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Tag: italia

La nascita della rivalità tra Fiorentina e Juventus

Lunga e travagliata era stata la nascita del calcio nell’aristocratica Firenze, che mentre (1898) si svolgeva il primo campionato italiano di calcio si dedicava ancora ad altri sport all’epoca più in voga – come la “Palla al Bracciale” – riservando al foot-ball uno spazio ristretto in un elitario club di anglo-americani che si aprì parzialmente alla nobiltà cittadina nel suo atto costitutivo: l’allora sindaco di Firenze Pietro Torrigiani fu il primo presidente del “Florence Football Club”, primo vero e proprio club calcistico del capoluogo toscano da cui in seguito sarebbero nate varie altre squadre che per anni si sarebbero sfidate in infuocati derby.

Il Florence Foot-Ball Club nel 1909
Il Florence Foot-Ball Club nel 1909

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James R. Spensley, il padre del calcio

Ogni Paese, nella sua storia calcistica, ha una figura che può essere considerata il “padre” della disciplina. Essendo nato in Inghilterra, per moltissime realtà questo risulta essere originario d’Albione, e l’Italia non fa eccezione: nonostante infatti il fondamentale e riconosciuto contributo portato alla causa da Edoardo Bosio, industriale torinese che per primo portò nel nostro Paese un pallone da foot-ball – formando così le prime associazioni calcistiche, pur non ufficiali – il merito di aver portato il calcio alle masse, trasformandolo dal gioco elitario qual’era in origine, va senz’altro ascritto a James Richardson Spensley.

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Virgilio Felice Levratto, “lo sfondareti”

Che anno unico e irripetibile fu il 1922 per il calcio italiano! Mentre la misconosciuta Novese, superando la Sampierdanerese dopo uno spareggio finale, conquistava il titolo di Campione d’Italia in un torneo orfano di tutte le grandi realtà calcistiche dell’epoca – che in polemica con la FIGC avevano disputato un proprio campionato – viene disputata anche la prima edizione della Coppa Italia, trofeo che viene alzato per la prima volta al cielo dal Vado, piccola società ligure militante in Promozione, uno dei gironi del secondo livello calcistico di allora.

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Luigi Barbesino e il Casale campione d’Italia

14 maggio 1913: per la prima volta nella storia un club inglese, il Reading, venuto in tournée in Italia per maramaldeggiare com’è in uso all’epoca, lascia il campo con la coda tra le gambe. A conquistare la prima vittoria di un club italiano contro i “maestri del football” è il Casale guidato dal centromediano Luigi Barbesino.

Un sodalizio nato appena quattro anni prima per volere del professore ebreo Raffaele Jaffe, che insegna all’Istituto Tecnico Leardi di Casale Monferrato e che è rimasto conquistato dal “foot-ball” dopo averlo visto praticato da alcuni suoi giovani allievi. Nessuno può immaginarlo, ma in pochissimo tempo l’entusiasmo dilagante che ne consegue porterà il Casale a diventare una delle squadre più forti d’Italia, forse la meteora più accecante e incredibile nella storia del calcio almeno in Italia.

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Julio Libonatti, il primo oriundo

Quel mattino di gennaio del 1938, al porto che da Genova lo avrebbe riportato in Argentina, Julio Libonatti guardò per l’ultima volta il Paese che era stato dei suoi avi e in cui lui era tornato come campione di “Foot-Ball”.

Così era ancora chiamato il calcio in Italia, quando il giovane centravanti argentino vi aveva messo per la prima volta piede. Da quel giorno molte cose erano cambiate: l’ascesa al potere del Fascismo aveva trasformato il Paese e infine anche il gioco stesso, facendo diventare l’Italia una compagine prima rispettata e poi temuta.

Gli azzurri, nel momento in cui Libonatti fissava per l’ultima volta il mare di Genova, erano diventati i più forti al mondo. Campioni, in casa, nel contestato Mondiale del 1934.

Pochi mesi dopo si sarebbero confermati in Francia, spazzando via le malelingue che avevano parlato di una vittoria, quella di quattro anni prima, politica. Voluta e ottenuta con la forza dal Duce.

No, gli Azzurri erano ormai una vera e propria forza. Merito anche dei tanti oriundi, gli argentini “di ritorno” in Italia, naturalizzati per fare la differenza in campo con la Nazionale. Campioni come Raimundo Orsi, Luisito Monti, Enrique Guaita, Michele Andreolo, talenti determinanti che avevano dato la svolta al calcio italiano. Il capostipite dei quali, indiscutibilmente, era stato lui, Julio Libonatti da Rosario, stella del Torino.

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Angelo Schiavio

Tra gli anni ’20 e ’40 del nostro calcio, molte squadre si giocano la vittoria del titolo di Campione d’Italia. Una di queste è il Bologna di Arpad Weisz, “lo squadrone che tremare il mondo fa”, che schiera ovviamente tra le sue fila alcuni dei migliori calciatori italiani del momento.

Pozzo nelle scelte si avvale di due di loro, e uno di questi in particolare passerà alla storia: suo è il gol della vittoria in finale contro i fortissimi cecoslovacchi, suo è il record di reti in maglia rossoblù. Suo è il Bologna, e del Bologna sarà sempre. Il suo nome è Angelo Schiavio.

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Renato Raccis, il bomber sardo fermato solo dal destino

Moltissimi appassionati di calcio, chiudendo gli occhi e pensando al binomio “gol & Sardegna” avranno come prima e maestosa immagine quella di Gigi Riva, indimenticato bomber della Nazionale e del Cagliari Campione d’Italia nel 1970.

Pur essendosi distinto con la maglia degli isolani ed essendo sardo d’adozione, però, “Rombo di Tuono” era nato a Leggiuno, provincia di Varese. Ecco allora altri nomi: Pietro Paolo Virdis, Gianfranco Zola. la bandiera degli anni ’70 e ’80 Luigi Piras. E poi?

Renato Raccis, forse il primo vero bomber sardo del calcio italiano.

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Marco Macina, quello più forte di Mancini

Quando l’estate finisce, forse, Marco dà un’occhiata distratta ai giornali e ricorda i tempi in cui era una stella del calcio. Ricorda gli esordi, il suo nome su quelle pagine, ricorda le estati delle grandi attese e quelle delle delusioni. O forse no, forse al pallone preferisce non pensarci proprio più, per dimenticare quello che non è stato ma poteva essere, se solo “se”. La storia di Marco Macina è quella di tanti, troppi giocatori dimenticati.

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23 maggio 1915: il calcio e la guerra

23 maggio 1915: la Prima Categoria, antesignana di quella che oggi conosciamo come la Serie A, si avvia alle sue battute conclusive. Il Genoa, dominatore dei primi campionati pionieristici, si trova per la prima volta dopo dieci anni a un passo dalla conquista del titolo di campione nazionale. Si prepara ad ospitare il Torino secondo, gli basterà un pari per tornare ad essere il club più forte d’Italia. Poi, improvvisamente, tutto si ferma. È la storia del calcio e la guerra.

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Carlo Castellani, l’eroe di Empoli scomparso a Mauthausen

Il 3 dicembre 2011 è una data da ricordare nella storia dell’Empoli, club che rappresenta un piccolo comune in provincia di Firenze e nella storia del calcio italiano ha già scritto alcune pagine molto interessanti. Nella sfida con l’Ascoli valida per il campionato di Serie B, dopo appena 4 minuti di gioco, Francesco Tavano porta in vantaggio i toscani e diventa il nuovo miglior marcatore all time del club. Prende il posto di Carlo Castellani, a cui è intitolato proprio lo stadio di Empoli.

Niente però potrà cancellare il ricordo di chi sia stato quest’ultimo per tutta la comunità empolese. Tra i primi calciatori toscani di rilievo, Castellani era stato in assoluto il primo eroe calcistico di Empoli, e al termine della carriera si era prodigato per salvare il club in crisi economica prima di trovare una tragica fine nell’inferno del campo di sterminio di Mauthausen.

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Herbert Kilpin, diavolo rossonero

Fu all’inizio del XX° Secolo che il foot-ball esplose in Italia, trasformandosi da passatempo per pochi appassionati a vera religione di massa. Come è noto a questo sviluppo contribuirono quegli stessi inglesi che per i più disparati motivi avevano raggiunto la nostra penisola gettando già le basi di quello che sarebbe in presto diventato anche il nostro sport nazionale.

E se Genova deve moltissimo a James Spensley, una figura altrettanto (se non più) importante per il calcio italiano fu Herbert Kilpin: dopo aver insegnato agli italiani i segreti del foot-ball ed aver perso due finali nazionali giocando nelle file dell’Internazionale Torino, lasciò il Piemonte per lavoro, e stabilitosi a Milano fondò, insieme ad altri soci e amici, il Milan, quella che attualmente è la squadra più titolata al mondo.

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Leopoldo Conti, il campione rubato

Nell’epoca pionieristica del calcio italiano, uno dei primi “trasferimenti” capaci di generare scalpore in tutta la città avvenne a Milano. Il protagonista fu un ragazzo appena maggiorenne, letteralmente rapito sul campo e tenuto “prigioniero” fino a quando non fu ufficializzato il suo trasferimento, per molti il primo vero trasferimento in Italia. Il suo nome era Leopoldo Conti, e si apprestava a diventare uno dei primi eroi nella storia dell’Inter.

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