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Categoria: Storie di calcio

I racconti degli eroi del calcio e delle loro incredibili vite

Fernando Peyroteo e la leggenda dei Cinco Violinos dello Sporting

Anche se non è sempre stato una potenza nel calcio mondiale, e ha conquistato il suo primo trofeo internazionale soltanto nel 2016 con la vittoria degli Europei, il Portogallo ha dato alla storia dello sport più bello del mondo numerosi grandi protagonisti. Qualche nome? Eusébio, “la Pantera Nera”, Luis Figo, Paulo Futre, Manuel Rui Costa. E naturalmente un certo Cristiano Ronaldo, 5 volte Pallone d’Oro e 4 Scarpa d’Oro, oltre 850 gol segnati e più di 30 trofei alzati al cielo da protagonista.

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Matthias Sindelar, la verità nascosta

Una delle più note e affascinanti storie di calcio arrivate ai giorni nostri è quella che riguarda Matthias Sindelar, vera e propria icona del calcio europeo a cavallo tra la prima e la seconda guerra mondiale. Un campione assoluto, la punta di diamante della fortissima Austria che negli anni ’30 sembrava destinata a dominare la scena del football internazionale.

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“La Fiera” Bernabé Ferreyra, il campione che cambiò il calcio argentino

Muchachos, tengan cuidado, que se aproxima “La Fiera”…

“Ragazzi, attenzione, sta arrivando la Fiera“. Era questo l’avvertimento che risuonava in un tango che gli fu dedicato. Uno dei tanti che lo accompagnarono in carriera mentre scaraventava in rete il pallone grazie a tiri di una potenza mai vista prima, che non lasciavano scampo al malcapitato portiere avversario.

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Anatoli Kozhemyakin, il tragico destino del “nuovo Streltsov”

Esiste forse per ognuno di noi un destino già scritto al quale non possiamo sottrarci? Quanto può incidere un attimo, un’indecisione, una scelta apparentemente semplice e banale, sulla nostra vita? Siamo realmente padroni del destino o semplici foglie in balia del vento?

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Nils Middelboe, la prima stella straniera del calcio inglese

A osservarlo, così alto e magro, il petto scavato e lo sguardo tutt’altro che grintoso, in pochi avrebbero potuto pensare di avere davanti agli occhi uno dei più grandi calciatori della sua epoca. Eppure Nils Middelboe, centrocampista a tutto campo di padre svedese e madre danese, nato in terra paterna e cresciuto in quella materna, fu un atleta formidabile e la prima vera stella del calcio in Danimarca.

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G.O. Smith, il primo grande centravanti

G.O. Smith fu tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo il miglior centravanti al mondo, stella rinomata del Corinthian e dell’Inghilterra e progenitore del moderno “falso nueve”. Chi segue il football moderno, un gioco dove le qualità tecniche sono spesso bilanciate da quelle atletiche e dove nella stragrande maggioranza dei casi i più grandi campioni sono dotati di un fisico prodigioso, potrebbe sorridere nel sentirsi dire che quello che appare nella foto di copertina fu uno dei calciatori più forti della sua epoca. Anzi, the first great centre forward, come lo definirono i suoi contemporanei: “il primo grande centravanti”.

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Lungarni e vecchie viole

Devo riavvolgere il nastro, lo faccio ogni gennaio. Mio zio Egisto era un omone grande e grosso classe 1935 che abitava in Via Alessandro Manzoni in un appartamento di quei caseggiati austeri intonacati fra il grigio e il bianco che defluiscono nello slargo neoclassico di Piazza Beccaria.

Nel 1989 lavorava alla Sita (Società Italiana Trasporti Automobilistici) ma ormai cominciava a bramare alla meritata pensione dopo una vita passata sui mezzi pubblici. Ogni domenica, o quasi, che la Fiorentina giocava al Comunale mi veniva a prendere alla Stazione di Santa Maria Novella intorno alle 12 dopo essermi fatto un deprimente viaggio ferroviario Siena-Firenze la cui tratta era, e credo lo sia ancora, rimasta invariata, finanche nei vagoni, dai tempi del Granduca Leopoldo.

Questa città è scriteriata mi diceva (mentre con la sua Fiat Ritmo verde bottiglia ci infilavamo nel traffico dei lungarni) dovrebbe avere l’onore di essere ferma da secoli e invece ogni giorno un nuovo senso unico, una nuova direttiva, un nuovo divieto, bah, non ci si capisce più nulla.

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Eric Liddell: vita di un missionario scozzese a Tianjin

L’articolo che state per leggere è stato scritto da Nicholas Gineprini, autore del libro “Il Sogno Cinese 中国梦 Storia ed economia del calcio in Cina” e creatore del portale dedicato al calcio in questa particolare e pittoresca realtà “Calcio8Cina”: il consiglio è quello di seguire questo progetto per scoprire tanti dati e curiosità su un mondo calcistico così diverso e affascinante come quello cinese.

Nell’estate del 2018 alcuni tifosi del Tianjin Teda, si sono recati nella città di Weifang (provincia di Shandong) per assistere al match della propria rappresentativa giovanile valido per il campionato U17. Nulla di rilevante dal punto di vista della prestazione, ma assolutamente per quel che concerne la cultura sportiva. Tianjin e Weifang sono le due città che hanno segnato l’inizio e la fine della vita di Eric Liddell: scozzese, missionario, atleta olimpico, ma soprattutto un eroe per il popolo cinese e i supporters del Tianjin Teda.

Così un tifoso del Teda, Guanpeng Wang, uno dei fondatori del gruppo ultras Flying Tigers of Tientsin, scrive sui propri profili social.

Prima di andare a vedere la partita, sono stato al campo di concentramento di Weifang, con fiori blu e bianchi (i colori della mia squadra), ho scritto una lettera e portato una bandiera. Volevo dire grazie a Mr. Eric Liddell. Questo è il posto dove ci ha lasciati. Non tutti credono negli eroi, ma credo che Eric debba essere definito come tale.

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Asbjørn Halvorsen e Otto Harder, l’eroe e il nazista

L’ascesa del nazismo e lo scoppio della seconda guerra mondiale travolsero come un’onda tutta l’Europa, mutando confini e paesaggi tanto quanto i rapporti tra le persone, i pensieri, i valori umani che fino a quel momento erano stati dati per scontati.

Era inevitabile che questo avrebbe avuto importanti conseguenze in ogni aspetto della vita umana. Umpensabile che il calcio e i calciatori, all’epoca tutt’altro che protetti da una “gabbia dorata”, sarebbero riusciti a evitare una follia che il mondo intero aveva già vissuto pochi decenni prima, quando i morti erano stati innumerevoli e la lezione sembrava essere stata appresa.

L’orrore causato dal nazifascismo avrebbe toccato le vite di milioni di persone: tra queste anche quelle di Asbjørn Halvorsen e Otto Harder, amici di lunga data che avevano scritto a Amburgo pagine di calcio indimenticabili le cui esistenze, in seguito allo scoppio della guerra, avrebbero preso direzioni drasticamente, e drammaticamente, diverse.

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Andrew Watson, la vita del primo calciatore di colore nella storia

Il 12 marzo del 1881 i quasi diecimila tifosi inglesi che avevano raggiunto l’Oval di Londra per assistere all’annuale sfida tra Inghilterra e Scozia restarono senza parole. Non tanto per il risultato maturato in campo dai propri beniamini, una sconfitta 6-1 che purtroppo non era una novità ma l’ennesima batosta rimediata contro i cugini, quanto perché per la prima volta furono testimoni di un fatto allora considerato quasi incredibile: un nero era capace di giocare a calcio.

Non solo: quel “nero” aveva indossato anche la fascia di capitano della Scozia, e nonostante i sei gol segnati dai suoi era stato lui, difensore, il migliore in campo. Elegante dentro e fuori dal campo, straordinariamente potente, tatticamente acuto e allo stesso tempo coraggioso e pulito nell’intervento, aveva giganteggiato sugli avversari in modo innegabile.

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2 marzo 1878, Scozia-Inghilterra 7-2: la caduta dei Maestri

Se si dovesse stilare una lista delle partite che hanno letteralmente cambiato la storia del calcio, Scozia-Inghilterra 7-2 del 2 marzo 1878 meriterebbe senz’altro di essere inserita nelle prime dieci. Questo perché fu in questa gara che emerse prepotente la consapevolezza degli uomini delle Highlands di aver compreso meglio dei cosiddetti “Maestri” i segreti del gioco che soltanto ufficialmente aveva preso forma a Londra nell’autunno-inverno del 1863.

Non solo questa partita sarebbe rimasta per ben 76 anni la peggior sconfitta mai patita dall’Inghilterra, ma anche perché fu la prima prova di come gli orgogliosi ideatori del football fossero un popolo restio ai cambiamenti, soprattutto se partoriti da Paesi naturalmente considerati sudditi dell’Impero.

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