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Higuaín-Juve, tutto nella norma – Tutto calcio che Cola #08

Dopo quasi due mesi (l’ultimo editoriale risale ai giorni precedenti EURO 2016) torno ad occuparmi di attualità. Lo faccio perché ritengo giusto dire la mia sugli ultimi avvenimenti di calciomercato, stimolato dalle reazioni tutt’altro che comprensibili in cui mi sono imbattuto in rete legate all’affare-Higuaín, senz’altro la più importante operazione estiva della nostra Serie A in entrata – ché in uscita pare certo il ritorno di Pogba al Manchester United per oltre 100 milioni. 

Il primo argentino a trasferirsi per una cifra importantissima fu lo straordinario Bernabé Ferreyra, che nel 1932 lasciò il Tigres per accasarsi all’allora munifico River Plate. Costò l’equivalente di 23,000 sterline inglesi, cifra importantissima soprattutto se consideriamo che il prezzo medio di una casa nel Regno Unito era allora di circa 600 sterline – come ci dice il sito www.thepeoplehistory.com. Soprannominato “La Fiera”, dotato di un tiro dalla potenza leggendaria che spinse il settimanale Critica a mettere in palio un premio al primo portiere che sarebbe riuscito ad affrontarlo senza subire una rete, Ferreyra si trasferì al River a 23 anni e vi restò fino al ritiro avvenuto sette anni dopo, quando le gare giocate con la maglia dei Milionarios erano state 185 e le reti ben 187.

La prima volta che la Juventus fece parlare di se nel mondo per un’operazione legata al calciomercato accadde molti anni dopo il ritiro di Ferreyra. Fu sempre per un argentino, Omar Sivori, prelevato proprio dal River Plate: il costo dell’operazione? 190 milioni di lire, in anni in cui – era il 1957 – la FIAT corrispondeva ai suoi operai circa 30,000 lire mensili, un paragone doveroso quando si parla di costo della vita e costo del pallone finendo spesso per fare retorica da due lire come se davvero il calcio fosse soltanto un gioco.

Ed eccoci al punto del discorso: il calcio non è un gioco. Non solo e non da ieri, ma da quando un’estate del 1883 a Blackburn tale Jack Hunter, uno dei primi calciatori a battersi per uno stipendio, mise insieme un buon numero di finti operai bravi a calciare una sfera e li allenò duramente dal punto di vista fisico e tattico. La squadra si chiamava Blackburn Olympic, ebbe vita breve – ne parlo dettagliatamente qui – ma cambiò per sempre il calcio conquistando la FA Cup a discapito dei ricchi e nobili figli di papà, indispettiti dal fatto che qualcuno proveniente da un livello sociale più basso potesse allenarsi. Da quell’impresa sono passati oltre 130 anni, e chi ancora oggi parla del calcio come di un semplice gioco o vive sulla luna oppure lo fa per bieco quanto volontario qualunquismo. Sappiamo tutti quanto costano i biglietti allo stadio, le magliette, gli abbonamenti alla pay-tv, così come sappiamo tutti che non si tratta di un mercato così tanto in ribasso. I soldi girano, nel calcio, e grazie alle tasse che questo “gioco” paga l’Italia stessa può tirare un bel sospiro di sollievo,visto che si tratta di soldi appartenenti a privati cittadini che quindi non vengono sottratti alla costruzione di ospedali o altre opere di bene. Piaccia o non piaccia il calcio è questo, e se può suonare strano scritto da uno che vive di calcio romantico e antico si stia bene attenti: nessuna stranezza, come detto è così da sempre e questo non toglie niente alle emozioni che può regalare un gran dribbling, uno splendido tiro, un’eccezionale parata.

Ecco perché non capisco tutto questo parlare della vicenda di calciomercato legata al trasferimento di Higuaín dal Napoli alla Juventus, non capisco le accuse di tradimento, il malumore dei tifosi verso De Laurentiis né l’entusiasmo di quei tifosi juventini che – ne ho memoria – giudicavano giusto due mesi fa il Pipita un vezzo inutile “come i suoi gol”, uno che ricordava “il miglior Protti” e a cui andava preferito Morata – su quest’ultimo aspetto sono consapevole che non tutti i tifosi bianconeri sono così e che esistono tifosi (in generale) ragionevoli, però mi pare giusto sottolineare certi scivoloni come a dire che alla fine il calcio è anche questo, assoluta mancanza di obbiettività. Ma nello specifico cosa sarebbe accaduto di male? Il Napoli aveva fissato una clausola di rescissione il cui significato era più che chiaro: chi paga 90 milioni di euro può trattare con il giocatore e noi dobbiamo solo accettare. La Juventus, certa di perdere Pogba e di vedere entrare parecchi soldi, si è guardata un po’ intorno e poi ha capito che dopo tanto programmare serviva rinforzare la squadra cinque volte campione dotandola dell’unico giocatore che mancava, un bomber da 40 reti a stagione. La Juventus ha pagato, il Napoli ha incassato, Higuaín ha accettato. Tutto perfettamente lineare: il Napoli si ritrova in cassa 90 milioni per un calciatore che va per i 29 anni e che l’anno prossimo sarebbe valso meno della metà, la Juventus spende soldi che ha per acquistare il giocatore che non aveva – e che magari sarà propedeutico per un’affermazione in Europa, chissà – e il Pipita si trova finalmente nella possibilità di giocare per vincere e da protagonista dopo stagioni trascorse come uno dei tanti (al Real Madrid) e nell’impossibilità di conquistare un trofeo come a Napoli.

Perché a Napoli, come a Firenze o a Roma, c’è la consapevolezza che non basta spendere vagonate di milioni per vincere, un concetto che gran parte dei tifosi – proprio in quanto tali – non intende cercare di comprendere nonostante l’aver vissuto sulla propria pelle cocenti fallimenti e situazioni a dir poco critiche. Non solo si preferisce programmare, ma è anche l’unica strada percorribile, perché soltanto una Juventus (presenza fissa in Europa, Stadium) può permettersi certi acquisti. E allora perché contestare De Laurentiis? Per non aver rinforzato la rosa come il buon Higuaín aveva richiesto? E perché prendersela con lo stesso giocatore? Doveva forse non ambire a vincere?

Perché parlare di “tradimento” quando il 90% di noi se potesse andare in un’azienda più vincente e che ti paga di più considererebbe la cosa come sacrosanta? I calciatori sono uomini e sono professionisti, desiderano vincere e guadagnare, e se è vero che tra guadagnare 4 o 6 milioni di euro la differenza non è enorme è altrettanto vero che anche guadagnare 1500 o 2000 euro non fa molta differenza agli occhi di un povero bambino del terzo mondo, che certo non ha il nostro stesso tenore di vita né se lo immagina. Ci dimentichiamo che se i calciatori guadagnano tanto lo stesso avviene per gli sportivi in generale, le rockstar, attori e presentatori TV: spesso c’è un motivo valido, e cioè che sono a loro volta capaci di far fare soldi.  Nessuno – o quasi – si diverte a buttarli.

E torniamo al “traditore” Higuaín. Argentino cresciuto tra Brest e Buenos Aires arrivato a Napoli a 25 anni e con molte aspettative e che in tre stagioni ha assolto più che ampiamente la sua parte segnando 91 reti in 146 partite, guadagnando tanto ma non tantissimo e dispensando emozioni. Perché dovrebbe essere considerato un traditore? Per non essersi innamorato di Napoli al punto tale da volerci restare a tutti i costi? Cosa doveva Gonzalo Higuaín a Napoli più di quanto ha dato? Era stato pagato per i gol, non per diventare napoletano: ragionamento tanto duro, me ne rendo conto, quanto realistico. Spesso e volentieri i tifosi tendono a credere erroneamente che il campione sia tale grazie a loro, ai loro cori e al loro amore, e che per questo in qualche modo lo stesso gli debba qualcosa, sia esso tempo, amicizia, lealtà. Lo racconta benissimo il film “The Fan” – che vi consiglio – che racconta anche come tutto questo sia un ragionamento che poggia su nessuna base: siamo noi che decidiamo se e quanto amare chi e cosa, i protagonisti sono ragazzi come noi, con le stesse ambizioni e le stesse emozioni. E non ci devono niente. Si è trattato di una semplice operazione di mercato, Higuaín è stato bene a Napoli e poi è andato per il semplice fatto che non potrà mai amare la maglia come un tifoso napoletano, che sicuramente la vestirebbe gratis. Lo stesso ragionamento lo farà a stretto giro di posta Pogba, diventato grande grazie alla Juventus e che saluterà senza troppi rimpianti, ché la carriera di un calciatore già è breve e non ci può essere spazio anche per quelli. Si è parlato anche di “Juve scorretta”, che “acquista dalle dirette concorrenti” – è anche il caso di Pjanic dalla Roma – “per indebolirle”. E anche se fosse? Credo sia una strategia più che lecita, senza considerare che se non acquista i giocatori da chi le sta dietro in campionato da chi deve acquistarli? Da Real Madrid e Barcelona?

Cosa succederà adesso? Fossi un tifoso del Napoli non dispererei troppo. Higuaín è senz’altro il miglior bomber della nostra Serie A e il miglior centravanti che la Juventus potesse acquistare. E se è vero che i bianconeri sono stati capaci di dominare pur senza un bomber vero, è altrettanto vero che il calcio non è matematica. Qualcosa potrebbe non tornare, certi meccanismi potrebbero non essere comunque perfetti – la difesa invecchia, ad esempio – e l’ossessione per la Champions, resa chiara dai 90 milioni spesi per un 28enne, potrebbe togliere qualche energia. Inoltre il Pipita non è che sia bomber da grandi occasioni, avendo toppato in carriera diversi appuntamenti importanti: la Juventus deve sperare che quest’inerzia venga invertita, perché altrimenti sarà cambiato poco.

Ecco, alla fine da questa operazione chi forse ha più da rimetterci è la Juventus: se Higuaín dovesse segnare 15-20 gol già si parlerà di fallimento, se la Champions dovesse sfuggire (e in passato è sfuggita a squadre infinitamente più forti della Juventus attuale, si parla di gare secche) si parlerà di acquisto inutile. Se poi, per una serie di casi e coincidenze, non dovesse arrivare neanche lo Scudetto…

Tanti se, è vero, tante incognite che però una società forte e decisa come quella degli Agnelli si sente di affrontare per alzare ulteriormente l’asticella, prendere quella coppa che fino a un paio di anni fa sembrava impossibile e che adesso rimane difficile, per carità, ma non impossibile.

Due brevi considerazioni finali, una per i tifosi napoletani e una per gli juventini. Ai primi vorrei ricordare che Arkadiusz Milik, polacco di 22 anni da due stagioni all’Ajax di Amsterdam – e che probabilmente sostituirà il Pipita – potrebbe benissimo essere considerato un infame traditore dei “Lancieri” che tanto ci hanno creduto e lo hanno lanciato nel calcio che conta. Insomma, un cattivone come Higuaín. Agli amici bianconeri, quelli in particolare che definiscono Mino Raiola “un maiale che pensa solo ai soldi e ai suoi interessi” per il trasferimento di Pogba, vorrei invece ricordare che fu proprio Raiola quattro anni fa a portare questo magnifico centrocampista in bianconero a gratis. Forse allora andava bene?

Tifare è una cosa bellissima. Fino a quando non ci annebbia i pensieri, naturalmente.

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Simone Cola
Simone Colahttps://www.uomonelpallone.it
Amante del calcio in ogni sua forma e degli uomini che hanno contribuito a scriverne la leggenda

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