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Tag: gran bretagna

Andrew Watson, la vita del primo calciatore di colore nella storia

Il 12 marzo del 1881 i quasi diecimila tifosi inglesi che avevano raggiunto l’Oval di Londra per assistere all’annuale sfida tra Inghilterra e Scozia restarono senza parole. Non tanto per il risultato maturato in campo dai propri beniamini, una sconfitta 6-1 che purtroppo non era una novità ma l’ennesima batosta rimediata contro i cugini, quanto perché per la prima volta furono testimoni di un fatto allora considerato quasi incredibile: un nero era capace di giocare a calcio.

Non solo: quel “nero” aveva indossato anche la fascia di capitano della Scozia, e nonostante i sei gol segnati dai suoi era stato lui, difensore, il migliore in campo. Elegante dentro e fuori dal campo, straordinariamente potente, tatticamente acuto e allo stesso tempo coraggioso e pulito nell’intervento, aveva giganteggiato sugli avversari in modo innegabile.

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2 marzo 1878, Scozia-Inghilterra 7-2: la caduta dei Maestri

Se si dovesse stilare una lista delle partite che hanno letteralmente cambiato la storia del calcio, Scozia-Inghilterra 7-2 del 2 marzo 1878 meriterebbe senz’altro di essere inserita nelle prime dieci. Questo perché fu in questa gara che emerse prepotente la consapevolezza degli uomini delle Highlands di aver compreso meglio dei cosiddetti “Maestri” i segreti del gioco che soltanto ufficialmente aveva preso forma a Londra nell’autunno-inverno del 1863.

Non solo questa partita sarebbe rimasta per ben 76 anni la peggior sconfitta mai patita dall’Inghilterra, ma anche perché fu la prima prova di come gli orgogliosi ideatori del football fossero un popolo restio ai cambiamenti, soprattutto se partoriti da Paesi naturalmente considerati sudditi dell’Impero.

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Blackburn Rovers-Darwen, 1880: la prima invasione di campo

La prima invasione di campo nella storia del calcio avviene addirittura nel novembre del 1880, nel Lancashire che si sta preparando a stravolgere il football fino ad allora conosciuto con l’introduzione del professionismo. Siamo ancora in un’epoca ingenua, dominata dalle squadre di amateurs formate dagli ex-studenti delle migliori scuole di Londra, campioni che molti nel nord operaio ammirano con riverenza, senza neanche immaginare di potervi competere.

Non tutti la pensano così, e il primo club a scagliare la pietra del professionismo è il Darwen: appena quattro anni dopo l’adozione del football come sport principale, i Darreners riescono grazie ai buoni uffici di un loro ex-giocatore trasferitosi in Scozia a ingaggiare due fenomenali campioni delle Highlands, l’attaccante James Love e il cerebrale difensore Fergus Suter: sarà proprio lui la causa scatenante della prima invasione di campo nel football. 

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Sir Francis Marindin, il Colonnello del football

Nato nella città di mare di Weymouth, nel Dorset, Francis Marindin non poteva sapere che proprio una missione al di là del mare avrebbe finito per sottrargli il solo, meritatissimo, successo che sarebbe stato in grado di cogliere come calciatore.

Accadde il 13 marzo del 1875, quando la sezione calcistica dei Royal Engineers, che lui stesso aveva fondato poco più di dieci anni prima, riuscì al terzo tentativo a trionfare in quella che era la quarta edizione della Football Association Challenge Cup, la Coppa d’Inghilterra.

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Sam Bartram, il portiere nella nebbia

Il rinomato allenatore Alan Curbishley, che dal 1991 al 2006 si è seduto sulla panchina del Charlton, descrisse con poche ma efficaci parole l’eredità lasciata al club da uno dei suoi giocatori più rappresentativi di tutti i tempi:

Quando parli del Charlton uno dei primi nomi che qualsiasi tifoso o semplice appassionato cita è quello di Sam Bartram.

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Lutz Pfannestiel, il portiere che resuscitò tre volte

Il football nasce ufficialmente in Inghilterra nel dicembre del 1863, quando gli uomini illuminati che hanno da pochi mesi fondato la Football Association scrivono per la prima volta quelle che saranno le Laws of the Game, le regole del gioco. Nel giro di poche decine di anni il gioco diventa molto più che un semplice passatempo, coinvolge città, smuove le folle, attira denaro e soprattutto entra prepotentemente nella vita e nella cultura britannica come nessuno sport prima è stato capace di fare.

Sul campo il gioco compie diverse evoluzioni, ma una tradizione rimane salda: il Boxing Day, l’equivalente del nostro Santo Stefano, il giorno successivo a Natale, si gioca su tutti i campi, dai fangosi pantani delle divisioni inferiori alle modernissime pelouse della ricca Premier League.

E se è vero che il gioco, ad alti livelli, si è evoluto – pur con notevole ritardo rispetto al resto d’Europa – nei gradini più bassi della piramide calcistica nazionale in giù vige ancora il buon vecchio kick and rush. Calcia e corri, dove più che il buon tocco di palla o la raffinata visione tattica contano corsa, fiato, coraggio, le qualità che richiede – e di cui si accontenta – chi per Santo Stefano si trova a guardare una partita di settima, ottava, nona divisione.

Si gioca il 26 dicembre dal 1860, da quando cioè, ben prima che nascesse la Football Association, si disputò la prima partita ufficialmente registrata come tale, il derby tra Sheffield FC e Hallam, all’epoca le uniche due squadre esistenti al mondo, e si sa quanto gli inglesi siano legati alle tradizioni. Nel corso degli anni niente ha scalfito questa usanza, e numerosi sono stati gli episodi da ricordare, ma quello che riguardò il tedesco Lutz Pfannenstiel nel 2002 merita di essere raccontato.

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I Leoni di Highbury (di Lorenzo Fabiano Della Valdonega)

I Leoni di Highbury

Passa un anno, l’Italia di Vittorio Pozzo si è appena laureata Campione del Mondo battendo 2-1 la Cecoslovacchia nella finale di Roma con un gol di Angelino Schiavio al quinto minuto del primo tempo supplementare. Grazie a questo successo, ci meritiamo l’onore di andare a giocare a Londra nella tana dei Maestri; tuttavia non è ancora abbastanza per calcare l’erba imperiale di Wembley.

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Il Tottenham Hotspur e la Coppa UEFA 1984

Questa storia incomincia un giorno prima. Incomincia la notte precedente alla finale di andata della Coppa Uefa 1983/84. Il gestore del locale “Les Mosquetairs”, situato nel quartiere a luci rosse di Bruxelles, uccide un tifoso degli Spurs con un colpo di fucile per difendersi da quella che lui definì un’aggressione.

Il caduto si chiamava Ian Flanagan, un irlandese. Pericoloso? Forse. Gli altri: “Ci hanno provocato”.

Non ci fu tempo per le riflessioni. Gli inglesi sfogarono la loro rabbia per la morte del ragazzo mettendo a ferro e fuoco la città per tutta la notte. Saccheggi, vetrine in pezzi, auto distrutte: risultato oltre 300 arresti.

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Il destino fatale di Joe Powell, primo capitano dell’Arsenal

Quella che Woolwich Arsenal e Kettering Town stavano disputando, il 23 novembre del 1896, era una partita come tante altre. I Gunners di Londra, del resto, facevano parte della Second Division della Football League da appena tre anni, prima squadra di Londra a far parte dell’elitario sistema creato da William McGregor nel 1888.

Gli avversari, poi, erano da tempo desiderosi di prendere parte ai campionati professionistici, ma viste le numerose domande presentate, e respinte dal comitato che stabiliva quali club potessero fare parte dell’élite del football, si erano dovuti accontentare della più modesta realtà chiamata United League.

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Arthur Pember, il primo leader del calcio

Coraggioso, pieno d’iniziativa, carismatico: il primo presidente nella storia della Football Association, e dunque primo leader di quello sport che molti anni dopo sarebbe diventato il più amato al mondo, fu Arthur Pember, uomo di legge e capitano del pittoresco No Name Club di Kilburn.

Calciatore capace, ma non certo abile quanto i contemporanei Charles Alcock, Ebenezer Morley, Francis Marindin e Arthur Kinnaird, la scelta di eleggerlo come leader della neonata associazione avrebbe sorpreso soltanto gli osservatori più superficiali: le sue modeste qualità sul campo di gioco erano infatti ampiamente compensate da una straordinaria apertura mentale e da grandi capacità diplomatiche.

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