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Ronnie O’Brien, “l’Uomo del Secolo” che vestì la maglia della Juventus

Agosto 1999, mancano meno di sei mesi alla fine di un anno che non sarà proprio come tutti gli altri anni. Il 31 dicembre arriverà infatti il 2000, si entrerà nel XXI° Secolo, e la prestigiosa rivista “TIME” lancia un sondaggio sul proprio sito internet: chi è stato il personaggio del secolo?

La lotta può essere molto interessante, ma a sorpresa, dopo poche settimane, c’è un nome che mette in fila tutti, Winston Churchill e Marthin Luther King, Ghandi e Che Guevara. È un irlandese di appena vent’anni, che oggi, sedici anni dopo, conduce una vita quasi anonima allenando i ragazzi del FC Dallas in America.

Il suo nome è Ronnie O’Brien. Cosa ha fatto per meritare tale onore?

In breve tempo l’arcano è svelato: gli appassionati di calcio di tutto il mondo, quei mattacchioni, hanno utilizzato il nome di questo calciatore per ridicolizzare lo stesso sondaggio, come per voler sottolineare che certe decisioni non possono essere certo prese dalla massa.

“TIME” capisce la lezione a metà, annunciando semplicemente che “i candidati bizzarri non saranno conteggiati” e così toglie il titolo di “Personalità del Secolo” al buon Ronnie, che già un po’ se lo sentiva in tasca: per la cronaca vincerà un certo Albert Einstein.

Ma chi è questo ragazzo? Un centrocampista nato a Bray, in Irlanda, e che si è messo in mostra più con la propria Nazionale giovanile che con il suo club: così mentre nel 1998 è stato – insieme a future stelle del calcio mondiale come Damien Duff e Robbie Keane – uno degli elementi-cardine dell’Irlanda Under-16 Campione d’Europa di categoria.

Talento o bluff?

In finale ha sconfitto l’Italia di Samuele Dalla Bona e Simone Pelanti, il primo spentosi presto e il secondo finito nel dimenticatoio del calcio minore toscano. Al Middlesbrough dove è cresciuto è stato completamente ignorato dal manager Bryan Robson, che non solo non lo ha mai fatto esordire in prima squadra, ma ha lasciato anche che il suo contratto finisse senza rinnovarlo.

Ed eccoci così nell’estate del 1999: O’Brien, vent’anni e ancora nessuna esperienza nel calcio che conta, firma per la Juventus. La cosa fa notizia, ovviamente, e oltre al già raccontato episodio del “TIME” – che non a caso avviene circa un mese dopo – sono in molti a domandarsi perché una delle squadre più forti e rinomate al mondo si sia gettata su uno scarto del Middlesbrough.

La risposta si conoscerà solo diversi anni dopo: l’agente che la Juventus aveva ai tempi in Inghilterra, Steve Kutner, è anche l’agente del funambolico Paul Merson, campione e icona dell’Arsenal che al “Boro” sta spendendo gli ultimi anni di carriera.

È proprio lui a fare il nome di Ronnie, che viene visionato – piuttosto frettolosamente? – dalla Juventus in videocassetta e quindi preso sulla fiducia: i bianconeri sono allettati dalla giovane età del ragazzo e dal fatto che sia a costo zero, ma la mossa lascia comunque tutti sorpresi.

Un’estate da ricordare

Il primo è proprio Bryan Robson, che dopo tanti anni di calcio non ci sta a passare per quello che non è stato capace di vedere un talento pur avendolo avuto sotto gli occhi ogni giorno per anni: “Ronnie non è abbastanza bravo”, dice, mostrando di non rimpiangerne la partenza. Sarà buon profeta.

Intanto O’Brien raggiunge la Juventus in ritiro a Chatillon: il ragazzo che ancora deve giocare “con i grandi” e che appena quattro anni prima rimetteva a posto gli scaffali in un supermercato irlandese si ritrova in camera con Antonio Conte, l’attuale CT dell’Italia, e si allena con giocatori del calibro di Zinedine Zidane, Edgar Davids, Alessandro Del Piero e Filippo Inzaghi.

Fa anche in tempo a partecipare alla foto di rito della rosa per la stagione, apparendo tra Zidane e Ferrara, e poi ecco addirittura l’esordio con la prestigiosa casacca bianconera, terzo irlandese di sempre dopo il pioniere Matts Kunding e il leggendario Liam Brady.

Un assaggio di bianconero

Il 4 agosto la Juventus affronta i russi del Rostsel’maš (oggi Rostov) nella gara di ritorno valida per l’accesso alla finale dell’Intertoto: O’Brien entra al posto di Mirkovic al 77° minuto, un istante dopo che Del Piero ha portato la gara sul 5-1 (preceduto da una tripletta di uno scatenato Inzaghi) e dopo che già la gara di andata aveva visto i bianconeri imporsi per 4-0 in Russia.

Si gioca al “Dino Manuzzi” di Cesena, e quei quindici minuti scarsi resteranno gli unici che il buon Ronnie giocherà con la Juventus. Ben presto infatti si scoprirà che Robson ci aveva visto giusto: il ragazzo non è davvero niente di speciale, un onesto mestierante che farebbe fatica anche nella seconda serie inglese, figuriamoci alla Juventus, in un calcio italiano che è stato spietato anche con giocatori di ben altro calibro.

I tre anni di contratto il ragazzo irlandese li passa in prestito tra la Svizzera (Lugano) e la Scozia (Dundee United) con puntate anche nelle serie minori italiane con Crotone e Lecco, senza mai lasciare il segno, sia per tutta una serie di infortuni che evidenziano un fisico non adatto ai livelli del calcio professionistico sia per una qualità tecnica certo non eccellente: il massimo sono 8 presenze nel Lecco che in Serie C1 si piazza al 12° posto nel 2000-2001.

In America in cerca di fortuna

Nell’estate del 2002, mentre il mondo guarda in Giappone e Corea del Sud per i Mondiali di calcio, O’Brien firma per i Dallas Burn, team di una Major League Soccer americana ancora ben lontana dai fasti di oggi.

In una compagine mediocre si mette in mostra come uno dei migliori, ma l’anno successivo un intervento scomposto di Kovalenko del DC United gli causa la frattura della tibia e l’ennesimo stop di una carriera che per cominciare davvero, finalmente, deve attendere dunque il 2004: Ronnie ha 25 anni e finalmente si esprime su buoni livelli, diventando un idolo dei tifosi e finendo anche nella ‘squadra ideale’ del campionato.

Dissidi con l’allenatore Colin Clarke lo porteranno poi a chiudere poi dividendosi tra Toronto e San José, prima di ritirarsi neanche trentenne per degli ennesimi acciacchi con cui, evidentemente, è stanco di convivere.

E adesso?

Adesso O’Brien è tornato nella sua amata Dallas, la sola città dove è stato davvero protagonista, e allena i giovani del club per cui è stato un idolo. I tempi della Juventus sono ormai lontani, dimenticati: un sogno, una suggestione, la stessa che rischiò di vederlo nominato “Personalità del Secolo”.

Ronnie è contento così, della sua vita piuttosto anonima che si divide tra il campo d’allenamento e le partite dei Dallas Texas Rangers, la sua squadra di baseball del cuore. In fondo, per essere felici, non bisogna per forza aver scritto la storia.


Tempi supplementari:

kunding

Matthew “Matts” Kunding è stato uno dei primi calciatori irlandesi a giocare da professionista fuori dalle “Home Nations” britanniche, e il primo a farlo in Italia aprendo poi la strada a giocatori come Paddy Sloan e Liam Brady.

Mediano, la sua carriera si svolse unicamente nel nostro Paese: dopo un quarto posto conquistato con il Torino nella stagione 1909/1910, nella successiva passò ai rivali della Juventus ma non trovò fortuna.

Dopo alcune gare convincenti, come in occasione di un 2-0 rifilato all’Andrea Doria, incappò in alcune prestazioni negative che limitarono ad appena 5 le sue presenze in quella che di fatto sarebbe stata la sua ultima stagione da footballer.

Quella Juventus, nel campionato 1910/1911, si sarebbe piazzata ultima in classifica, evitando la retrocessione soltanto in seguito a una delle numerose riforme che sconvolsero il nostro calcio in quei tempi pionieristici. Nessuno sentì più parlare di Matthew “Matts” Kunding.

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