Santiago del Cile, 4 aprile 1925: da diversi mesi la squadra più forte del Paese, il Club Deportivo Magallanes, attraversa una pesante crisi interna. I giocatori più giovani e forti, guidati dal più talentuoso di loro, David Arellano, chiedono che il club diventi professionistico e che certi calciatori anziani, che ormai giocano più per riconoscenza che per merito, vengano esclusi dalla formazione titolare.
Ne stanno parlando con il direttivo del club, il quale li ha appena informati che oltre a non accettare ordini, da quelli che considera poco più che dei niños, ha intenzione di partecipare all’elezione del capitano che deve svolgersi quella stessa sera. Arellano avrebbe la squadra dalla sua parte, ma i giocatori più anziani – quelli che lui voleva estromettere dal club – e i membri del direttivo, che mai avevano partecipato prima alle votazioni, la pensano diversamente.
Finisce che Arellano non può indossare la fascia di capitano del club: è una sconfitta ingiusta, ma che segna anche qualcosa di importante. Già, perché il giovane talento e i compagni a lui fedeli ne hanno le tasche piene. Lasciano il Magallanes e si preparano a fondare quello che diventerà il club più importante di tutto il Cile. Se la storia del calcio è contraddistinta da decisioni forti, quanto accade a Santiago quella sera è un vero e proprio spartiacque tra passato e futuro.
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