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Tag: gran bretagna

Adrian Doherty, il quinto Beatle della classe del ’92

Adrian Doherty era l’ala destra del Manchester United giovanile che nel 1992 stupì tutta l’Inghilterra. Una squadra in cui spiccavano molti giovani talenti che avrebbero fatto le fortune dei Red Devils negli anni a venire. Nomi come i fratelli Gary e Phil Neville, difensori abili e versatili, il centrocampista Paul Scholes, un ragazzino rossiccio e asmatico che sarebbe diventato contro ogni pronostico uno dei più forti e completi interpreti recenti del ruolo.

L’ala sinistra era un tale Ryan Wilson, dotato di dribbling fulmineo e velocità pazzesca. Tutti ne parlavano un gran bene, in seguito avrebbe abbandonato il cognome e la nazionalità inglese del padre per prendere quelli della madre. Giggs. E poi c’erano David Beckham, che sarebbe diventato una stella non solo sul campo, uno dei giocatori più pagati e conosciuti al mondo, e l’ottimo mediano Nicky Butt. Tutti forti, fortissimi.

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Robert Gardner, il primo portiere della storia

Robert Gardner forse non sapeva, quel 30 novembre del 1872, che stava per scrivere la storia. Sicuramente ignorava che quel gioco che tanto amava, il football, sarebbe diventato un giorno la più grande religione laica al mondo, né poteva immaginare che, forse involontariamente, stava interpretando per la prima volta ad alti livelli un ruolo che avrebbe ispirato poeti e letterati, un ruolo unico.

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Matt Le Tissier, Dio di provincia

Si può essere, tecnicamente, tra i primi dieci calciatori nella storia eppure non aver mai sfondato in Nazionale né giocato ad alto livello?

Si può, è esistito un calciatore che pur essendo stato dotato dalla natura di una classe infinita non ha saputo – o forse non ha voluto – farla fruttare al massimo.

Di lui rimangono i numerosi gol, tutti bellissimi, e giocate che così non se ne sono viste più. Una città intera sarà sempre ai suoi piedi, ricordando le magie di quello che tutti i tifosi locali consideravano un Dio.

Anzi, Le God.

Lui è forse il mio calciatore preferito di sempre, sicuramente un motivo validissimo per giustificare un amore per il calcio nato intravedendo le sue movenze e mai tramontato. Perché il football troverà sempre nuovi eroi, e di conseguenza nuovi anti-eroi, come fu questo calciatore tozzo e sgraziato ma con due piedi magici.

Ma nessuno sarà mai come lui.

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F.A. Cup 1871: l’inizio di un sogno

Ha avuto il via lo scorso 15 agosto, con l’Extra Preliminary Round, l’edizione numero 135 della FA Cup, la Coppa d’Inghilterra, il più antico torneo calcistico al mondo.

L’ultima edizione è stata vinta dall’Arsenal, che ha trionfato grazie a un gol del difensore tedesco Mertesacker: una rete decisiva, come quella segnata nella prima edizione di sempre da Charles Alcock, leader dei Wanderers campioni e ideatore della coppa stessa.

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Cherno Samba, “quello di Championship Manager”

“Dovevo ordinare un nuovo telefono al mio gestore. Ho chiamato, e quando mi hanno detto che avrei dovuto attendere due o tre mesi ho pensato ‘nessun problema!’.

Poi il ragazzo mi ha chiesto come mi chiamassi, ho detto ‘Cherno Samba’. Sorpreso mi ha detto ‘Quello di Championship Manager? Lo avrà domani allora!’…”

Cherno Samba, intervista alla BBC

“Quello di Championship Manager”. Ecco chi è, nell’immaginario collettivo dei videogiocatori di fine anni ’90, Cherno Samba. Il miglior giocatore del mondo, o almeno quello che lo sarebbe diventato secondo i programmatori di “Championship Manager: Season 00/01”, che avevano reso l’allora quindicenne originario del Gambia il miglior prospetto di tutto quell’universo virtuale.

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La rapida eclissi di Billy Kenny jr., il “Gazza di Goodison Park”

“Può diventare il Gazza di Goodison Park!”

Con questo entusiasta e forse affrettato paragone Peter Beardsley, che sta concludendo la carriera all’Everton, risponde ai giornalisti che gli chiedono lumi sul giovane compagno Billy Kenny, esploso improvvisamente nel derby del Merseyside contro il Liverpool.

“Il Gascoigne di Goodison Park”. Un complimento importante se arriva da un nazionale inglese come Beardsley, e Gascoigne (siamo nel 1992) è il calciatore che va di più in Inghilterra al momento.

Aggiungeteci che l’oggetto di questo complimento è nato in città, tifa Everton e quello tra i “Toffees” ed il Liverpool non solo è il primo derby a cui prende parte, ma è proprio una delle sue prime gare in assoluto da professionista. Roba da montarsi la testa.

È quello che succede, infatti. E Beardsley si rivelerà fin troppo bravo come profeta, dato che Billy Kenny (Junior, per distinguerlo dal padre omonimo e già giocatore dell’Everton) finirà come Gascoigne senza però essere minimamente arrivato agli stessi livelli.

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#StranoCalcio04 – Wrestler, dittatori e cani

PRESIDENTE-GOLEADOR? IN BURUNDI SI PUO’

Immaginate se Matteo Renzi, o prima di lui Silvio Berlusconi, avesse preso la decisione di giocare a calcio e al contempo ricoprire la carica di Premier: probabilmente non sarebbero stati pochi quei difensori che avrebbero approfittato dell’occasione data dal gioco per effettuare qualche bel contrasto duro e qualche entrata decisa.

Non accade in Burundi, dove il Premier (ma qualcuno lo definisce “dittatore”) Pierre Nkurunziza, 51 anni, è diventato recentemente il capocannoniere del campionato siglando la bellezza di 39 reti in 28 incontri.

Il suo segreto? Un’ottima forma fisica, una grande passione, un genuino entusiasmo e avversari a dir poco compiacenti: non sembra infatti che sia una bella idea fermare il presidente e goleador degli “Alleluja F.C.”, squadra da lui stesso creata per sottolineare la sua fervente fede di cristiano rinato e per la quale ha fatto edificare anche un bello stadio da 10.000 posti.

Il tutto mentre in Burundi è stato appena sventato un colpo di stato e non mancano le manifestazioni contro di lui, colpevole secondo la popolazione della povertà sempre più dilagante e del volersi ricandidare per un terzo mandato nonostante la legge non lo permetta.

Come risponde alle manifestazioni? Ordinando all’esercito di sparare sulla folla. Capite adesso perché “il Messi dei grandi laghi” segna tanto?

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Duncan Edwards, per sempre giovane

La secolare storia del football inglese è colma di leggende, personaggi unici ed irripetibili che dai tempi dei pionieri sono pervenuti fino ai giorni nostri, conservando immutato il loro fascino. Il gigantesco portiere William Foulke, il talento sprecato di Paul Gascoigne e poi George Best, Stanley Matthews, Bobby Charlton, Robin Friday e molti altri ancora, cui non basterebbero centinaia di pagine per raccontarne la storia.

Per molti tifosi inglesi, però, sopra tutti i grandi c’è stato un solo giocatore. “Il più grande” di tutti. Duncan Edwards, un calciatore entrato nella leggenda pur avendo giocato appena cinque stagioni da professionista. Tanto gli bastò per entrare nel cuore dei tifosi inglesi e non uscirne mai più.

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#StranoCalcio02 – Gol e trofei di un calcio minore

La prima parte (la trovate QUI) di questo post di curiosità calcistica è stata un piccolo successo per questo blog, ed è per questo che ho deciso di farne adesso una seconda.

Il football in fondo ne ha di storie da raccontare, e ogni volta che ne sento una strana la metto da parte per poi scriverla qui. Perché “il calcio è bello perché è vario”…

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Lutz Pfannenstiel, globetrotter inarrestabile

Ogni calciatore ha la sua storia. C’è chi da bambino sogna di giocare per la propria squadra del cuore, chi sogna di vincere coppe e trofei, giocare negli stadi più prestigiosi del mondo e magari vestire la maglia della Nazionale.

Per quei pochi che arrivano a realizzare questi sogni molti altri finiscono per essere piccole comparse nel grande racconto del calcio, magari giocando nelle divisioni minori e riuscendo comunque a fare del football il proprio lavoro ma con un pizzico di malinconia di quello che poteva essere e invece non è stato.

A volte è sfortuna, a volte mancanza di talento o di carattere, spesso una combinazione di tutte queste cose. C’è chi potrebbe deprimersi.

Ma questa è la storia di un calciatore che, pur dotato di un certo talento, ha deciso di vivere la sua vita calcistica in modo completamente diverso, inseguendo più la conoscenza che il denaro e la fama, più la crescita personale che quella sportiva. Finendo per avere una carriera unica ed inimitabile, una carriera da “Guinnes dei Primati” quasi impossibile da ripetere.

Finendo per diventare non il portiere di una squadra, o di un certo numero di squadre, o di una Nazionale, ma “il Portiere del Mondo”, un nomade inarrestabile affamato di calcio e voglia di conoscere le diverse realtà – calcistiche e non – del pianeta.

Questa è la storia di Lutz Pfannenstiel.

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