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Tag: italia

Attila Sallustro, il primo Re di Napoli

Roma, 9 febbraio 1930, Stadio del Partito Nazionale Fascista. È in programma l’amichevole tra Italia e Svizzera, e il CT Vittorio Pozzo ha deciso di lanciare in azzurro il “Balilla” Giuseppe Meazza: 19 anni appena, ha già alle spalle 62 partite e 45 reti con la maglia dell’Ambrosiana-Inter.

Numeri importanti, che lasciano presagire un grande futuro ma anche un solido presente sia per la squadra milanese che per la nostra Nazionale.

E allora perché dagli spalti, ogni volta che il giovane campione tocca il cuoio, piovono fischi proprio dal settore dei tifosi azzurri? Semplice, perché sono presenti quasi tremila tifosi napoletani, che non perdonano a Pozzo la scelta di preferire Meazza al divo di Napoli, il primo grande eroe calcistico sotto il Vesuvio, il grandissimo Attila Sallustro.

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Attilio Ferraris, “er Più”

Un aneddoto che la dice lunga su chi sia stato Attilio Ferraris detto “er Più”, primo capitano della storia della Roma e Campione del Mondo nel 1934, può senz’altro essere quello che riguarda il suo funerale: nella commozione generale ci si accorse che non era stato possibile trovare una maglia azzurra con cui seppellirlo, tanto che il fraterno amico Fulvio Bernardini provvide a donare la sua.

Impossibile trovare una sola delle tante maglie azzurre vestite da Attilio Ferraris, che al rientro da ogni partita con l’Italia veniva assalito da orde di ragazzini a cui finiva inevitabilmente per donare il cimelio tanto prezioso.

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Virgilio Fossati, il primo eroe dell’Inter

Dai campi di calcio a quelli di battaglia. Un cambiamento che toccò a moltissimi giovani durante la prima guerra mondiale, quando l’Europa si insanguinò e vide sparire nel sibilo delle pallottole e nelle esplosioni di granate e mortai oltre 20 milioni di vite.

Tra queste furono numerosi i calciatori, eroi di uno sport ancora nella sua fase più embrionale ma già capaci di scatenare discussioni nelle città e sui giornali. Il Football Club Internazionale di Milano, formato nel 1908 da un gruppo di soci del Milan in aperto contrasto con la politica autoctona intrapresa dalla società rossonera, pianse alla fine del conflitto la scomparsa di 26 tesserati, il più famoso dei quali era il capitano Virgilio Fossati, prima bandiera nerazzurra di sempre e caduto da eroe così come da eroe aveva sempre calciato i campi da gioco conquistando il cuore dei tifosi.

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Cesarino Grossi, primo eroe di Bari

11 dicembre 1999: Eugenio Fascetti decide di far esordire il diciassettenne Antonio Cassano  durante un Bari-Lecce che i biancorossi perdono per 1 a 0. Un esordio come tanti? Mica tanto, il ragazzo ha talento e si farà – anche se non compiutamente – e infatti la settimana successiva umilia la difesa dell’Inter e il libero e campione del mondo francese Laurent Blanc segnando un goal strepitoso.

È nata una stella, ma non è certo la prima. La prima stella del Bari fu Cesare Grossi detto Ninì, straordinario talento che negli anni ’30 avrebbe infiammato il pubblico dello “Stadio della Vittoria” prima di andare incontro a una morte tanto prematura quanto misteriosa.

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Il Bologna, il Cesena, la guerra (di Bruno Gasperutti)

Sono numerose le pagine e i gruppi su Facebook che trattano storia e curiosità sportiva, un esercito di appassionati a cui cerco di dare spazio settimanalmente nel mio programma radio “Tre uomini e un pallone” (che potete ascoltare QUI mentre invece QUI ne trovate i podcast) e che meritano senz’altro di essere frequentati. Uno dei miei preferiti si chiama “Il grande calcio degli anni Quaranta, Cinquanta e Sessanta” e vede la presenza di veri appassionati di fatti e statistiche. Questa breve ma significativa storia è stata riportata dal signor Bruno Gasperutti e riguarda uno dei numerosi fatti incredibili che avvennero durante la guerra di occupazione in Italia: mentre Alleati e fascisti combattevano, infatti, il pallone non aveva comunque smesso di rotolare.

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Attilio Fresia, il primo migrante

Quando morì, il 14 aprile del 1923, Attilio Fresia non poteva sapere che il suo nome sarebbe stato conosciuto, persino un secolo dopo, da milioni di persone. Per lui il calcio era sempre stato un gioco, come per molti di quelli che lo praticarono negli anni ’10 e ’20 in Italia, conquistati da quello sport giunto poco prima dall’Inghilterra.

Un gioco, il Foot-Ball, che si stava conquistando uno spazio sempre più importante nel cuore degli sportivi ma che veniva comunque dopo le discipline nobili di allora quali atletica, pugilato e ciclismo.

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Viareggio, il foot-ball e le “giornate rosse” del 1920

Molto spesso si tende a credere che il calcio degli albori fosse pratica più genuina e meno esasperata dalle masse di quanto accade ai giorni nostri. Ciò è vero in parte: la storia ci insegna che anche molto prima dell’avvento del professionismo, e in partite in cui la posta in palio era quasi esclusivamente l’onore campanilistico, non mancarono episodi di violenza eclatanti.

Il primo di questi fu senza dubbio quello delle “giornate rosse” di Viareggio, che nel maggio del 1920 vide la città toscana insorgere contro lo Stato. La causa? Una partita di calcio, un “derby” con i vicini rivali della Lucchese.

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Calcio e Olocausto: Géza Kertész, “lo Schindler del calcio”

Se nel “Giorno della Memoria”, che viene celebrato ogni 27 gennaio in ricordo delle vittime della Shoah, si scorrono le pagine dei quotidiani sportivi e dei siti di riferimento, sono diversi i nomi dei personaggi legati al calcio che finirono vittima della follia nazista e che chi è interessato alla storia può scorrere.

Ebrei come Árpád Weisz, l’allenatore del primo grande Bologna e scopritore all’Inter di Giuseppe Meazza, il talentuoso Leon Sperling, il primo idolo dell’Ajax Eddy Hamel, il portentoso pioniere del calcio americano József Braun ed il bomber tedesco Julius Hirsch, che per la Germania aveva addirittura combattuto durante il primo conflitto mondiale.

Allargando il discorso ecco che si possono raccontare le storie di chi, non ebreo, si oppose comunque al nazismo e ne finì vittima: Matthias Sindelar, Milutin Ivković, Carlo Castellani e Vittorio Staccione. Un nome che invece è stato a lungo dimenticato è quello di Géza Kertész, recentemente soprannominato “lo Schindler del Catania”.

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6 gennaio 1898: i primi calci a un pallone in Italia

Negli anni precedenti a quel 6 gennaio 1898 il foot-ball era arrivato in Italia, restando però confinato nella dimensione di passatempo per marinai inglesi a Genova, ai quali ogni tanto si univa qualche giovane di buona famiglia e qualche curioso, e a diletto per ricchi a Torino, dove in più occasioni si erano scontrate le compagini nate per volere del Duca degli Abruzzi e del giovane imprenditore Edoardo Bosio.

La mattina di Epifania del 1898, però, tutto stava per cambiare sul campo sportivo di Ponte Carrega a Genova, anche se in pochi allora potevano sospettarlo vedendo scendere dalle carrozze una decina di distinti uomini vestiti da “footballers“.

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Tutte le prime volte nel calcio

Nell’augurare a tutti voi un buon primo dell’anno cercherò di raccogliere in breve – i preparativi per il Capodanno incombono anche per me! – tutte quelle cose che sono state le “prime volte” nel calcio.

Molte di queste cose sono note, altre meno, alcune di queste già sono presenti su questo sito da tempo e troverete quindi anche i relativi link per entrare più nel dettaglio. La maggioranza di questi “record” ha come protagoniste le squadre inglesi, come prevedibile essendo l’Inghilterra il luogo dove il football è nato ed è stato codificato.

Andiamo!

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Forse non tutti sanno che…perché la Fiorentina ha la maglia viola?

Perché la maglia della Fiorentina, unica e particolare, è di colore viola? A Firenze esistono diverse versioni e leggende sulle origini di questa scelta da parte del club gigliato, io riporto la versione ufficiale come raccontata da Simone Galeotti, autore di storie davvero immancabili che potete leggere sullo splendido sito “Storie in fuorigioco” (www.storieinfuorigioco.com) e tifoso viola.

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Grigio, granata e azzurro: omaggio a Baloncieri, il primo mito

23 aprile 1944: è uno strano campionato quello che si gioca in un’Italia che va via via liberandosi del regime fascista. Due giorni prima è nato ufficialmente il Governo Badoglio, ma mentre l’attenzione degli italiani è interessata a tutt’altre questioni il calcio deve andare avanti: così ha voluto la FIGC e così i giocatori si sono adeguati, anche se ovviamente gli inconvenienti non mancano.

Ad esempio, quel 23 aprile, l’Alessandria si trova sul campo del Torino ma l’arbitro non può fischiare il calcio d’inizio tra i “grigi” ospiti e lo squadrone che sta cominciando un ciclo di vittorie che terminerà soltanto con lo schianto di Superga: manca un giocatore ospite, ed è così che per evitare che i suoi perdano la partita a tavolino l’allenatore alessandrino decide di scendere in campo.

Sebbene si sia ritirato molti anni prima i tifosi di entrambe le squadre sanno bene chi sia, visto che è stato idolo di entrambe le squadre e uno dei migliori calciatori italiani di sempre: il suo nome è Adolfo Baloncieri, il primo mito del nostro calcio.

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