sabato, Luglio 27, 2024
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In campo per la vittoria: recensione del film

In vista degli imminenti Campionati del Mondo di calcio del 1950, i primi dopo la fine della seconda guerra mondiale, gli Stati Uniti si trovano a dover approntare una squadra che possa fare bella figura pur in mancanza di un vero e proprio campionato professionistico.

Il giornalista e appassionato Dent McSkimming racconta di come l’allenatore William Jeffrey costruirà una squadra, unendo varie etnie e modi diversi di giocare, e di come questa affronterà la storica partita contro l’Inghilterra, che per la prima volta esce dal suo superbo isolamento per sfidare i “comuni mortali”.

“In campo per la vittoria”, la storia del Miracle on the grass

Pur presentando numerose inesattezze storiche, utili per romanzare una pagina importantissima della storia del calcio, il film di David Anspaugh descrive in maniera ottimale quella che era la situazione del calcio in America nell’immediato dopoguerra, con numerosi immigrati ormai diventati cittadini americani che stentavano a imporre questo sport nella terra del football e della pallacanestro.

La regia è semplice ed essenziale, così come la storia, che in fondo è la solita classica storia americana di individui diversi tra loro che alla fine si fondono sotto la bandiera a stelle e strisce ma che è indubbiamente funzionale all’impresa che gli Stati Uniti realizzarono ai Mondiali di Brasile ’50.

Cast di stelle

Nel cast spicca la presenza di Gerard Butler (Leonida in “300”) nei panni del portiere Frank Borghi e quella di Costas Mandylor (il detective Hoffman della celebre saga horror-thriller di “Saw L’Enigmista”) in quelli di Charlie “Guanti” Colombo, arcigno difensore dai metodi spicci: quest’ultimo ha tra l’altro un passato di giocatore semi-professionista.

Altre presenze di spicco nella pellicola sono quelle di Gavin Rossdale (frontman dei Bush), Wes Bentley (“American Beauty”, “Le 4 piume”) e Jimmy Jean-Louis (l’haitiano di “Heroes”) che interpretano rispettivamente il campione inglese Stanley Mortensen, il centrocampista americano Walter Bahr e l’attaccante di Haiti Joe Gaetjens, la cui storia è leggendaria e ho raccontato QUI.

Possiamo dividere il film in tre parti: la prima e più corposa racconta chi sono quelli che diventeranno i nazionali americani e di come vengono reclutati, la seconda della creazione dell’unità di squadra durante il ritiro pre-Mondiale. La terza, infine, è in pratica la rappresentazione dell’intera partita tra gli Stati Uniti e l’Inghilterra.

Una bella storia raccontata bene

La storia scorre molto bene, e la partita (l’unica delle tre giocate dagli USA in quel Mondiale, senza dubbio la più significativa) è resa molto bene con giocate convincenti e l’abbigliamento dell’epoca. Può sembrare molto romanzata, ma effettivamente è più o meno così che andò, e va dato merito al regista di avere realizzato un opera tutto sommato convincente, pur se intrisa di retorica, su quello che fu uno shock per il mondo del calcio dell’epoca.

Peccato per l’assenza di approfondimenti su quello che fu il Mondiale nel complesso, ma pare una scelta dovuta per non togliere epicità a quello che il film vuole raccontare, ovvero la singola partita tra i dilettanti americani ed i maestri inglesi.

Si poteva dedicare qualche minuto in coda, volendo, al destino di Gaetjens, ma ancora si può giustificare il tutto considerando che probabilmente non era intento del regista realizzare un film-documentario, ma un semplice racconto di epica sportiva.

Tentativo riuscito, dunque: il film è scorrevole, semplice ma piacevole, ben fatto e racconta un episodio che qualunque appassionato di calcio avrà piacere di conoscere o di riscoprire. Molto consigliato.

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Simone Cola
Simone Colahttps://www.uomonelpallone.it
Amante del calcio in ogni sua forma e degli uomini che hanno contribuito a scriverne la leggenda

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