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L’ultimo Ultras: recensione

Luca Vanni, capo-ultras dell’immaginaria squadra della Gladio di Roma, in uno scontro con tifosi rivali uccide in maniera fortuita un ragazzo. Sconvolto e ricercato dalla polizia, fugge nel nord Italia dove sopravvive in un albergo mantenendosi con le scommesse sui cavalli dopo aver cambiato identità, in attesa che le acque si calmino.

Proprio all’agenzia di scommesse conosce e si innamora di una commessa, Marina, ed entra in conflitto con un malavitoso locale, Bruno, interpretato dal vero capo dei tifosi del Milan Giancarlo Lombardi. Le cose precipitano quando quest’ultimo scopre il passato di Luca…

L’Ultimo Ultras, recensione e analisi

Nonostante non manchino alcuni spunti interessanti questa pellicola, potenzialmente interessante, non riesce certo a spiccare né come opera a sé stante né se inquadrata nella nicchia, tutt’altro che florida in Italia e nel mondo, dei film sul calcio. Certo nel giudicare “L’Ultimo Ultras” la recensione deve tenere conto del fatto che si tratta di un prodotto evidentemente a basso budget, giustificazione però che non basta a garantirgli la sufficienza.

Se infatti è comprensibile non attendersi scene altamente spettacolari, i problemi principali risiedono in una recitazione che poteva essere migliore e in una trama piuttosto scontata e prevedibile. Le riflessioni sulla “vita da ultras”, e su cosa significhi essere parte di questo movimento, si perdono infatti in un risultato finale abbastanza approssimativo. I dialoghi sono rivedibili, la storia a tratti inverosimile.

Quello che sembrerebbe dover essere il messaggio principale viene inoltre spesso accantonato per seguire le evoluzioni del protagonista. La storia d’amore appare poco approfondita, la colonna sonora non spicca a parte che per la canzone presente nei titoli di coda. L’impegno di Calvagna, protagonista e regista, è evidente, ma insieme alla partecipazione di Mauro Meconi (Fierolocchio nella fiction “Romanzo Criminale”) e la presenza dell’ex Pallone d’Oro Andriy Shevchenko non portano comunque a un risultato finale soddisfacente.

Alcuni buoni spunti ma risultato insufficiente

Insomma un film difficile da digerire anche per chi è interessato all’argomento, e in cui difficilmente si trovano risposte convincenti o opinioni che vadano al di là dello scontato. Il mondo degli ultras è descritto in maniera banale e semplicistica, e questi ben poco tratteggiati: per fare un esempio il personaggio principale, in un dialogo con il padre, attribuisce l’origine della sua vita violenta a tutta la violenza vista negli stadi da ragazzo, come se il calcio, lo stadio, l’essere ultras fosse solo questo.

Una violenza spesso senza senso che sembra presa in prestito da “Green Street Hooligan”, di cui però il film non ha minimamente la spettacolarità ed il realismo delle riprese né quella sorta di morale che c’era nello splendido “Hooligans” anglo-tedesco del 1995 girato da Philip Davis, probabilmente il migliore di sempre su questo tema.

Alla fine “L’Ultimo Ultras” si rivela una fin troppo classica storia di peccato e redenzione, con protagonista un uomo che finisce per ritrovarsi coinvolto in un gioco più grande di lui. Il mondo del tifo organizzato resta quasi sullo sfondo, e spesso si ha la sensazione che c’entri poco nonostante titolo e tema. La sensazione finale, dunque, è quella di un’occasione mancata.

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