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5 risultati della ricerca per "sheffield zulus"

Tra finte e zagaglie: l’incredibile avventura degli Sheffield Zulus

Quando il pubblico che aveva preso posto sugli spalti del Recreation Ground di Chesterfield, il 24 novembre del 1879, vide entrare la misteriosa squadra che avrebbe affrontato i beniamini locali, non furono pochi i presenti che dovettero stropicciarsi gli occhi per capire l’inganno.

Curiosi, gli appassionati di football presenti in città avevano acquistato il biglietto per assistere a una sfida contro la rappresentativa calcistica del Regno Zulu, ed ecco che quando questa misteriosa selezione fece il suo ingresso in campo lo stupore zittì per un momento gli spalti.

Fu il capitano degli africani, Re Cetewayo, a prendere la parola e a rivolgersi ai presenti in un’insospettabilmente ottimo inglese: oltre a combattere strenuamente i britannici nel lontano Sud Africa, disse, gli Zulu erano capaci di sfidare i sudditi di Sua Maestà anche in casa propria, e di farlo nel football, il gioco che stava lentamente ma inesorabilmente diventano lo sport nazionale inglese.

Cetewayo e i suoi, dunque, avrebbero percorso l’Inghilterra cercando avversari all’altezza, accontentandosi di mietere vittorie e lasciando l’incasso delle sfide al popolo inglese, che avrebbe potuto utilizzare il denaro per aiutare le tante famiglie private di un proprio caro caduto al fronte, magari trafitto da una zagaglia come quelle che gli Zulu mostrarono orgogliosi, prima di esibirsi in una singolare danza rituale che avrebbe preceduto il calcio d’inizio.

C’era da crederci?

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2 marzo 1878, Scozia-Inghilterra 7-2: la caduta dei Maestri

Se si dovesse stilare una lista delle partite che hanno letteralmente cambiato la storia del football, Scozia-Inghilterra 7-2 del 2 marzo 1878 meriterebbe senz’altro di essere inserita nelle prime dieci. Questo perché fu in questa gara che emerse prepotente la consapevolezza degli uomini delle Highlands di aver compreso meglio dei cosiddetti “Maestri” i segreti del gioco che soltanto ufficialmente aveva preso forma a Londra nell’autunno-inverno del 1863.

Non solo questa partita sarebbe rimasta per ben 76 anni la peggior sconfitta mai patita dall’Inghilterra, ma anche perché fu la prima prova di come gli orgogliosi ideatori del football fossero un popolo restio ai cambiamenti, soprattutto se partoriti da Paesi naturalmente considerati sudditi dell’Impero. Non è certo un caso, del resto, che la successiva, storica, debacle sarebbe arrivata ancora una volta per gli stessi motivi, un 7-1 inflitto agli inglesi dall’Ungheria di Puskas e del “calcio socialista” già vittoriosa 6-3 a Wembley pochi mesi prima e che fu affrontata senza cambiare minimamente schieramento, strategia o mentalità.

In ogni caso la sconfitta del 1878 segnò per la prima volta la fine della superiorità inglese: pur non volendolo riconoscere, i “Maestri” si trovarono impotenti di fronte al gioco degli scozzesi, incapaci di reagire e infine, dopo altre batoste di simile entità, costretti a ripensare le basi del proprio movimento calcistico. È più che probabile che fu proprio Scozia-Inghilterra 7-2 a dare il via a quei cambiamenti che negli anni avrebbero portato alla nascita degli scotch professors, l’ascesa del professionismo e infine la nascita della Football League e del calcio moderno.

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Pionieri del Football: i protagonisti della copertina

Chi ha acquistato il mio libro “Pionieri del Football – Storie di calcio vittoriano 1863-1889” avrà notato che la copertina rappresenta undici calciatori dell’epoca. Non si tratta di ritratti casuali, ma di una sorta di “squadra ideale” di quel periodo, che la bravissima Sarah Fruncillo ha ritratto su mia indicazione. Non si tratta necessariamente dei calciatori più forti di quel periodo, ma senz’altro ho voluto che venissero raffigurati undici tra i più rappresentativi e unici footballer dei primi anni del nostro amato gioco. Ecco chi sono nel dettaglio i protagonisi della copertina.

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Jack Hunter, il primo rivoluzionario del football

Quando il boato degli 8.000 tifosi presenti accolse l’ingresso in campo della sua squadra, Jack Hunter fu probabilmente l’unico a non sentirsi mancare il fiato per l’emozione. Mai una folla così numerosa aveva riempito le tribune del Kennington Oval di Londra, la sede designata per le finali di FA Cup e per le partite casalinghe della Nazionale dell’Inghilterra.

Si trattava di una moltitudine di persone mai vista prima non soltanto per numero, ma anche quasi del tutto inedita per eterogeneità. Di fianco alle signore imbellettate e agli uomini dell’alta società londinese che solitamente assisteva alle gare giocate all’Oval, infatti, vi era una folta presenza di uomini giunti a Londra dal lontano nord del Paese, che si erano sobbarcati un viaggio in treno lungo un’intera nottata con la speranza di vedere finalmente realizzato il sogno di una città, che l’anno precedente era sfumato proprio sul più bello.

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