L’ascesa e la tragica fine di una delle più grandi speranze del calcio sovietico.
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Il fatto che il nome di Hughie Ferguson e la sua storia siano praticamente sconosciuti da noi la dice tragicamente…
Lascia un commentoL’ascesa del nazismo e lo scoppio della seconda guerra mondiale travolsero come un’onda tutta l’Europa, mutando confini e paesaggi tanto quanto i rapporti tra le persone, i pensieri, i valori umani che fino a quel momento erano stati dati per scontati.
Era inevitabile che questo avrebbe avuto importanti conseguenze in ogni aspetto della vita umana, impensabile che il calcio e i calciatori, all’epoca tutt’altro che protetti da una “gabbia dorata”, sarebbero riusciti a evitare una follia che il mondo intero aveva già vissuto pochi decenni prima, quando i morti erano stati innumerevoli e la lezione sembrava essere stata appresa.
L’orrore causato dal nazifascismo avrebbe toccato le vite di milioni di persone: tra queste anche quelle di Asbjørn Halvorsen e Otto Harder, amici di lunga data che avevano scritto a Amburgo pagine di calcio indimenticabili le cui vite, in seguito allo scoppio della guerra, avrebbero preso direzioni drasticamente, e drammaticamente, diverse.
Lascia un commentoPer scoprire chi fu Eugène Maës bisogna compiere un lungo viaggio a ritroso nel tempo, fin quasi all’inizio del XX secolo: un tempo in cui il calcio aveva appena fatto la sua comparsa ufficiale in Europa, anni in cui onesti mestieranti inglesi, fuori dai patri confini considerati veri e propri fuoriclasse, avevano da poco insegnato i fondamentali del gioco a italiani e spagnoli, tedeschi e francesi, popoli che un giorno quello stesso gioco lo avrebbero dominato.
Lascia un commento“Un quarto d’ora da Belenenses” è una tipica espressione calcistica portoghese, che si riferisce a una squadra che in quindici minuti riesce ad andare a segno in numerose occasioni.
Si riferisce al debutto di José Manuel Soares Louro, detto “Pépe” Soares, che diciottenne, il 28 febbraio del 1926, fece il suo esordio con la maglia del Belenenses entrando al 75′ con la sua squadra sotto 1-4 contro il Benfica.
Lascia un commentoIn principio fu Montevideo, in principio fu l’Uruguay. Il luogo dove si svolsero i primi Mondiali di sempre, datati 1930; la squadra che per prima alzò al cielo la Coppa Rimet.
Una compagine che univa classe e forza. La prima rappresentata da un attacco di artisti quali El Vasquito Pedro Cea, el Divino Manco Castro e Héctor Scarone, soprannominato el Gardel del fútbol per la sua eleganza infinita; la seconda sintetizzata nella durezza e nella tenacia di capitan Nasazzi, el Gran Mariscal, leader di una difesa a tratti insuperabile.
Tra difesa e attacco lui, José Leandro Andrade, mirabile sintesi di tutte le qualità che possono servire per creare il calciatore perfetto: fisico, eleganza, capacità di trattare la sfera e abilità nell’essere ugualmente efficace in entrambe le fasi di gioco.
Lascia un commentoQuella che Woolwich Arsenal e Kettering Town stavano disputando, il 23 novembre del 1896, era una partita come tante altre. I Gunners di Londra, del resto, facevano parte della Second Division della Football League da appena tre anni, prima squadra di Londra a far parte dell’elitario sistema creato da William McGregor nel 1888.
Gli avversari, poi, erano da tempo desiderosi di prendere parte ai campionati professionistici, ma viste le numerose domande presentate, e respinte dal comitato che stabiliva quali club potessero fare parte dell’élite del football, si erano dovuti accontentare della più modesta realtà chiamata United League.
A questa “lega minore” partecipavano, oltre al Kettering Town, anche Millwall, Luton, Loughborough, Rushden, Kettering, Wellingborough e Tottenham Hotspur, e il comitato direttivo dell’Arsenal aveva a sua volta iscritto la squadra, seppur impegnata in Second Division, per aumentare le entrate derivanti dai botteghini.
Una partita come tante altre
Sarà stata anche una partita di United League, ma nessuno dei ventidue uomini in campo aveva intenzione di perdere. Tanto meno Joe Powell, il primo capitano dell’Arsenal da quando questo era diventato un club professionistico a tutti gli effetti.
Nei precedenti tre anni aveva guidato la squadra con energia ed entusiasmo, pur non riuscendo a trascinarla verso la promozione: figuriamoci se si farebbe fatto mettere sotto dai ragazzi di Kettering!
Lascia un commentoJimmy Logan scrutò il cielo, e con lui tutti i compagni, evidentemente preoccupato.
Pioveva, quel 4 aprile del 1896, ma non era questo evento – peraltro abbastanza frequente, in Inghilterra – a preoccupare i giocatori del Loughborough. Piuttosto il fatto che le loro tenute di gioco, per un banale errore, non erano arrivate a Manchester, dove si sarebbe svolta la gara che li avrebbe visti contrapposti al Newton Heath.
Dopo oltre mezz’ora, mentre la pioggia cadeva sempre più incessantemente, l’arbitro decise che non si poteva aspettare oltre. La gara, valida per il campionato di Second Division, doveva avere inizio. Il pubblico sorrise, vedendo i giocatori del Loughborough scendere in campo in abiti civili, gli stessi che ormai indossavano da due giorni.
Nessuno poteva sapere che si stava per consumare una tragedia, né che questa avrebbe colpito proprio il più talentuoso tra i calciatori in campo, un ragazzo di 25 anni che appena due anni prima era stato l’eroe nell’annuale finale di FA Cup.
Lascia un commentoUna delle storie più struggenti che ci regala il football vittoriano è quella che ha come protagonista Alfred Goodwyn.
Figlio di un maggiore dell’esercito britannico di stanza in India, è qui che nasce – il 13 marzo del 1850 – e trascorre l’infanzia, prima di tornare in Inghilterra per iscriversi all’accademia di Chatham, il luogo dove vengono addestrati i futuri membri del prestigioso ordine militare dei Royal Engineers.
L’evidente desiderio di ripercorrere le orme paterne lo porta a distinguersi come uno dei migliori del suo corso, ma è nello sport che diventa ben presto una figura di riferimento per la sua compagnia.
Lascia un commentoL’ultima persona che vide Leigh Roose in vita fu un suo collega, Gordon Hoare. Era la seconda volta che i due condividevano lo stesso mestiere, e dopo aver calcato i campi di football si erano ritrovati al fronte, soldati come tanti giovani britannici venuti in Francia per arrestare l’avanzata tedesca durante la prima guerra mondiale.
Sul fronte occidentale, nella Bataille de la Somme, caddero oltre un milione di uomini. Britannici, francesi, tedeschi, persone che fino a pochi anni prima avevano condotto magari vite straordinariamente ordinarie, e che per la follia di pochi si erano poi ritrovati nel fango, un fucile in mano, numeri in un gioco mortale.
Lascia un commentoChi era mai quel piccolo uomo di mezza età che, da almeno un’ora, percorreva avanti e indietro la banchina della stazione ferroviaria di Gateshead?
Erano ben pochi i presenti che se lo domandavano: nonostante avesse appeso gli scarpini al chiodo da almeno vent’anni, tutti in città sapevano chi fosse Hughie Gallacher, il grande centravanti del Newcastle e della Scozia.
Il mago dell’area di rigore, capace di sbattere la palla in fondo al sacco in qualsiasi modo e contro qualunque avversario.
Quello che una volta era stato il più grande centravanti del Tyneside piangeva e imprecava, lo sguardo perso nel vuoto e le orecchie sorde ai saluti dei presenti. Da tempo le cose non andavano più bene, del resto.
Da quando, terminata la gloria dei campi di gioco, si era ritrovato come molti altri eroi del suo tempo dall’altare alla polvere nel giro di un attimo.
Il football, che tanto gli aveva dato nei suoi anni migliori, esigeva sempre nuovi eroi, e non c’era proprio modo che si fermasse ad onorare chi un tempo aveva scaldato i cuori dei tifosi e adesso, per sopraggiunti limiti di età, non ne era più capace.
Lascia un commentoKinshasa, 24 gennaio 1971, “Stadio 20 maggio”.
Mancano ancora tre anni e mezzo alla sfida che vedrà protagonisti Muhammad Ali e George Foreman e che sarà ricordata come “The Rumble in the Jungle”, ma un altro episodio storico per lo sport africano va in scena nello stadio, gremito in ogni ordine di posto per la finale di ritorno che assegna la sesta edizione della Coppa dei Campioni d’Africa.
A contendersi il trofeo nato nel 1964, come tre anni prima, i ghanesi dell’Asante Kotoko e i padroni di casa, i congolesi del TP Englebert. È in questo giorno che nasce la leggenda di uno dei più grandi portieri che l’Africa abbia mai conosciuto: Robert Mensah.
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