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Categoria: Storie di calcio

I racconti degli eroi del calcio e delle loro incredibili vite

William McCrum, il portiere che inventò il rigore

Il 14 settembre 1891 la storia del calcio mette in archivio una delle sue date fondamentali. È in questo giorno, infatti, che Frederick Heath mette a segno il primo calcio di rigore di sempre. Il teatro è lo stadio Molineux, casa del Wolverhampton che quel giorno travolge l’Accrington 5-0 anche grazie, appunto, a un mai visto prima tiro dagli 11 metri.

Il primo calcio di rigore è del tutto diverso da quello a cui siamo abituati oggi: viene assegnato per un fallo commesso dalla difesa in una qualsiasi zona del campo entro gli 11 metri dalla porta, e l’attaccante può piazzare il pallone in un punto a piacere lungo una linea che di fatto taglia il campo da fascia a fascia. Non esiste il dischetto, e il portiere può avanzare fino a 5 metri e mezzo prima del tiro.

Nasce così uno dei momenti più importanti, iconici e apprezzati del gioco. Non a caso un calcio di rigore è protagonista in “Fuga per la Vittoria”, il più famoso film sul calcio di tutti i tempi, e sempre non a caso questo particolare gesto tecnico ha ispirato racconti e definito partite iconiche. Ma anche se il primo rigore di tutti i tempi viene tirato in Inghilterra, per la sua invenzione dobbiamo spostarci nella vicina Irlanda.

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Ned Doig, il portiere del “Team of all Talents”

Leggenda vuole che Ned Doig, portiere che fu per un periodo considerevole reputato “il più forte del Regno Unito”, avesse un solo punto debole: straordinariamente atletico tra i pali, dove si era allenato forgiando egli stesso alcuni attrezzi appositi, coraggioso nelle uscite alte e basse, robusto abbastanza da reggere le frequenti cariche cui erano soggetti i keeper del football pionieristico, Ned Doig poteva essere superato soltanto dalla vergogna.

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Matthias Sindelar, la “Cartavelina” che il Nazismo non riuscì a piegare

“Giocava a calcio, e non seppe
della vita molto altro.
Visse, perché doveva vivere
di calcio e per il calcio” [1]

A vederlo fuori dal campo nessuno avrebbe mai pensato che fosse uno sportivo: alto, scheletrico, il volto infossato dava risalto a un bel paio d’occhi azzurri che sembravano finiti lì quasi per caso. Se ti mostrava il fianco quasi scompariva, tanto breve era la distanza tra la schiena e il petto, quella fragile intercapedine in cui sono contenuti il cuore e tutti gli altri organi vitali.

Se però nei dintorni c’era un pallone, potevi stare tranquillo che ti saresti inaspettatamente ricreduto. Perché quell’uomo dall’aspetto così bizzarro era, semplicemente, il più forte calciatore al mondo. Lo chiamavano “Der Papierene”, “Cartavelina”, per via del suo aspetto fisico. O anche “Il Mozart del Calcio”, per il fatto di essere austriaco e di aver saputo fare con un pallone quello che il grande Amadeus ha fatto con la musica.

Incantare.

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Viktoria Berlino VS FC Hanau: “la Finale del Secolo”

Quando gli inglesi cominciarono ad esportare il football al di fuori del Regno Unito, nella madrepatria degli inventori del gioco si disputava già da qualche anno il primo campionato di calcio ufficiale al mondo.

Naturale che negli altri Paesi toccati dai marinai e commercianti britannici il gioco prendesse piede a poco a poco, e che prima che sorgessero le varie federazioni calcistiche ci volle un tempo più o meno lungo.

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Il tragico destino di John Thomson, il “Principe dei portieri”

A guardarlo bene, quel ragazzino che lavorava in miniera non aveva certo il fisico di un portiere. Eppure qualcuno lo definiva un fenomeno, una cosa mai vista. Del resto Steve Callaghan, scout per conto del Celtic Glasgow, era giunto in quel piccolo paesino di minatori vicino a Fife esclusivamente per accertarsi che tutte le meraviglie che si dicevano su di lui fossero vere.

Lo aveva visto ergersi sopra a tutti in una partita di poco conto quando il Wellesley Juniors aveva affrontato il Denbeath Star. Quel ragazzino di soli 17 anni, che al termine della gara firmò per la squadra più importante di tutta la Scozia, era John Thomson. Qualcuno pensava che sarebbe diventato un campione, ma nessuno poteva immaginare che sarebbe diventato una leggenda del calcio.

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Jimmy Thorpe, il martire dei portieri

Entrato nel Sunderland ad appena 17 anni, nel 1930, Jimmy Thorpe era un promettente portiere che dopo un paio di stagioni era riuscito a imporsi come titolare in una delle squadre più forti nel calcio inglese dell’epoca. Dopo la gloria dei 5 campionati conquistati tra il 1892 e il 1902, i Black Cats erano riusciti a ripetersi soltanto in un’occasione nei successivi 30 anni. Ma anche grazie al loro giovane guardiano dei pali le cose erano finalmente tornate a funzionare.

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Adrian Doherty, il quinto Beatle della classe del ’92

Adrian Doherty era l’ala destra del Manchester United giovanile che nel 1992 stupì tutta l’Inghilterra. Una squadra in cui spiccavano molti giovani talenti che avrebbero fatto le fortune dei Red Devils negli anni a venire. Nomi come i fratelli Gary e Phil Neville, difensori abili e versatili, il centrocampista Paul Scholes, un ragazzino rossiccio e asmatico che sarebbe diventato contro ogni pronostico uno dei più forti e completi interpreti recenti del ruolo.

L’ala sinistra era un tale Ryan Wilson, dotato di dribbling fulmineo e velocità pazzesca. Tutti ne parlavano un gran bene, in seguito avrebbe abbandonato il cognome e la nazionalità inglese del padre per prendere quelli della madre. Giggs. E poi c’erano David Beckham, che sarebbe diventato una stella non solo sul campo, uno dei giocatori più pagati e conosciuti al mondo, e l’ottimo mediano Nicky Butt. Tutti forti, fortissimi.

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Da “Foot-ball” a “Calcio”: storia del primo campionato in Italia

Il primo campionato di calcio in Italia viene giocato in una sola giornata, l’8 maggio del 1898. Il gioco che nel giro di pochi anni diventerà una vera e propria religione laica è arrivato dall’Inghilterra appena un decennio prima, grazie agli inglesi che alla fine del XIX secolo si spostavano nelle città costiere della Penisola per lavoro.

Nel giro di pochi anni nascono i primi club, vengono giocate le prime partite, vede la luce la federcalcio (FIF, oggi FIGC) e viene organizzato, appunto, il primo campionato ufficiale. Nel 1910 l’Italia giocherà la sua prima partita come Nazionale, nel 1934 sarà capace di conquistare la seconda edizione dei Mondiali. Il resto è storia del calcio e del nostro Paese.

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João Evangelista Belfort Duarte

Ingegnere civile brasiliano, persona coltissima e dai valori profondi, la sua conoscenza della lingua inglese gli permette di tradurre le regole di questo nuovo sport arrivato dall’Inghilterra e di diffonderlo in Brasile, dove è considerato di fatto il padre del futebol insieme a Charles Miller e Tomas Donohoe. Il suo nome era João Evangelista Belfort Duarte.

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Khalidi Al Rowaihi, l’eroe dimenticato dei “Figli del Deserto”

L’Arabia Saudita che vince il Mondiale. Il suo centravanti miglior marcatore del torneo. Succederà mai? È già successo. Precisamente nel 1989 in Scozia, durante la terza edizione del Mondiale FIFA Under-16: pochissimi dei 22 ragazzi che quel pomeriggio scesero in campo avrebbero poi davvero giocato a livello professionistico, visto che il passaggio al “calcio reale” spesso è una tagliola che spezza tante gambe, lasciando andare avanti solo chi davvero può diventare qualcuno. La storia del calcio è del resto piena di questi racconti.

Khalid Al Rowaihi ce l’avrebbe potuta fare. E non fu bloccato, come tutti gli altri, dall’impatto con il calcio “adulto”; né ebbe infortuni gravi o comportamenti fuori dalle righe tali da fargli perdere il treno giusto. Morì, semplicemente e tristemente, un giorno di metà marzo in Giordania, il Paese della madre. Un incidente in auto come purtroppo ne capitano tanti, il destino che implacabile decide – spesso capricciosamente – chi deve restare e chi se ne deve andare.

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Robert Gardner, il primo portiere della storia

Robert Gardner forse non sapeva, quel 30 novembre del 1872, che stava per scrivere la storia. Sicuramente ignorava che quel gioco che tanto amava, il football, sarebbe diventato un giorno la più grande religione laica al mondo, né poteva immaginare che, forse involontariamente, stava interpretando per la prima volta ad alti livelli un ruolo che avrebbe ispirato poeti e letterati, un ruolo unico.

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