Il football nasce ufficialmente in Inghilterra nel dicembre del 1863, quando gli uomini illuminati che hanno da pochi mesi fondato la Football Association scrivono per la prima volta quelle che saranno le Laws of the Game, le regole del gioco. Nel giro di poche decine di anni il gioco diventa molto più che un semplice passatempo, coinvolge città, smuove le folle, attira denaro e soprattutto entra prepotentemente nella vita e nella cultura britannica come nessuno sport prima è stato capace di fare.
Sul campo il gioco compie diverse evoluzioni, ma una tradizione rimane salda: il Boxing Day, l’equivalente del nostro Santo Stefano, il giorno successivo a Natale, si gioca su tutti i campi, dai fangosi pantani delle divisioni inferiori alle modernissime pelouse della ricca Premier League.
E se è vero che il gioco, ad alti livelli, si è evoluto – pur con notevole ritardo rispetto al resto d’Europa – nei gradini più bassi della piramide calcistica nazionale in giù vige ancora il buon vecchio kick and rush. Calcia e corri, dove più che il buon tocco di palla o la raffinata visione tattica contano corsa, fiato, coraggio, le qualità che richiede – e di cui si accontenta – chi per Santo Stefano si trova a guardare una partita di settima, ottava, nona divisione.
Si gioca il 26 dicembre dal 1860, da quando cioè, ben prima che nascesse la Football Association, si disputò la prima partita ufficialmente registrata come tale, il derby tra Sheffield FC e Hallam, all’epoca le uniche due squadre esistenti al mondo, e si sa quanto gli inglesi siano legati alle tradizioni. Nel corso degli anni niente ha scalfito questa usanza, e numerosi sono stati gli episodi da ricordare, ma quello che riguardò il tedesco Lutz Pfannenstiel nel 2002 merita di essere raccontato.
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