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G.O. Smith, il primo grande centravanti

G.O. Smith fu tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo il miglior centravanti al mondo, stella rinomata del Corinthian e dell’Inghilterra e progenitore del moderno “falso nueve”. Chi segue il football moderno, un gioco dove le qualità tecniche sono spesso bilanciate da quelle atletiche e dove nella stragrande maggioranza dei casi i più grandi campioni sono dotati di un fisico prodigioso, potrebbe sorridere nel sentirsi dire che quello che appare nella foto di copertina fu uno dei calciatori più forti della sua epoca. Anzi, the first great centre forward, come lo definirono i suoi contemporanei: “il primo grande centravanti”.

GO Smith Gilbert Oswald Smith

Potrebbe pensare a un clamoroso errore. E si sbaglierebbe di grosso. Perché Gilbert Oswald Smith, noto a tutti all’epoca semplicemente come G.O. Smith, non fu uno dei più forti dei suoi tempi. Fu il più forte in assoluto, un campione senza pari né rivali in tutto il XIX secolo, l’ultimo vero amateur e al contempo il primo grande centravanti della storia.

Nato a Croydon, sud di Londra, il 25 novembre 1872 – cioè pochi mesi dopo la finale della prima FA Cup – G.O. Smith era l’ultimo degli otto figli di Robert Smith, mercante scozzese che aveva fatto fortuna commerciando in India, allora colonia dell’Impero Britannico, prima di tornare in patria a godersi la vecchiaia.

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Un campione d’altri tempi

Appresi i segreti del football nella prestigiosa scuola di Charterhouse, nei cui angusti chiostri i figli dell’élite londinese avevano imparato a lanciarsi in dribbling rischiando stinchi e caviglie, Smith emerse a Oxford guidando la squadra della scuola in numerosi successi nei sentitissimi “Varsity Match”, i confronti con Cambridge che riguardavano ogni singola disciplina sportiva.

Non particolarmente alto, privo di muscoli, le spalle strette e affetto da asma cronica, quello che sarebbe presto diventato il più forte centravanti in circolazione non spiccava per velocità o potenza, né per coraggio: amava invece vagare sulla trequarti avversaria, stando bene attento a evitare ogni tipo di scontro fisico e studiando la difesa rivale come un compassato giocatore di scacchi.

Quindi, come un genio fulminato improvvisamente dalla giusta intuizione, arrivava l’affondo inarrestabile, il dribbling secco e sempre efficace, il passaggio smarcante che disorientava i difensori o il tiro, non particolarmente potente ma secco e di precisione chirurgica, che non lasciava scampo al portiere.

Bomber nato, Smith fu forse allo stesso tempo il progenitore del “falso nueve”, che tanti considerano un’invenzione moderna ma che in realtà ha appunto radici antichissime. Il suo arretrare spaesava la linea difensiva avversaria, la sua capacità di leggere il gioco gli permetteva di trovare costantemente lo spazio necessario per impostare l’azione o per concluderla.

G.O. Smith, la stella del Corinthian

Pur rifiutando categoricamente di colpire il pallone di testa – gesto che riteneva decisamente inelegante e che confessò avrebbe bandito volentieri dal gioco – raramente prese parte a una gara senza lasciare il segno.

Amateur nel più stretto senso del termine, esempio di fair play e di eleganza, non pensò mai neanche per un momento di farsi pagare per le proprie abilità pur non disprezzando, a differenza di molti campioni che appartenevano alla sua “casta”, chi invece aveva deciso di far fruttare il proprio talento calcistico.

Terminati gli studi G.O. Smith si unì al Corinthian, il club dei patrizi composto da dilettanti che amava sfidare i professionisti e che spesso e volentieri finiva per batterli se non umiliarli. Ideatore di tante delle tante leggendarie azioni intraprese da questo club, come fermare il gioco per spiegarlo ai presenti, rifiutare di segnare su calcio di rigore e auto-accusarsi dopo aver commesso un fallo, segnò 132 gol in 137 partite, alcuni determinanti per le vittorie contro i migliori club d’Inghilterra.

In gol al debutto con l’Inghilterra, giocò in Nazionale 20 partite di cui ben 16 da capitano e segnò 11 reti, tre in appena cinque minuti in un 13-2 contro l’Irlanda che lo vide andare in rete in quattro occasioni. Elegante giocatore anche di cricket, giocò con buoni risultati quasi una ventina di match di first-class, ma fu nel calcio che lasciò il segno, al punto che “The Dictionary of National Biography” lo avrebbe ricordato così.

“G.O. Smith trasformò il ruolo di centravanti da quello di un bomber individualista a quello di perno della linea offensiva, se non dell’intera squadra.”

G.O. Smith, un esempio di classe e fair play

Squisitamente educato, privo della benché minima malizia e dell’atteggiamento di superiorità che gli amateurs dell’epoca frequentemente riservavano ai colleghi professionisti, fu sempre il primo a salutare gli avversari e a congratularsi con loro, guadagnandosi stima e affetto unanimi.

Si ritirò nel 1901 ad appena 28 anni, all’indomani di una sfida pareggiata contro la Scozia e nel pieno della forma. Lasciò un calcio che ormai sentiva sempre meno suo per dedicarsi all’insegnamento. Fu maestro nella Ludgrove School, esclusivo collegio nato sul finire del secolo di cui fu anche preside insieme all’amico prediletto ed ex compagno nel Corinthian e in Nazionale William Oakley.

G.O. Smith morì in relativa solitudine, non essendosi mai sposato e non avendo mai avuto figli, il 6 dicembre del 1943 all’età di 71 anni. Il calcio era ormai un fenomeno mondiale, e anche se non tutti ne avevano piena consapevolezza gran parte del merito era anche del Corinthian, capace di portare il verbo del football nei quattro angoli del pianeta, e del suo straordinario centravanti.

Sitografia:

  • Spartacus Educational, G.O. SmithLINK
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