#StranoCalcio02 – Gol e trofei di un calcio minore

La prima parte (la trovate QUI) di questo post di curiosità calcistica è stata un piccolo successo per questo blog, ed è per questo che ho deciso di farne adesso una seconda.

Il football in fondo ne ha di storie da raccontare, e ogni volta che ne sento una strana la metto da parte per poi scriverla qui. Perché “il calcio è bello perché è vario”…

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TOP 11: i calciatori più cattivi di sempre

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Nel calcio, da sempre, servono un mix di qualità per emergere. C’è chi ha tecnica, chi ha fisicità, chi ha carattere. I grandi campioni hanno tutte queste qualità riunite.

Ma c’è un altra qualità che può farti arrivare in alto, una che nella vita di tutti i giorni potrebbe causare guai ma che all’interno del rettangolo di gioco può fare la differenza. Essere cattivi.

Perché questa caratteristica può risultare determinante quanto e più le altre per arrivare ad una vittoria, e perché ogni grande squadra ha avuto il suo “duro”, l’uomo che si prende il “lavoro sporco” mentre i compagni più talentuosi pensano a vincere la gara.

Perché, piaccia o non piaccia, la cattiveria all’interno del rettangolo di gioco (e non solo) è sempre stata una parte importante nel gioco del calcio e sempre lo sarà.

Ecco quindi la classifica dei calciatori più cattivi di sempre, naturalmente secondo la mia modesta opinione.

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Cinema nel Pallone: “Dream Team”

Patrick Orbéra è un vecchio campione di calcio francese, che ha terminato la propria carriera in malo modo finendo in un tunnel di alcol e depressione.

Dopo aver perso, per questo, anche il lavoro che aveva come commentatore in TV, si vede sottrarre la custodia della figlia dalla ex-moglie, ed il solo modo che ha per rifarsi una vita è accettare un lavoro, l’ultimo disponibile: allenare il minuscolo club di una minuscola isola della Bretagna, il Molène FC.

Giunto sul posto, Orbéra scopre che l’isola, che si basa su una fabbrica di sardine in scatola, rischia di scomparire proprio per via del fallimento della suddetta attività.

Il sindaco, che è anche il proprietario della fabbrica, gli spiega che il solo modo per salvare l’isola e la sua identità è quella di andare il più avanti possibile con la squadra in Coppa di Francia: gli incassi dei botteghini saranno vitali per tutta la comunità.

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Allez Calais: l’incredibile storia dei dilettanti che conquistarono la Francia

Chi si ricorda del Calais?

Quando in Italia ci lamentiamo dello scarso appeal calcistico che ha la nostra Coppa Nazionale dimentichiamo spesso che basterebbe ben poco per restituire dignità a questo trofeo.

Il fatto che venga snobbato da media e tifosi è una conseguenza diretta dello scarso interesse che i nostri club per primi provano per quello che poi, al termine della stagione, è pur sempre il secondo trofeo nazionale.

L’alto numero di partite che si giocano in un’annata calcistica non può poi essere realmente considerata una giustificazione per quelle squadre (anche di bassa classifica) che usano la Coppa Italia per dare spazio alle riserve mai utilizzate in campionato, visto che in molti paesi evoluti calcisticamente di coppe ce ne sono addirittura due o più.

Si tratta di un mero calcolo economico: una squadra anche di medio livello trae più soldi da un buon piazzamento in campionato (con magari una qualificazione in Europa) piuttosto che dal raggiungimento di un turno finale di Coppa.

È però anche questione di cultura e di tradizione, e resto dell’avviso che bisognerebbe donare alla nostra Coppa Italia un senso, in un modo o nell’altro.

In altri paesi, come detto, la Coppa Nazionale ha tutto un altro significato, e tutt’altro fascino.

Ad esempio in Francia, dove nel 2000 accadde un piccolo miracolo calcistico: protagonista una minuscola squadra di dilettanti di un meraviglioso paese sulla Manica, il Calais.

calais 2

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TOP 11: Calciatori di colore che hanno fatto la storia del calcio

A dire la verità con il titolo di questo articolo mi sono trovato in difficoltà in quanto è difficile per me spiegare dove voglio andare a parare.

L’ispirazione me l’hanno data i fatti dell’ultimo week-end calcistico con i tifosi dell’Inter che fischiavano Asamoah e Pogba della Juventus fino al punto da essere squalificati per la prossima gara della Beneamata – ma non sempre ben tifata, è evidente.

Ma questi qualche stagione fa non stravedevano per Eto’o?

Prima di iniziare alcune doverose specificazioni:

A) è evidente che non servirebbe un articolo per sottolineare quanto sia stupido il razzismo, a maggior ragione nel 2013, in una società multietnica come quella in cui viviamo. Purtroppo però questi episodi si ripetono, per cui questo post vuole sottolineare una volta di più che molti dei protagonisti dello sport che amiamo sono e sono stati di colore

B) ovviamente non sono da condannare solo i tifosi interisti protagonisti sabato: purtroppo nel calcio quasi ad ogni latitudine, soprattutto in Italia, si assiste a certi beceri atteggiamenti

C) la “classifica” di per sé non è nemmeno una classifica ed è oltretutto assai personale; chiaro che dimenticherò qualcuno ma come sempre scriverò di getto, come mi viene.

E ora via con 11 uomini che, se mai ce ne fosse bisogno, dovrebbero far capire ancora di più quanto sia stupido il razzismo. Si parla di campioni, di persone di colore, ma soprattutto di uomini. Uomini veri.

Ritratto di Arthur Wharton, primo calciatore professionista di colore la cui storia ho raccontato QUI

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Leônidas, il “Diamante Nero”

Quasi ogni calciatore sogna un giorno di giocare i Mondiali con la maglia del proprio paese. Infatti, quasi tutti i più grandi calciatori della storia sono stati protagonisti nella Coppa del Mondo, a lungo e forse anche a tutt’oggi la vetrina più importante che il calcio offra.

Eppure ci sono stati grandi calciatori che ai Mondiali non hanno lasciato il segno: alcuni per essere parte di un movimento calcistico incapace di offrire una Nazionale abbastanza competitiva, ed è il caso del gallese Giggs, del nord-irlandese Best, dello svedese Ibrahimovic, del liberiano Weah e di molti altri.

Il grandissimo Alfredo Di Stefano (da molti considerato il più grande calciatore della storia, più di Pelé e Maradona) giocò sia con la Spagna che con l’Argentina, ma senza lasciare traccia: per entrare nella storia ha però vinto 5 Coppe dei Campioni consecutivamente, trascinando un Real Madrid zeppo di campioni sul tetto del mondo.

Ma il giocatore di cui oggi vorrei raccontare qualcosa, sconosciuto ai più in quanto simbolo di quel calcio dei pionieri mai abbastanza conosciuto, pur avendo deluso con la sua Nazionale in ben due Mondiali, è riuscito in una edizione ad essere il capocannoniere del torneo.

E poi, per tutti quelli che lo conoscono, è stato colui che ha inventato la rovesciata. Parliamo di Leônidas da Silva, per tutti semplicemente Leônidas, il Diamante Nero.

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Lutz Pfannenstiel, globetrotter inarrestabile

Ogni calciatore ha la sua storia. C’è chi da bambino sogna di giocare per la propria squadra del cuore, chi sogna di vincere coppe e trofei, giocare negli stadi più prestigiosi del mondo e magari vestire la maglia della Nazionale.

Per quei pochi che arrivano a realizzare questi sogni molti altri finiscono per essere piccole comparse nel grande racconto del calcio, magari giocando nelle divisioni minori e riuscendo comunque a fare del football il proprio lavoro ma con un pizzico di malinconia di quello che poteva essere e invece non è stato.

A volte è sfortuna, a volte mancanza di talento o di carattere, spesso una combinazione di tutte queste cose. C’è chi potrebbe deprimersi.

Ma questa è la storia di un calciatore che, pur dotato di un certo talento, ha deciso di vivere la sua vita calcistica in modo completamente diverso, inseguendo più la conoscenza che il denaro e la fama, più la crescita personale che quella sportiva. Finendo per avere una carriera unica ed inimitabile, una carriera da “Guinnes dei Primati” quasi impossibile da ripetere.

Finendo per diventare non il portiere di una squadra, o di un certo numero di squadre, o di una Nazionale, ma “il Portiere del Mondo”, un nomade inarrestabile affamato di calcio e voglia di conoscere le diverse realtà – calcistiche e non – del pianeta.

Questa è la storia di Lutz Pfannenstiel.

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Flop 11: le peggiori figurine della storia

Il sito agenziainforma.it ha selezionato tempo fa alcune tra le figurine più brutte della storia del calcio, e ovviamente ho chiesto alla mia fidanzata Sara di ordinarle secondo il suo gusto. Io aggiungerò qualche info e qualche considerazione personale, sperando di farvi cosa gradita. Al solito ditemi la vostra personale classifica nei commenti! E ora iniziamo!!!

04 Alain Sutter

Non è una figurina, e questo salva Alain Sutter da entrare in questa classifica: noto per la sua guerra contro il disboscamento dell’Amazzonia, poteva però cercare un espressione un pelo più convincente.

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Flop 11: Le peggiori acconciature della storia del calcio

Il bello del calcio è che i calciatori, prima di essere professionisti abili e spesso strapagati, sono principalmente esseri umani: e un essere umano ha pregi e difetti che lo rendono unico.

L’alcolismo di Best e Gascoigne, l’individualismo di Friday, la pigrizia di Le Tissier, l’arroganza di Balotelli e Ibrahimovic, la fragilità fisica di Kerlon e Pato sono cose che ci ricordano quanto questi “eroi del pallone” siano in fondo più simili a noi comuni mortali di quanto si possa essere portati a credere.

E chi di noi non ha mai sbagliato un taglio di capelli? Chi di noi non ha mai creduto di essere originale e figo sfoggiando un acconciatura mai vista per poi coprirsi solo di ridicolo?

Questa è la classifica delle peggiori acconciature che la storia del calcio ricordi: ho selezionato le acconciature più improbabili e poi ho chiesto alla mia ragazza, Sara, di ordinarle per bruttezza.

Il risultato sarà ovviamente soggettivo, e quanti di voi si troveranno in disaccordo potranno sempre dire la propria opinione nei commenti. E ora…via con l’orrore!

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Robin Friday, il più grande calciatore che non avete mai visto

Britannico. Talento superbo. Un innato istinto autodistruttivo. Problemi con alcol e droghe.

Quasi qualunque appassionato di calcio, di fronte a questi quattro indizi, potrebbe essere tentato di fare il nome di George Best, grandissima ala nordirlandese del Manchester United, sul quale tantissimo è già stato scritto.

Eppure, per alcuni tifosi inglesi, quello di Best non sarebbe l’unico nome a venire in mente.

Anzi, qualcuno potrebbe raccontare la storia di un altro calciatore che ha vissuto pienamente la carriera di Best, superandolo addirittura in diverse di queste sfaccettature. E certamente troverebbe opportuno fare il suo nome, che a dispetto dell’enorme talento non ha mai giocato nella massima serie, né ovviamente ha vestito la gloriosa maglia della Nazionale.

Un calciatore che aveva certamente tutte le possibilità per farcela, ma che si è bruciato in appena un lustro diventando leggenda. Alcuni appassionati di calcio farebbero il nome di Robin Friday, “il più grande calciatore che non avete mai visto”.

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Cinema nel Pallone: “Il Miracolo di Berna”

Ho raccontato la storia del “Miracolo di Berna” nel mio precedente articolo. Pur non essendo ovviamente nato ai tempi in cui questo incontro avvenne, è una di quelle storie che fin da piccolo mi hanno sempre affascinato studiando la storia del calcio.

Fu una partita leggendaria, significò la nascita della Germania come potenza calcistica ed il tramonto di una delle squadre più forti di sempre, la “Squadra d’Oro” ungherese, che mai più tornò a certi livelli.

Questo è uno dei motivi che mi spinse, anni fa, a guardare questo film, ma non è il motivo per cui questo film mi è piaciuto così tanto.

No, il motivo per cui ho così apprezzato questa pellicola del 2003 diretta da Sönke Wortmann è il fatto che coniuga, a mio parere, in modo perfetto il calcio ad altri valori, rendendo questo film uno dei migliori sul tema pur tenendo l’impresa sportiva in un ruolo marginale rispetto alla storia.

Non un film sul calcio, quindi, ma un film CON il calcio, e che proprio per questo motivo riesce a risultare unico.

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