da tempo: non ci sarà mai più nessuno come Leigh Richmond Roose, il portiere gentiluomo venuto dal Galles a cui Londra, e tutto il calcio inglese, si prostrò adorante in attesa di una delle tante magie di cui era capace.


SITOGRAFIA:

  • Prior, Neil (10/09/2011) Football’s ‘forgotten hero’ Leigh Richmond Roose, BBC
  • Callaghan, Richard (30/03/2016) Remembering Leigh Richmond Roose, Roker Report
  • Spurling, Jon (07/10/2016) Leigh Roose: the ‘reckless’, controversial war hero who kept goal for Arsenal, FourFourTwo

BIBLIOGRAFIA:

  • Vignes, Spencer (2007) Lost in France: The Remarkable Life and Death of Leigh Richmond Roose, Football’s First Play Boy, Tempus
(Visited 263 times, 1 visits today)
error: Content is protected !!