Valerij Voronin, il campione che morì due volte

Sugli splendori e le miserie del calcio sovietico si potrebbe scrivere un libro intero – e qualcuno lo ha fatto del resto – come sulle vicende che segnarono il destino dell’Unione Sovietica dal Dopoguerra al crollo del muro di Berlino.

Il Partito, come in molti paesi del blocco comunista, vedeva nello sport uno straordinario mezzo di propaganda e, pur restando il locale campionato isolato dal resto del Continente, la Nazionale Sovietica si impose all’attenzione del mondo specialmente negli anni ’60, quando una straordinaria nidiata di campioni si affermò.

Fu così che il mondo conobbe Lev Jasin, ad esempio, il miglior portiere di sempre nonché l’unico capace di conquistare il Pallone d’Oro.

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Américo Tesoriere

Nella vita avrebbe potuto essere un poeta, uno scrittore. Il suo animo sensibile lo portò in effetti a prendere foglio e penna in mano, ma questo giunto ai trent’anni, quando improvvisamente concluse una carriera, quella del portiere di calcio, che lo aveva portato alle più alte vette e che gli ha regalato memoria eterna.

Il suo nome era Américo Tesoriere, ed è stato il più grande portiere di sempre in Argentina.

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Toni Turek, “Dio del calcio” e eroe della rinascita tedesca

13 luglio 2014, stadio “Maracanà” di Rio de Janeiro. La Germania sconfigge l’Argentina e si laurea campione del mondo.

È la vittoria di un movimento che già da anni domina nel calcio continentale, a sua volta espressione di un’economia fiorente leader nel mondo.

È la vittoria di un gruppo, nel quale però se si vuole trovare un protagonista lo si deve individuare nel portiere Manuel Neuer, assolutamente determinante durante tutto il torneo e che non a caso a fine anno arriverà a giocarsi la vittoria del Pallone d’Oro.

Si, ma quando è iniziato tutto questo?

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Panajot Pano, il più grande calciatore albanese di tutti i tempi

Il più grande calciatore albanese di tutti i tempi è unanimamente considerato la mezzala Panajot Pano, maestro di tecnica e in patria considerato un campione unico, capace di rivaleggiare persino con Pelé e Maradona.

Nato nel 1939 a Durazzo e di origini greche, Pano cominciò nelle giovanili dell’SK Tirana come portiere, ma ben presto scoprì di trovarsi molto più a suo agio nella parte opposta del campo diventano una mezzala tecnicamente dotata e capace sotto porta.

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2 luglio 1916: storia della prima Copa Amèrica

Il 4 luglio 2015 il Cile, superando in finale ai rigori l’Argentina, ha conquistato la 44^ edizione ufficiale della Copa América, il trofeo che indica quale sia la Nazionale più forte di tutto il Sud America.

Questa manifestazione compirà il secolo di storia il prossimo anno, ed è quindi il trofeo calcistico per rappresentative nazionali più antico al mondo. La prima edizione si svolse in Argentina, dal 6 al 17 luglio del 1916, e vide la partecipazione delle quattro nazionali allora esistenti.

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Amilcar, Bolívar e Carlos: i fratelli Céspedes

Vere e proprie leggende degli albori del calcio in Uruguay, i fratelli Céspedes furono campioni leggendari, i primi calciatori che riuscirono a far parlare di se nel proprio Paese. Si diceva che fossero talmente forti da poter vincere qualsiasi partita, contro qualsiasi avversario, con qualsiasi compagno di squadra. 

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“Fratello Walfrid”

I Celtic di Glasgow sono una delle squadre più note, antiche e vincenti della storia del football: oltre ad aver conquistato 46 volte il campionato scozzese e 36 volte la coppa nazionale, i Bhoys hanno raggiunto due volte la finale della Coppa dei Campioni, trionfando nell’edizione 1966-1967, quando la squadra – composta interamente da calciatori nati a Glasgow e dintorni – superò l’Inter di Helenio Herrera a Lisbona, impresa che valse ai protagonisti il soprannome di Lisbon Lions.

Tutto era nato quasi un secolo prima per merito di un prete, che impresse per sempre il suo credo nell’anima della squadra, la parte cattolica di Glasgow: il suo nome era Andrew Kerins, ma passò alla storia come “Fratello Walfrid”.

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“El Trinche” Carlovich, storia del campione che non volle essere Maradona

“El Trinche Carlovich fu uno di quei ragazzi di quartiere che, da quando sono nati, hanno come unico giocattolo la palla. Tra lui e la palla c’era un rapporto molto forte.

La tecnica che aveva lo rendeva un giocatore completamente differente. Era impressionante vederlo accarezzare la palla, giocare, dribblare. Certamente durante la sua carriera non trovò risorse fisiche che si abbinassero a tutte le qualità tecniche che aveva.

Inoltre, sfortunatamente, nemmeno ebbe qualcuno che lo guidasse o comprendesse.”

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Konrad Koch, “Herr Fußball”, il padre del calcio tedesco

Che il calcio tedesco sia tra i migliori – se non il migliore – del mondo non lo dice soltanto il fatto che nell’estate del 2014, durante l’ultima edizione dei Mondiali, la Germania abbia alzato la coppa destinata ai vincitori. Lo dicono anche gli altri tre titoli Mondiali e i tre Campionati Europei conquistati in precedenza, oltre che le numerose finali raggiunte.

Dal 1954, l’anno del famoso “Miracolo di Berna”, i teutonici sono i veri maestri del calcio, come testimoniato dal famoso bomber inglese Gary Lineker, che una volta disse che “il calcio è un gioco che si gioca undici contro undici con un pallone, e poi vincono i tedeschi“. Eppure tutto questo forse non sarebbe stato possibile se un uomo illuminato, verso la fine del 1800, non avesse portato il football in Germania, aiutandolo a sbocciare nonostante numerosi ostracismi fino a farlo diventare Fußball.

Il suo nome era Wilhelm Carl Johan Konrad Koch.

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Milutin Ivković, l’eroe serbo che diede un calcio al Nazismo

6 maggio del 1943. Quando scese in campo per l’ultima partita, per far contenti gli amici, non poteva sapere che la fine era dietro l’angolo: appena due settimane dopo quell’ultima gara, Milutin Ivković sarebbe morto fucilato dai nazisti che avevano invaso il suo Paese, lasciando dietro di se una leggenda.

Era stato tra quei calciatori che avevano partecipato alla prima edizione della Coppa del Mondo, era uno dei migliori difensori d’Europa dell’epoca ed era – prima di tutto – un vero serbo, un patriota.

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L’incredibile storia del “gol illuminato”

Il calcio, si sa, è anche magia. Soprattutto in Sudamerica, la terra delle leggende, di Abdón Porte suicidatosi per troppo amore per il Nacional, di Sócrates e della “Democracia Corinthiana”, di Carlos Caszely e della sua ribellione a Pinochet, di Garrincha – “l’angelo dalle gambe storte” – e di moltissimi altri campioni.

Tra questi, un posto nell’immortalità lo merita anche Elias Figueroa, favoloso difensore cileno attivo tra la fine degli anni  ’60 e i primi anni ’80 e capace, nel 1975, di segnare uno dei goal più leggendari nella storia di questo sport: “El gol illuminado”, il gol illuminato.

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