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Hughie Gallacher, leggenda e tragedia

Chi era mai quel piccolo uomo di mezza età che, da almeno un’ora, percorreva avanti e indietro la banchina della stazione ferroviaria di Gateshead? Erano ben pochi i presenti che se lo domandavano: nonostante avesse appeso gli scarpini al chiodo da almeno vent’anni, tutti in città sapevano chi fosse Hughie Gallacher, il grande centravanti del Newcastle e della Scozia.

Il mago dell’area di rigore, capace di sbattere la palla in fondo al sacco in qualsiasi modo e contro qualunque avversario. Quello che una volta era stato il più grande centravanti del Tyneside piangeva e imprecava, lo sguardo perso nel vuoto e le orecchie sorde ai saluti dei presenti. Da tempo le cose non andavano più bene, del resto.

Da quando, terminata la gloria dei campi di gioco, come molti altri eroi del suo tempo si era ritrovato dall’altare alla polvere nel giro di un attimo.Il football, che tanto gli aveva dato nei suoi anni migliori, esigeva sempre nuovi eroi, e non c’era proprio modo che si fermasse ad onorare chi un tempo aveva scaldato i cuori dei tifosi e adesso, per sopraggiunti limiti di età, non ne era più capace.

Un campione dimenticato

Hughie Gallacher si era così ritrovato fuori dall’unico mondo che aveva conosciuto fin da ragazzo, da quando dalla natia Scozia si era fatto largo a suon di gol fino a Newcastle, dov’era diventato prima uomo e successivamente Re. Si era adattato a fare numerosi quanto poco nobili lavori, contrappasso voluto dal fato per non aver saputo amministrare i propri ingenti guadagni quando, nel pieno delle forze, gonfiava ripetutamente le reti avversarie.

Una vita decente, serena, con il conforto dei tanti che in città lo riconoscevano e, magari, gli offrivano da bere in onore dei bei vecchi tempi. Ma poi la moglie era morta, e Hughie l’aveva fatalmente sostituita con l’alcol. Era sopraggiunta la depressione, la solitudine. Fino a quella mattina. La stazione di Gateshead. Le lacrime e le imprecazioni.

Chi fu Wee Hughie Gallacher?

Nativo di Bellshill, Lanarkshire Settentrionale, fin da bambino Hughie (al secolo Hugh Kilpatrick Gallacher) era parso indicare a tutti quale sarebbe stato il suo mestiere, la sua passione: il pallone, che prendeva a calci già quando aveva appena due anni e che aveva continuato a prendere a calci crescendo, distinguendosi nelle varie rappresentative scolastiche.

Qui aveva stretto anche una forte amicizia con Alex James, un altro talento smisurato che avrebbe cambiato la storia del calcio inglese quando, una volta divenuto adulto, si sarebbe trasferito all’Arsenal di Herbert Chapman diventando il perno del suo famoso “Sistema”, forse il primo vero centrocampista box-to-box della storia.

A differenza di James, giocatore polivalente e abile in ogni zona del campo, Hughie Gallacher si distingueva come un bomber implacabile, punto di riferimento dei compagni in area di rigore che sopperiva alla scarsa statura con un coraggio senza eguali e una classe sopraffina.

Dico senza alcuna esitazione che è stato il più grande centravanti che i miei occhi abbiano mai visto. Hughie Gallacher era un genio del calcio.

Stan Seymour, compagno di squadra al Newcastle

Una macchina da reti

Centravanti nato, come detto ovviava alle misure assai ridotte (era alto poco più di 160 centimetri, da cui il soprannome Wee) con una rapidità di gambe e di pensiero fuori dal comune, cui abbinava una combattività senza pari e, soprattutto, un tiro di prima letale, forte e preciso.

hughie gallacher highbury

Se il talento lo avrebbe comunque portato lontano, il destino decise di accelerare i tempi quando Hughie aveva appena 17 anni. Recatosi ad una partita giovanile tra i locali del Bellshill Athletic e il St. Mirren, gli fu chiesto di scendere in campo in quanto la squadra di casa si trovava con un uomo in meno.

Giocò, segnò e così trovò la sua prima squadra, una compagine modesta che sarebbe stata lasciata nel giro di un amen quando, dopo una partita con la Nazionale giovanile, fu avvicinato dal segretario del Queen of the South. Stavolta si parlava di un club professionistico.

Si trattava di un’occasione da non perdere, e non solo Gallacher non se la fece sfuggire, ma mostrò presto a tutti di che pasta era fatto: alla prima amichevole, indossando la divisa delle giovanili, segnò 4 reti. E appena vestì la maglia della prima squadra ne siglò ben 5, distruggendo praticamente da solo il Dumbarton.

Un centravanti inarrestabile

Chissà se in quella mattina dell’11 giugno 1957, nella mente confusa di Hughie Gallacher, riaffiorarono quelle immagini. Le prime strette di mano, i primi autografi, i primi boati di una folla che era diventata ben più numerosa quando, dopo appena 9 partite e ben 19 gol messi a referto, aveva svestito la maglia del Queen of the South per indossare quella, ai tempi più prestigiosa, degli Airdrieonians.

Qui aveva trovato il calcio professionistico vero e proprio, la massima divisione nazionale, e si era distinto trascinando la squadra tra le vette del calcio scozzese. Erano arrivati tre secondi posti consecutivi dietro i già allora quasi imbattibili Rangers, una Scottish Cup (unico trofeo vinto dai Diamonds di Dumfries) e le prime partite con la maglia della Scozia.

Era stato il suo animo combattivo, unito all’impressionante frequenza con cui il suo nome compariva nel tabellino dei marcatori, che gli aveva permesso di entrare nel cuore di quei tifosi che, quando fu chiaro che Gallacher avrebbe potuto ambire a palcoscenici ancora più grandi, minacciarono la società di dare fuoco allo stadio in caso di sua cessione.

Nonostante le minacce, però, nessuna tribuna bruciò. E l’inevitabile addio si concretizzò nel dicembre del 1925, quando il Newcastle United pagò l’ingente somma di 6.500 sterline per ingaggiare quel centravanti che, con la maglia degli Airdrieonians, aveva segnato la bellezza di 100 gol in appena 129 gare. L’8 dicembre del 1925 Hughie Gallacher, 23 anni da compiere, si trasferiva in Inghilterra: vi sarebbe rimasto fino alla morte.

Campione senza paura

Tanto era frequente la vista dei suoi calzettoni sporchi di sangue da parte dei compagni, conseguenza dell’ancora più dura marcatura dei difensori nel durissimo campionato inglese, tanto più frequente era l’ululato di gioia dei tifosi quando Gallacher, coraggioso centravanti tascabile, riusciva a superare i giganteschi difensori avversari per gonfiare implacabilmente la rete.

“Era davvero un grande centravanti. Aveva un notevole controllo di palla ed era brillante anche senza. Era in grado di leggere perfettamente i movimenti di compagni e avversari e sapeva sempre dove andare. Ha subito un’enorme quantità di falli, ma non si è mai sottratto ad un solo contrasto. Giocatori come Hughie Gallacher appaiono solo una volta in una generazione.”

Tommy Lawton

Appena sbarcato in Inghilterra segnò due gol contro l’Everton dell’immenso Dixie Dean, quindi continuò a firmare il tabellino dei marcatori al punto che in sola mezza stagione fu il miglior marcatore della squadra: 23 gol in sole 19 partite, un’impresa che gli valse, giovanissimo, la fascia di capitano dei Magpies.

La forza di questo straordinario centravanti era, più che nell’innato fiuto per il gol, nella sua debordante personalità. Imitando la voce dei difensori era capace di ingannare i portieri in uscita e beffarli di testa così come, sui calci d’angolo, di trattenerli ben piantati a terra piantando il proprio piede sopra il loro. Era inoltre un vero leader, ispirava i compagni, li trascinava nei momenti più difficili con quel carisma innato che gli aveva permesso di affrontare sempre a testa alta uomini più alti, grossi ed esperti di lui.

Hughie Gallacher

La stella del Tyneside

A Newcastle, nel Tyneside, Hughie Gallacher aveva trovato la sua patria adottiva. Qui sarebbe stato il re del football cittadino per cinque stagioni, segnando la bellezza di 143 gol in 174 partite e conquistando la vittoria della First Division (all’epoca massima serie inglese) nella stagione 1926/1927, la sua prima da capitano e conclusa con l’impressionante score di 38 partite giocate e 36 gol realizzati, tra cui quello decisivo per sconfiggere nelle battute finali del torneo i diretti inseguitori del Sunderland.

Da allora è passato quasi un secolo, e forse non è un caso che pur avendo potuto vantare altri grandi centravanti (come Jackie Milburn o Alan Shearer) i Magpies non siano stati più capaci di ripetersi. Nei dintorni di Newcastle sarebbe tornato nel 1938, per chiudere nel Gateshead, a 35 anni, una carriera che dopo i fasti in bianconero lo aveva visto trasferirsi nell’ambizioso Chelsea. Trofei non ne erano arrivati più, ma gol ovviamente si. Ancora tantissimi.

Nelle sue quattro stagioni ai Blues Gallacher era stato ogni stagione il capocannoniere della squadra, giostrando in attacco insieme allo sfortunato connazionale Alec Jackson. Indubbiamente uno dei migliori calciatori dell’epoca, ma martoriato continuamente da infortuni che avevano lasciato il peso delle fortune del Chelsea unicamente sulle spalle di Hughie.

Così quella che sarebbe potuta essere una bella storia si era rivelata tale solo a metà, e nonostante le ottime prestazioni (81 gol in 144 partite) alla soglia dei trent’anni era stato messo alla porta, a causa di una personalità scomoda per il nuovo manager Knighton e di uno stipendio troppo pesante per le casse di un club che non aveva ancora vinto niente.

Il Re di St. James Park

Dopo Newcastle, Gallacher era tornato a Gateshead, in quel Tyneside che non aveva mai dimenticato nonostante gli anni passati a Londra prima e poi anche al Notts County, al Derby County e al Grimsby Town. Piazze dove aveva continuato a fare il suo dovere di bomber ma dov’era durato appena una stagione, frustrato da compagni che non riteneva alla sua altezza e dagli anni che, inesorabilmente, passavano anche per lui.

I tempi in cui, tornato per la prima volta in città da avversario, il St. James Park aveva fatto registrare il tutto esaurito in un giorno feriale – lasciando fuori dallo stadio almeno 20.000 spettatori delusi e senza biglietto – erano ormai lontani. Nuovi eroi finivano sulle copertine dei maggiori quotidiani nazionali. L’antica quanto inesorabile legge del football, dove un giorno sei un eroe e il giorno dopo, forse, nessuno si ricorderà di te.

Così era giunta la fine della carriera, e il difficile ritorno in un mondo, quello dei comuni mortali, che non era mai stato il suo. Prima vera e propria “star” del football inglese, come solo molti anni dopo sarebbe stato George Best, Gallacher non si era accorto – o forse non si era voluto accorgere – della grande depressione che aveva colpito il Paese.

Mai aveva rinunciato ai vestiti all’ultima moda, mai si era tirato indietro di fronte a un giro di bevute, una bella cena, i lussi che la sua classe gli aveva permesso di guadagnarsi. E la costosa causa di divorzio dalla seconda moglie – la prima era durata giusto i pochi anni giovanili in Scozia – aveva fatto il resto: l’aveva lasciata dopo aver conosciuto Hannah, giovanissima figlia di un locandiere di Newcastle e unico, vero, grande amore della sua vita.

Un tragico declino

Dio tra gli uomini, aveva appeso gli scarpini al chiodo allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, dopo aver giocato 624 partite da professionista e segnato 463 reti, 24 in appena 20 gare con la Scozia di cui oggi è ancora il terzo miglior marcatore di sempre, il primo considerando la media tra le partite giocate e i palloni spediti in fondo al sacco.

Con la Tartan Army era stato tra i Wembley Wizards capaci di battere l’Inghilterra a domicilio con uno storico 1-5 il 31 marzo del 1928. Padre di tre figli, si era dato da fare in numerosi lavori, ma la morte dell’amata Hannah, scomparsa giovanissima per un improvviso infarto, lo aveva gettato nella disperazione.

Il peso di una vita senza più alcuna certezza, dove gli era stato persino impedito l’accesso al St. James Park, lo stadio che una volta era stato il suo regno, del quale aveva le chiavi e che era capace di riempire a piacimento. L’ordine era arrivato proprio dal Newcastle, infuriato per le aspre critiche espresse dall’idolo di un tempo ora diventato opinionista calcistico.

Tutto questo lo aveva trascinato in una spirale di alcol e depressione che aveva raggiunto il suo apice quando una sera, tornato a casa ubriaco, aveva avuto una violenta discussione con il figlio minore Mattie finendo per colpirlo con un posacenere, scagliato in un momento di rabbia e scarsa lucidità.

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Dissidio insanabile

Quella che poteva essere una semplice lite domestica si era presto trasformata in una situazione fuori controllo: un vicino aveva chiamato la polizia, gli agenti avevano bloccato l’ex-campione che era stato immediatamente denunciato per violenza domestica, ogni tentativo di ricomporre la frattura si era rivelato inutile.

L’udienza della corte, chiamata a decidere sulla pena da assegnare ad un padre violento ed alcolista, era stata fissata il 12 giugno del 1957. Da allora Hughie Gallacher, una volta Re di una città che si prostrava ai suoi piedi, aveva cominciato a vagabondare senza meta, abbandonando il lavoro e perdendo ogni forma di lucidità.

Ancora i suoi vecchi tifosi, e i figli di questi a cui i padri avevano raccontato le magie di cui una volta quel piccolo e malandato uomo di mezza età era capace sul campo, avevano cercato di parlargli. Ma sempre senza successo, senza causare in lui alcuna reazione. Hughie Gallacher aveva perduto la voglia di vivere. Neanche avesse potuto vivere cento vite, diceva, sarebbe stato capace di perdonare se stesso per il dolore causato al figlio. Per essersi ridotto così, l’ombra del maestoso campione di un tempo.

Il destino di un ex-campione

La mattina dell’11 giugno del 1957, un giorno prima della data fissata per il suo processo, Hughie Gallacher la trascorre camminando avanti e indietro sulla banchina della stazione di Gateshead, piangendo e prendendo a pugni i binari, perso nei suoi pensieri e ignorando chi intorno a lui cerca di calmarlo e consolarlo. Poi, improvvisamente, alza gli occhi al cielo mentre in lontananza si sente il fischio di un treno in arrivo.

“Perdonatemi”, si dice sussurri a chi gli è intorno. Poi è un attimo: con due rapidi balzi, degni di quelli che un tempo gli permettevano di superare qualsiasi difesa, è in mezzo al binario. Un ultimo, disperato, scatto. L’impatto con il treno in arrivo è inevitabile, il suo corpo dilaniato verrà trovato a un centinaio di metri di distanza, in un punto che è noto ai nativi del posto come Dead Man’s Crossing.

The best centre forward Newcastle ever had

Finisce così la vita di Hugh Kilpatrick Hughie Gallacher, uno dei più grandi attaccanti della storia del calcio inglese, mago di Wembley e stella di Scozia, Newcastle e Chelsea. Un campione straordinario schiacciato dalla sua stessa grandezza, che lo ha fatto sentire a lungo invincibile e poi terribilmente inadeguato in un mondo, quello popolato da chi un tempo poteva solo sperare di avvicinarlo per un autografo, che semplicemente non era il suo.

“Do ye ken Hughie Gallacher the wee scots lad?
The best centre forward Newcastle ever had?
If he doesn’t score a goal then wu’ll put him on the dole,
and wu’ll send him back to Scotland where he came from”*

La sua leggenda è comunque immortale tra i tifosi dei Magpies: Alan Shearer, suo più che degno erede e considerato a lungo uno dei più forti attaccanti al mondo, ha più volte raccontato infatti di quando, dopo aver ricevuto uno dei tanti premi conquistati in carriera a suon di gol, si è sentito dire dal padre “non importa quante reti segnerai, non sarai mai grande come Hughie Gallacher“. Parole che la dicono lunga sul ricordo che questo micidiale centravanti scozzese ha lasciato dalle parti del Tyneside.


SITOGRAFIA:


*Conosci Hughie Gallacher, il piccolo ragazzo scozzese?
Il miglior centravanti che il Newcastle abbia mai avuto?
Se non segna un goal lo metteremo in disoccupazione
e lo spediremo indietro in Scozia da dove è arrivato

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