Il 3 dicembre 2011 è una data da ricordare nella storia dell’Empoli, club che rappresenta un piccolo comune in provincia di Firenze e nella storia del calcio italiano ha già scritto alcune pagine molto interessanti. Nella sfida con l’Ascoli valida per il campionato di Serie B, dopo appena 4 minuti di gioco, Francesco Tavano porta in vantaggio i toscani e diventa il nuovo miglior marcatore all time del club. Prende il posto di Carlo Castellani, a cui è intitolato proprio lo stadio di Empoli.
Niente però potrà cancellare il ricordo di chi sia stato quest’ultimo per tutta la comunità empolese. Tra i primi calciatori toscani di rilievo, Castellani era stato in assoluto il primo eroe calcistico di Empoli, e al termine della carriera si era prodigato per salvare il club in crisi economica prima di trovare una tragica fine nell’inferno del campo di sterminio di Mauthausen.
Carlo Castellani, stella dell’Empoli
Nato il 15 gennaio 1909 a Fibbiana, frazione del comune di Montelupo Fiorentino in provincia di Firenze, Carlo Castellani era poco più di un bambino quando l’Empoli aveva visto la luce nel 1920. Due squadre locali, il Foot Ball Club Empoli e l’Unione Sportiva Empolese, dopo essersi sfidate nelle prime gare cittadine avevano deciso di unire le forze per partire, anche a causa di limitate risorse economiche, dai gradini più bassi di un calcio italiano ancora in fase di definizione.
Talentuoso fin da giovanissimo, Castellani era entrato nel club a soli 17 anni, nel 1926. Rapido, bravo nel trattare il pallone, era soprattutto in possesso di una qualità fondamentale: saper spedire il pallone in fondo alla rete avversaria. Capace di giostrare su tutto il fronte offensivo, inoltre, era abile nel dettare la manovra e fin da subito si era imposto come un vero e proprio leader tecnico del neonato club.
Un talento naturale
Nella stagione d’esordio aveva siglato 16 gol in 18 partite, score che aveva contribuito in modo determinante alla promozione della squadra dalla Terza alla Seconda Divisione Toscana. Quindi, dopo una stagione di assestamento, si era ripetuto timbrando il cartellino 22 volte in altrettante presenze. Grazie al suo determinante contributo l’Empoli aveva così raggiunto una nuova promozione, equivalente, in un calcio che cambiava costantemente ordinamento, al terzo gradino nazionale.
Il “padrone del calcio” dell’epoca era il gerarca fascista Leandro Arpinati: era infatti iniziato da poco “il Ventennio, e intorno al 1930 la situazione economica del Paese non era delle migliori. La crisi aveva colpito soprattutto le piccole realtà come Fibbiana, luogo in cui risiedeva la famiglia Castellani, che però in qualche modo aveva retto il colpo.
Momenti di gloria
Non erano problemi a cui pensava Carlo, che poco più che 20enne pensava solo al calcio dove si distingueva con sempre maggior merito. Definitivamente inquadrato come interno offensivo, aveva contribuito al 10° posto finale (su 15 squadre partecipanti) che l’Empoli aveva conseguito nel girone A della Prima Divisione firmando 6 dei 30 gol complessivi messi a segno dalla squadra.
Prestazioni così convincenti da smuovere l’interesse delle squadre che contavano nel circondario. Non la Fiorentina, impegnata in quegli anni a imporsi ancora come realtà, ma addirittura una squadra di Serie A, il Livorno guidato dall’ungherese Vilmos Rady.
Nel campionato 1930/1931 disputato con la maglia labronica Carlo Castellani era diventato il primo giocatore cresciuto nell’Empoli a giocare in Serie A, ben disimpegnandosi nonostante la squadra fosse ormai in fase discendente da alcune stagioni. Alla fine il Livorno era retrocesso, non senza polemiche a causa di una sospetta vittoria dei rivali diretti del Casale sul Milan all’ultima giornata.
Sceso in B il talento di Fibbiana non aveva più ripetuto le belle prestazioni di un tempo, confermando di essere in fase calante anche nel successivo passaggio incolore al Viareggio. Ad appena 25 anni era iniziato un precoce declino, che aveva avuto come conseguenza il ritorno a casa, a Empoli e all’Empoli.
Ritorno a casa
Respirare l’aria dove era cresciuto si era rivelato un toccasana. Davanti a un pubblico che lo venerava, Castellani si era ritrovato in una dimensione più adatta alle proprie qualità. Non avrebbe più cambiato maglia, restando fino alla soglia dei 30 anni per altre 5 stagioni tra Serie C e Prima Divisione Toscana.
Quando appese gli scarpini al chiodo, l’Empoli aveva cambiato già due volte denominazione, passando da “Associazione Sportiva Fascista Empoli” a “Dopolavoro Empolese” e infine a “Dopolavoro Interaziendale Italo Gambacciani Sezione Calcio”. Afflitto da problemi economici, il club era in una situazione sempre più difficile da cui non sembrava esistesse via d’uscita.
Il campione tradito
In quei difficili anni il calcio a Empoli riuscì a sopravvivere anche grazie alla generosità della famiglia Castellani, che di volta in volta donò al club il denaro necessario per tirare avanti. Un gesto di cuore, che in molti in città apprezzarono molto.
A Fibbiana la vita scorreva a una velocità diversa rispetto alle grandi città, ma anche qui si discuteva delle scelte del Governo, di Mussolini, della guerra. Anche qui le divisioni politiche erano accese, tra chi era a favore del Duce e chi non aveva problemi a criticarlo. Tra questi ultimi anche David Castellani, il papà di Carlo, che un giorno al mercato aveva avuto un forte diverbio con un gerarca locale.
Pochi mesi più tardi, il 3 marzo 1944, mentre gli Alleati avanzavano dal sud Italia il CLN (Comitato di Liberazione Nazionale) aveva indetto uno sciopero dei lavoratori. Questo aveva danneggiato fortemente il Regime, sia economicamente che a livello di immagine. Scioperare, infatti, significava mostrare apertamente la propria insubordinazione al fascismo da parte di un popolo stanco della guerra.
Era un affronto che né Mussolini né chi gli stava intorno poteva sopportare: fu così che nelle notti del 7 o 8 marzo cominciarono i rastrellamenti di chi era anche solo sospettato di avere legami con la Resistenza. A stilare la lista a Fibbiana c’è anche il gerarca che aveva avuto dissidi con David Castellani, e l’occasione di vendicarsi è irrinunciabile.
All’alba dell’8 marzo del 1944 le forze dell’ordine bussano alla porta della famiglia Castellani: cercano il capofamiglia, che però è a letto malato e Carlo, a cui viene detto che si tratta soltanto di dirimere alcune questioni nella locale caserma dei carabinieri, si offre di venire al suo posto per i chiarimenti del caso. Questa è l’ultima volta in cui sarà visto in vita.
Inferno in terra
Chi è stato prelevato viene infatti portato immediatamente a Firenze. Da lì, dopo un viaggio che dura tre giorni e tre notti su un treno bestiame, arriva in Austria, nel terribile Campo di Concentramento di Mauthausen-Gusen. Forse il peggiore tra i lager nazisti, se è poi possibile stilare una triste classifica. Certamente un vero e proprio inferno in Terra per chi vi è recluso.
Nel freddo, sotto il crudele controllo dei propri carcerieri, gli internati devono trasportare ogni giorno pesanti carichi di pietre attraverso un percorso che passerà alla storia come “la scala della morte” e che lo scrittore francese Christian Bernadac ha così descritto:
“Tra l’ingresso del campo e i primi gradini della cava c’era una discesa assai ripida. Questa, in inverno, era spaventosa perché il terreno gelato assomigliava a una pista di pattinaggio e le suole di legno degli zoccoli, sul ghiaccio, sembravano làmine di pattini.
Le numerose scivolate erano drammatiche poiché, nella confusione generale, alcuni perdevano l’equilibrio e cadevano verso sinistra, cioè verso il precipizio, e la voragine della cava li inghiottiva dopo una caduta verticale di cinquanta o sessanta metri; invece, quelli che partivano in scivolata verso destra, oltrepassavano la zona proibita e i tiratori scelti aprivano il fuoco su quei fuggiaschi.” [1]
Per sempre nella memoria
Un vero e proprio martirio, come purtroppo la storia testimonierà: chi entra a Mauthausen non dura che qualche mese, e anche un uomo tenace e forte come Carlo Castellani non può fare eccezione. Colpito da un attacco di dissenteria, muore dopo atroci dolori l’11 agosto del 1944, entrando nella triste lista dei campioni di calcio uccisi dall’Olocausto.
Lascia così questo mondo il primo grande campione del calcio empolese, e logica vuole che quando si deve decidere a chi intestare lo stadio cittadino l’Empoli non abbia alcun dubbio. L’impianto si chiamerà “Carlo Castellani”, e sarà dedicato alla memoria di un grande campione e un grande uomo, che l’orrore del nazifascismo non è riuscito a cancellare dalla memoria dei tanti che si sono emozionati di fronte alle sue gesta calcistiche.
Carlo Castellani
- Nato a: Montelupo Fiorentino (Italia) il 15 gennaio 1909
- Morto a: Mauthausen (Austria) l’11 agosto 1944
- Ruolo: attaccante
- Squadre di club: Empoli, Livorno, Viareggio
- Trofei conquistati: Serie B 1932/1933
NOTE:
[1] – “I 186 gradini – Mauthausen”, pag. 10
FONTE:
- Ricci, Dario (08/03/20015) “Storia del bomber che morì a Mauthausen: Carlo Castellani”, Olympia: Miti e verità dello sport (Radio 24)