Nonostante la prestigiosa enciclopedia Treccani online stimi il loro numero complessivo in circa 12 milioni di individui in tutto il mondo, premettendo oltretutto che probabilmente si parla di una stima al ribasso, il contributo dato al calcio dai popoli romaní è stato decisamente marginale. Le stelle gitane capaci di risplendere nella lunga storia del gioco più popolare al mondo, infatti, si contano sulla punta delle dita.
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I racconti degli eroi del calcio e delle loro incredibili vite
Scopriamo insieme la storia di Fernando Peyroteo: nome sconosciuto ai più, tra gli anni ’30 e gli anni ’40 è stato la stella dei “cinque violini” dello Sporting Lisbona e oggi merita di essere ricordato come uno dei più grandi centravanti di sempre.
Lascia un commentoLa vera storia che si nasconde dietro al mito di Matthias Sindelar, campione austriaco scomparso tragicamente e trasformato da numerosi storici in un simbolo dell’antinazismo.
Commenti chiusiLa vita e la carriera di Bernabé Ferreyra, “La Fiera”, il primo idolo del calcio argentino.
Lascia un commentoL’ascesa e la tragica fine di una delle più grandi speranze del calcio sovietico.
Lascia un commentoVita e carriera di Nils Middelboe, primo eroe straniero nella storia del calcio inglese e bandiera del Chelsea.
Lascia un commentoA cavallo tra il XIX e il XX secolo l’inglese GO Smith fu il primo vero “falso nueve”, un campione epocale entrato nella storia del calcio.
Lascia un commentoL’avventurosa vita di Charles Bunyan, portiere e precursore nel campo degli agenti sportivi nell’Inghilterra vittoriana.
Lascia un commentoDevo riavvolgere il nastro, lo faccio ogni gennaio. Mio zio Egisto era un omone grande e grosso classe 1935 che abitava in Via Alessandro Manzoni in un appartamento di quei caseggiati austeri intonacati fra il grigio e il bianco che defluiscono nello slargo neoclassico di Piazza Beccaria.
Nel 1989 lavorava alla Sita (Società Italiana Trasporti Automobilistici) ma ormai cominciava a bramare alla meritata pensione dopo una vita passata sui mezzi pubblici. Ogni domenica, o quasi, che la Fiorentina giocava al Comunale mi veniva a prendere alla Stazione di Santa Maria Novella intorno alle 12 dopo essermi fatto un deprimente viaggio ferroviario Siena-Firenze la cui tratta era, e credo lo sia ancora, rimasta invariata, finanche nei vagoni, dai tempi del Granduca Leopoldo.
Lascia un commentoQuesta città è scriteriata mi diceva (mentre con la sua Fiat Ritmo verde bottiglia ci infilavamo nel traffico dei lungarni) dovrebbe avere l’onore di essere ferma da secoli e invece ogni giorno un nuovo senso unico, una nuova direttiva, un nuovo divieto, bah, non ci si capisce più nulla.
L’articolo che state per leggere è stato scritto da Nicholas Gineprini, autore del libro “Il Sogno Cinese 中国梦 Storia ed economia del calcio in Cina” e creatore del portale dedicato al calcio in questa particolare e pittoresca realtà “Calcio8Cina”: il consiglio è quello di seguire questo progetto per scoprire tanti dati e curiosità su un mondo calcistico così diverso e affascinante come quello cinese.
Nell’estate del 2018 alcuni tifosi del Tianjin Teda, si sono recati nella città di Weifang (provincia di Shandong) per assistere al match della propria rappresentativa giovanile valido per il campionato U17. Nulla di rilevante dal punto di vista della prestazione, ma assolutamente per quel che concerne la cultura sportiva. Tianjin e Weifang sono le due città che hanno segnato l’inizio e la fine della vita di Eric Liddell: scozzese, missionario, atleta olimpico, ma soprattutto un eroe per il popolo cinese e i supporters del Tianjin Teda.
Così un tifoso del Teda, Guanpeng Wang, uno dei fondatori del gruppo ultras Flying Tigers of Tientsin, scrive sui propri profili social.
Lascia un commentoPrima di andare a vedere la partita, sono stato al campo di concentramento di Weifang, con fiori blu e bianchi (i colori della mia squadra), ho scritto una lettera e portato una bandiera. Volevo dire grazie a Mr. Eric Liddell. Questo è il posto dove ci ha lasciati. Non tutti credono negli eroi, ma credo che Eric debba essere definito come tale.
L’ascesa del nazismo e lo scoppio della seconda guerra mondiale travolsero come un’onda tutta l’Europa, mutando confini e paesaggi tanto quanto i rapporti tra le persone, i pensieri, i valori umani che fino a quel momento erano stati dati per scontati.
Era inevitabile che questo avrebbe avuto importanti conseguenze in ogni aspetto della vita umana, impensabile che il calcio e i calciatori, all’epoca tutt’altro che protetti da una “gabbia dorata”, sarebbero riusciti a evitare una follia che il mondo intero aveva già vissuto pochi decenni prima, quando i morti erano stati innumerevoli e la lezione sembrava essere stata appresa.
L’orrore causato dal nazifascismo avrebbe toccato le vite di milioni di persone: tra queste anche quelle di Asbjørn Halvorsen e Otto Harder, amici di lunga data che avevano scritto a Amburgo pagine di calcio indimenticabili le cui vite, in seguito allo scoppio della guerra, avrebbero preso direzioni drasticamente, e drammaticamente, diverse.
Lascia un commentoIl 12 marzo del 1881 i quasi diecimila tifosi inglesi che avevano raggiunto l’Oval di Londra per assistere all’annuale sfida tra Inghilterra e Scozia restarono senza parole. Non tanto per il risultato maturato in campo dai propri beniamini, una sconfitta 6-1 che purtroppo non era una novità ma l’ennesima batosta rimediata contro i cugini, quanto perché per la prima volta furono testimoni di un fatto allora considerato quasi incredibile: un nero era capace di giocare a calcio.
Non solo: quel “nero” aveva indossato anche la fascia di capitano della Scozia, e nonostante i sei gol segnati dai suoi era stato lui, difensore, il migliore in campo. Elegante dentro e fuori dal campo, straordinariamente potente, tatticamente acuto e allo stesso tempo coraggioso e pulito nell’intervento, aveva giganteggiato sugli avversari in modo innegabile.
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