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Uomo nel Pallone Articoli

Eric Liddell: vita di un missionario scozzese a Tianjin

L’articolo che state per leggere è stato scritto da Nicholas Gineprini, autore del libro “Il Sogno Cinese 中国梦 Storia ed economia del calcio in Cina” e creatore del portale dedicato al calcio in questa particolare e pittoresca realtà “Calcio8Cina”: il consiglio è quello di seguire questo progetto per scoprire tanti dati e curiosità su un mondo calcistico così diverso e affascinante come quello cinese.

Nell’estate del 2018 alcuni tifosi del Tianjin Teda, si sono recati nella città di Weifang (provincia di Shandong) per assistere al match della propria rappresentativa giovanile valido per il campionato U17. Nulla di rilevante dal punto di vista della prestazione, ma assolutamente per quel che concerne la cultura sportiva. Tianjin e Weifang sono le due città che hanno segnato l’inizio e la fine della vita di Eric Liddell: scozzese, missionario, atleta olimpico, ma soprattutto un eroe per il popolo cinese e i supporters del Tianjin Teda.

Così un tifoso del Teda, Guanpeng Wang, uno dei fondatori del gruppo ultras Flying Tigers of Tientsin, scrive sui propri profili social.

Prima di andare a vedere la partita, sono stato al campo di concentramento di Weifang, con fiori blu e bianchi (i colori della mia squadra), ho scritto una lettera e portato una bandiera. Volevo dire grazie a Mr. Eric Liddell. Questo è il posto dove ci ha lasciati. Non tutti credono negli eroi, ma credo che Eric debba essere definito come tale.

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Asbjørn Halvorsen e Otto Harder, l’eroe e il nazista

L’ascesa del nazismo e lo scoppio della seconda guerra mondiale travolsero come un’onda tutta l’Europa, mutando confini e paesaggi tanto quanto i rapporti tra le persone, i pensieri, i valori umani che fino a quel momento erano stati dati per scontati.

Era inevitabile che questo avrebbe avuto importanti conseguenze in ogni aspetto della vita umana. Umpensabile che il calcio e i calciatori, all’epoca tutt’altro che protetti da una “gabbia dorata”, sarebbero riusciti a evitare una follia che il mondo intero aveva già vissuto pochi decenni prima, quando i morti erano stati innumerevoli e la lezione sembrava essere stata appresa.

L’orrore causato dal nazifascismo avrebbe toccato le vite di milioni di persone: tra queste anche quelle di Asbjørn Halvorsen e Otto Harder, amici di lunga data che avevano scritto a Amburgo pagine di calcio indimenticabili le cui esistenze, in seguito allo scoppio della guerra, avrebbero preso direzioni drasticamente, e drammaticamente, diverse.

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Andrew Watson, la vita del primo calciatore di colore nella storia

Il 12 marzo del 1881 i quasi diecimila tifosi inglesi che avevano raggiunto l’Oval di Londra per assistere all’annuale sfida tra Inghilterra e Scozia restarono senza parole. Non tanto per il risultato maturato in campo dai propri beniamini, una sconfitta 6-1 che purtroppo non era una novità ma l’ennesima batosta rimediata contro i cugini, quanto perché per la prima volta furono testimoni di un fatto allora considerato quasi incredibile: un nero era capace di giocare a calcio.

Non solo: quel “nero” aveva indossato anche la fascia di capitano della Scozia, e nonostante i sei gol segnati dai suoi era stato lui, difensore, il migliore in campo. Elegante dentro e fuori dal campo, straordinariamente potente, tatticamente acuto e allo stesso tempo coraggioso e pulito nell’intervento, aveva giganteggiato sugli avversari in modo innegabile.

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2 marzo 1878, Scozia-Inghilterra 7-2: la caduta dei Maestri

Se si dovesse stilare una lista delle partite che hanno letteralmente cambiato la storia del football, Scozia-Inghilterra 7-2 del 2 marzo 1878 meriterebbe senz’altro di essere inserita nelle prime dieci. Questo perché fu in questa gara che emerse prepotente la consapevolezza degli uomini delle Highlands di aver compreso meglio dei cosiddetti “Maestri” i segreti del gioco che soltanto ufficialmente aveva preso forma a Londra nell’autunno-inverno del 1863.

Non solo questa partita sarebbe rimasta per ben 76 anni la peggior sconfitta mai patita dall’Inghilterra, ma anche perché fu la prima prova di come gli orgogliosi ideatori del football fossero un popolo restio ai cambiamenti, soprattutto se partoriti da Paesi naturalmente considerati sudditi dell’Impero. Non è certo un caso, del resto, che la successiva, storica, debacle sarebbe arrivata ancora una volta per gli stessi motivi, un 7-1 inflitto agli inglesi dall’Ungheria di Puskas e del “calcio socialista” già vittoriosa 6-3 a Wembley pochi mesi prima e che fu affrontata senza cambiare minimamente schieramento, strategia o mentalità.

In ogni caso la sconfitta del 1878 segnò per la prima volta la fine della superiorità inglese: pur non volendolo riconoscere, i “Maestri” si trovarono impotenti di fronte al gioco degli scozzesi, incapaci di reagire e infine, dopo altre batoste di simile entità, costretti a ripensare le basi del proprio movimento calcistico. È più che probabile che fu proprio Scozia-Inghilterra 7-2 a dare il via a quei cambiamenti che negli anni avrebbero portato alla nascita degli scotch professors, l’ascesa del professionismo e infine la nascita della Football League e del calcio moderno.

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Eugène Maës, la prima stella del calcio francese

Per scoprire chi fu Eugène Maës bisogna compiere un lungo viaggio a ritroso nel tempo, fin quasi all’inizio del XX secolo: un tempo in cui il calcio aveva appena fatto la sua comparsa ufficiale in Europa, anni in cui onesti mestieranti inglesi, fuori dai patri confini considerati veri e propri fuoriclasse, avevano da poco insegnato i fondamentali del gioco a italiani e spagnoli, tedeschi e francesi, popoli che un giorno quello stesso gioco lo avrebbero dominato.

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Blackburn Rovers-Darwen, 1880: la prima invasione di campo

La prima invasione di campo nella storia del calcio avviene addirittura nel novembre del 1880, nel Lancashire che si sta preparando a stravolgere il football fino ad allora conosciuto con l’introduzione del professionismo. Siamo ancora in un’epoca ingenua, dominata dalle squadre di amateurs formate dagli ex-studenti delle migliori scuole di Londra, campioni che molti nel nord operaio ammirano con riverenza, senza neanche immaginare di potervi competere.

Non tutti la pensano così, e il primo club a scagliare la pietra del professionismo è il Darwen: appena quattro anni dopo l’adozione del football come sport principale, i Darreners riescono grazie ai buoni uffici di un loro ex-giocatore trasferitosi in Scozia a ingaggiare due fenomenali campioni delle Highlands, l’attaccante James Love e il cerebrale difensore Fergus Suter: sarà proprio lui la causa scatenante della prima invasione di campo nel football. 

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Sir Francis Marindin, il Colonnello del football

Nato nella città di mare di Weymouth, nel Dorset, Francis Marindin non poteva sapere che proprio una missione al di là del mare avrebbe finito per sottrargli il solo, meritatissimo, successo che sarebbe stato in grado di cogliere come calciatore.

Accadde il 13 marzo del 1875, quando la sezione calcistica dei Royal Engineers, che lui stesso aveva fondato poco più di dieci anni prima, riuscì al terzo tentativo a trionfare in quella che era la quarta edizione della Football Association Challenge Cup, la Coppa d’Inghilterra.

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Pépe Soares e il “quarto d’ora da Belenenses”

“Un quarto d’ora da Belenenses” è una tipica espressione calcistica portoghese, che si riferisce a una squadra che in quindici minuti riesce ad andare a segno in numerose occasioni.

Si riferisce al debutto di José Manuel Soares Louro, detto “Pépe” Soares, che diciottenne, il 28 febbraio del 1926, fece il suo esordio con la maglia del Belenenses entrando al 75′ con la sua squadra sotto 1-4 contro il Benfica. 

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Sam Bartram, il portiere nella nebbia

Il rinomato allenatore Alan Curbishley, che dal 1991 al 2006 si è seduto sulla panchina del Charlton, descrisse con poche ma efficaci parole l’eredità lasciata al club da uno dei suoi giocatori più rappresentativi di tutti i tempi:

Quando parli del Charlton uno dei primi nomi che qualsiasi tifoso o semplice appassionato cita è quello di Sam Bartram.

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