Cherno Samba, “quello di Championship Manager”

“Dovevo ordinare un nuovo telefono al mio gestore. Ho chiamato, e quando mi hanno detto che avrei dovuto attendere due o tre mesi ho pensato ‘nessun problema!’.

Poi il ragazzo mi ha chiesto come mi chiamassi, ho detto ‘Cherno Samba’. Sorpreso mi ha detto ‘Quello di Championship Manager? Lo avrà domani allora!’…”


“Quello di Championship Manager”. Ecco chi è, nell’immaginario colletivo dei videogiocatori di fine anni ’90, Cherno Samba. Il miglior giocatore del mondo, o almeno questo secondo i programmatori di “Championship Manager: Season 00/01”, che avevano reso l’allora quindicenne originario del Gambia il miglior prospetto di tutto quell’universo virtuale.

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La rapida eclissi di Billy Kenny jr., il “Gazza di Goodison Park”

“Può diventare il Gazza di Goodison Park!”

Con questo entusiasta e forse affrettato paragone Peter Beardsley, che sta concludendo la carriera all’Everton, risponde ai giornalisti che gli chiedono lumi sul giovane compagno Billy Kenny, esploso improvvisamente nel derby del Merseyside contro il Liverpool.

“Il Gascoigne di Goodison Park”. Un complimento importante se arriva da un nazionale inglese come Beardsley, e Gascoigne (siamo nel 1992) è il calciatore che va di più in Inghilterra al momento.

Aggiungeteci che l’oggetto di questo complimento è nato in città, tifa Everton e quello tra i “Toffees” ed il Liverpool non solo è il primo derby a cui prende parte, ma è proprio una delle sue prime gare in assoluto da professionista. Roba da montarsi la testa.

È quello che succede, infatti. E Beardsley si rivelerà fin troppo bravo come profeta, dato che Billy Kenny (Junior, per distinguerlo dal padre omonimo e già giocatore dell’Everton) finirà come Gascoigne senza però essere minimamente arrivato agli stessi livelli.

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#StranoCalcio04 – Wrestler, dittatori e cani

PRESIDENTE-GOLEADOR? IN BURUNDI SI PUO’

Immaginate se Matteo Renzi, o prima di lui Silvio Berlusconi, avesse preso la decisione di giocare a calcio e al contempo ricoprire la carica di Premier: probabilmente non sarebbero stati pochi quei difensori che avrebbero approfittato dell’occasione data dal gioco per effettuare qualche bel contrasto duro e qualche entrata decisa.

Non accade in Burundi, dove il Premier (ma qualcuno lo definisce “dittatore”) Pierre Nkurunziza, 51 anni, è diventato recentemente il capocannoniere del campionato siglando la bellezza di 39 reti in 28 incontri.

Il suo segreto? Un’ottima forma fisica, una grande passione, un genuino entusiasmo e avversari a dir poco compiacenti: non sembra infatti che sia una bella idea fermare il presidente e goleador degli “Alleluja F.C.”, squadra da lui stesso creata per sottolineare la sua fervente fede di cristiano rinato e per la quale ha fatto edificare anche un bello stadio da 10.000 posti.

Il tutto mentre in Burundi è stato appena sventato un colpo di stato e non mancano le manifestazioni contro di lui, colpevole secondo la popolazione della povertà sempre più dilagante e del volersi ricandidare per un terzo mandato nonostante la legge non lo permetta.

Come risponde alle manifestazioni? Ordinando all’esercito di sparare sulla folla. Capite adesso perché “il Messi dei grandi laghi” segna tanto?

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Duncan Edwards, per sempre giovane

La secolare storia del football inglese è colma di leggende, personaggi unici ed irripetibili che dai tempi dei pionieri sono pervenuti fino ai giorni nostri, conservando immutato il loro fascino: il gigantesco portiere William Foulke, il talento sprecato di Paul Gascoigne e poi George Best, Stanley Matthews, Bobby Charlton, Robin Friday e molti altri ancora, cui non basterebbero centinaia di pagine per raccontarne la storia.

Per molti tifosi inglesi, però, sopra tutti i grandi c’è stato un solo giocatore.

“Il più grande”.

Duncan Edwards. Un calciatore divenuto leggenda pur avendo giocato appena cinque stagioni da professionista: tanto bastò a “Big Dunc” per entrare nel cuore dei fans inglesi e non uscirne mai più.

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#StranoCalcio02 – Gol e trofei di un calcio minore

La prima parte (la trovate QUI) di questo post di curiosità calcistica è stata un piccolo successo per questo blog, ed è per questo che ho deciso di farne adesso una seconda.

Il football in fondo ne ha di storie da raccontare, e ogni volta che ne sento una strana la metto da parte per poi scriverla qui. Perché “il calcio è bello perché è vario”…

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Lutz Pfannenstiel, globetrotter inarrestabile

Ogni calciatore ha la sua storia. C’è chi da bambino sogna di giocare per la propria squadra del cuore, chi sogna di vincere coppe e trofei, giocare negli stadi più prestigiosi del mondo e magari vestire la maglia della Nazionale.

Per quei pochi che arrivano a realizzare questi sogni molti altri finiscono per essere piccole comparse nel grande racconto del calcio, magari giocando nelle divisioni minori e riuscendo comunque a fare del football il proprio lavoro ma con un pizzico di malinconia di quello che poteva essere e invece non è stato.

A volte è sfortuna, a volte mancanza di talento o di carattere, spesso una combinazione di tutte queste cose. C’è chi potrebbe deprimersi.

Ma questa è la storia di un calciatore che, pur dotato di un certo talento, ha deciso di vivere la sua vita calcistica in modo completamente diverso, inseguendo più la conoscenza che il denaro e la fama, più la crescita personale che quella sportiva. Finendo per avere una carriera unica ed inimitabile, una carriera da “Guinnes dei Primati” quasi impossibile da ripetere.

Finendo per diventare non il portiere di una squadra, o di un certo numero di squadre, o di una Nazionale, ma “il Portiere del Mondo”, un nomade inarrestabile affamato di calcio e voglia di conoscere le diverse realtà – calcistiche e non – del pianeta.

Questa è la storia di Lutz Pfannenstiel.

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Robin Friday, il più grande calciatore che non avete mai visto

Britannico. Talento superbo. Un innato istinto autodistruttivo. Problemi con alcol e droghe.

Quasi qualunque appassionato di calcio, di fronte a questi quattro indizi, potrebbe essere tentato di fare il nome di George Best, grandissima ala nordirlandese del Manchester United, sul quale tantissimo è già stato scritto.

Eppure, per alcuni tifosi inglesi, quello di Best non sarebbe l’unico nome a venire in mente.

Anzi, qualcuno potrebbe raccontare la storia di un altro calciatore che ha vissuto pienamente la carriera di Best, superandolo addirittura in diverse di queste sfaccettature. E certamente troverebbe opportuno fare il suo nome, che a dispetto dell’enorme talento non ha mai giocato nella massima serie, né ovviamente ha vestito la gloriosa maglia della Nazionale.

Un calciatore che aveva certamente tutte le possibilità per farcela, ma che si è bruciato in appena un lustro diventando leggenda. Alcuni appassionati di calcio farebbero il nome di Robin Friday, “il più grande calciatore che non avete mai visto”.

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#StranoCalcio01 – Eroi alternativi

Il calcio è bello perché è vario. Ogni Paese ha la sua storia calcistica, più o meno gloriosa, e quasi ogni Paese ha anche le sue incredibili storie urbane, curiose, epiche, che fanno capire perché si può amare il calcio anche lontano dai riflettori e dalle musiche della Champions League.

Oggi cerco di raccontarvi alcune di queste incredibili storie, sperando di strapparvi due risate…

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Bert Trautmann, l’Uomo di Ferro eroe di due mondi

“Ci sono stati due soli portieri di classe mondiale.
Uno era Lev Yashin, l’altro era il ragazzo tedesco che giocava a Manchester.
Bert Trautmann.”

(Lev Yashin, primo ed unico portiere a vincere il Pallone d’Oro)

Se qualcuno avesse detto a Bert Trautmann, giovane soldato tedesco prigioniero in Inghilterra al termine della Seconda Guerra Mondiale, che Albione sarebbe diventata la sua nuova casa, probabilmente lui avrebbe pensato ad uno scherzo.

Se poi gli avessero detto che non solo quella sarebbe stata la sua nuova casa, ma che addirittura avrebbe avuto un posto immortale nella galleria degli eroi di sua Maestà, e grazie al calcio, avrebbe pensato che non era uno scherzo.

Era delirio.

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Ali Dia, professione impostore

La storia del calcio è piena di giocatori sopravvalutati, da cui ci aspettava sfracelli ma che per un motivo o per l’altro non hanno saputo realizzare le aspettative che gli esperti avevano intravisto in loro.

Problemi fisici, problemi caratteriali, problemi tattici o di ambientamento: molti possono essere i motivi per cui un calciatore brilla solo un momento, un attimo.

Sono le meteore, giocatori che magari hanno brillato per pochi istanti e che poi non hanno saputo confermarsi.

La storia di Ali Dia, tuttavia, non può essere inserita in questo gruppo. Non fu una meteora, bensì un vero e proprio impostore che, incredibilmente, riuscì anche a giocare nella prestigiosa Premier League Inglese.

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