La leggenda di Mokhtar Dahari, l’anima del calcio malesiano

È davvero difficile da credere, ma non molto tempo fa il grande calcio è passato anche da qui.

Al turista e appassionato che dovesse capitare dalle parti dello Stadium Merdeka (“Stadio dell’Indipendenza”), che ha ospitato la sua ultima partita internazionale addirittura nel 2001, sembrerà davvero impensabile che un impianto tanto piccolo abbia potuto contenere, in giorni neanche troppo lontani, una folla oceanica, che si esaltava per le imprese dei suoi undici eroi.

Eppure c’è stato un tempo in cui le Harimau Malaysia – le “Tigri della Malesia” – riempivano i cuori di Kuala Lumpur, rendendo grande il calcio degli anni settanta.

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Jaguaré Bezerra de Vasconcelos, i racconti incredibili di “Araña Negra”

A Marsiglia, il portiere brasiliano Jaguaré Bezerra de Vasconcelos se lo ricordano molto bene. Uno dei primi idoli del club, personaggio eccentrico e abile tra i pali al punto da guadagnarsi il soprannome di “El Jaguar“, Vasconcelos in Francia ci era arrivato dopo una vita a dir poco avventurosa, che dal natio Brasile lo aveva portato in Europa alla ricerca di soldi e fama.

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Sándor Szűcs, il martire dimenticato della Grande Ungheria

Se il campionato ungherese è oggi considerato un torneo minore, scavando nella polvere dei ricordi gli appassionati magiari possono trovare numerose storie di un passato che fu glorioso, e che all’inizio degli anni ’50 rischiò di sconvolgere gli equilibri del calcio mondiale.

Erano i tempi del grande Puskás, di Hidegkuti, di Czibor e Kocsis, era la squadra che aveva umiliato a Wembley i maestri inglesi e che in quasi quattro anni aveva perso solo una partita, la più importante, quella che avrebbe potuto davvero cambiare la storia: la finale dei Mondiali del 1954.

Quella squadra straordinaria avrebbe potuto essere persino più forte se diversi dei suoi campioni non si fossero opposti al regime comunista che aveva preso il controllo del Paese nel 1949 sotto la guida di Mátyás Rákosi.

István Nyers, che da noi si sarebbe distinto con le maglie di Inter e Roma, in quel momento si trovava all’estero ed aveva preferito non tornare; lo aveva fatto il grande László Kubala, a tutt’oggi considerato il più grande giocatore di sempre ad aver vestito la maglia del Barcelona, ma capita l’aria che tirava era riuscito a fuggire sfruttando una divisa da soldato.

Era andata male a Ferenc Deák, apertamente oppositore di un regime che, non potendo incriminarlo, avrebbe costretto il più grande centravanti magiaro di sempre a giocare per tutta la carriera in squadre minori, escludendolo naturalmente dalla Nazionale.

Ma la sorte peggiore sarebbe toccata al difensore Sándor Szűcs, scelto per essere un esempio per tutti e che, inseguendo la libertà, avrebbe finito per trovare la morte.

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Cesarino Grossi, primo eroe di Bari

11 dicembre 1999: Eugenio Fascetti decide di far esordire il diciassettenne Antonio Cassano  durante un Bari-Lecce che i biancorossi perdono per 1 a 0. Un esordio come tanti? Mica tanto, il ragazzo ha talento e si farà – anche se non compiutamente – e infatti la settimana successiva umilia la difesa dell’Inter e il libero e campione del mondo francese Laurent Blanc segnando un goal strepitoso.

È nata una stella, ma non è certo la prima. La prima stella del Bari fu Cesare Grossi detto Ninì, straordinario talento che negli anni ’30 avrebbe infiammato il pubblico dello “Stadio della Vittoria” prima di andare incontro a una morte tanto prematura quanto misteriosa.

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Cuthbert Ottaway, il primo capitano dei maestri

Cuthbert Ottaway fu il primo capitano dei maestri dell’Inghilterra, il leader della Nazionale inglese impegnata nella prima storica partita internazionale riconosciuta dalla FIFA e datata 30 novembre 1872.

Così la storia del calcio ricorda questo nome, ma forse sarebbe il caso di essere meno riduttivi: stella del primo calcio inglese e leader dell’Oxford University vincitore della FA Cup del 1874, fu anche campione scolastico di cricket, racquets, atletica leggera e pallacorda.

Fu insomma, con molta probabilità, il più grande sportivo della sua epoca.

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Morte sul campo da gioco: l’ultima partita di Bob Benson

19 febbraio 1916: la Grande Guerra è scoppiata da pochi mesi ma è già in una fase estremamente cruenta.

In Inghilterra il football è ormai diventato da tempo lo sport principale, ma ha dovuto piegarsi alla battaglia, spedendo i suoi migliori e giovani talenti al fronte.

Inizialmente si era tentato di risparmiare ai calciatori l’orrore e la morte che li attendevano, fatalmente, sul fronte occidentale. Meglio sarebbe stato che continuassero a fare quello che ormai era il loro lavoro, e cioè intrattenere le masse.

Un tentativo di rassicurare la popolazione che non solo niente sarebbe cambiato, ma che anzi i proiettili avrebbero smesso di sibilare nel giro di pochi mesi.

Poi però l’opinione pubblica era insorta, trascinata da Sir Arthur Conan Doyle: l’autore di “Sherlock Holmes”, rispondendo alla lettera di un soldato al fronte che lamentava che, mentre molti giovani morivano in battaglia, altri giocavano a pallone, aveva chiesto ai calciatori di unirsi ai soldati come volontari.

“Se un calciatore ha forza nelle gambe, lasciate che la usi per marciare nel campo di battaglia”.

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27 gennaio: Il calcio e la memoria

“A qualcuno questa partita potrà forse apparire come una breve pausa di umanità in mezzo ad un orrore infinito. Ai miei occhi, invece, come a quelli dei testimoni di questi partita, questo momento di normalità è il vero orrore del campo.

Poiché possiamo, forse, pensare che i massacri siano finiti – anche se qua e là si ripetono, non troppo lontano da noi. Ma quella partita non è mai finita, è come se durasse ancora, ininterrottamente.”

(Giorgio Agamben in commento ad un episodio narrato da Primo Levi ne “I Sommersi e i Salvati”, in cui si fa menzione di una partita di calcio svoltasi all’interno di un capo di sterminio durante una pausa di lavoro, in cui si affrontarono i militanti delle SS e i membri delle unità speciali “Sonderkommando”, reclutati nelle file dei deportati)

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Géza Kertész, “lo Schindler del calcio”

Se nel “Giorno della Memoria”, che viene celebrato ogni 27 gennaio in ricordo delle vittime della Shoah, si scorrono le pagine dei quotidiani sportivi e dei siti di riferimento, sono diversi i nomi dei personaggi legati al calcio che finirono vittima della follia nazista e che chi è interessato alla storia può scorrere.

Ebrei come Árpád Weisz, l’allenatore del primo grande Bologna e scopritore all’Inter del grande Meazza, il talentuoso Leon Sperling, il primo idolo dell’Ajax Eddy Hamel, il portentoso pioniere del calcio americano József Braun ed il bomber tedesco Julius Hirsch che per la Germania aveva addirittura combattuto durante il primo conflitto mondiale.

Allargando il discorso ecco che si possono raccontare le storie di chi, non ebreo, si oppose comunque al nazismo e ne finì vittima: Matthias Sindelar, Milutin Ivković, Carlo Castellani e Vittorio Staccione. Un nome che invece è stato a lungo dimenticato è quello di Géza Kertész, recentemente soprannominato “lo Schindler del Catania”.

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Roberto Chery, il portiere-poeta maledetto

roberto chery

Il Brasile adottò i colori attuali, dove spicca il giallo-oro, dopo la disfatta del “Maracanazo” ai Mondiali del 1950. Fino ad allora aveva vestito il bianco oppure il blu, mai ufficialmente il giallo.

Eppure una gara in cui la Seleção indossò la maglia gialla c’è stata: accadde nel 1919, il giallo (insieme al nero) era quello del Peñarol.

Ancora più curioso che la squadra avversaria, l’Argentina, indossasse la maglia “celeste” degli odiati rivali dell’Uruguay.

Le due Nazionali si sfidarono per l’inedito “Trofeo Roberto Chery”, la partita finì 3 a 3 tra applausi unanimi e grandi abbracci, il trofeo andò al Peñarol e l’incasso alla famiglia di tale Roberto Chery, scomparso il giorno precedente. Ma cos’era successo? E chi fu Roberto Chery?

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L’ultimo tè di Jimmy Main

Era stata una partita davvero sfortunata, quella che l’Hibernian aveva giocato il giorno di Natale del 1909 al nuovissimo Firhill Park di Glasgow: ospiti del Partick Thistle, gli Hibs, nonostante il gol del vantaggio firmato da John Sharp, si erano dovuti piegare di fronte al veemente ritorno dei padroni di casa, capaci di imporsi per 3-1 in rimonta.

Non era stata una semplice partita, ma quasi una tortura. Novanta minuti spesi a correre su un campo sabbioso e ghiacciato, che rendeva ogni movimento faticoso e incerto, ogni slancio atletico non esente da rischi.

Eppure l’atmosfera non era del tutto negativa negli spogliatoi ospiti immediatamente dopo la gara. I giocatori si erano come sempre presi un bel tè ristoratore, e tra essi figurava anche il neo-capitano Jimmy Main: uscito dal terreno di gioco anzitempo per una brutta botta rimediata in un contrasto, aveva fatto preoccupare un po’ tutti, ma adesso sembrava completamente ristabilito, e come sempre salutò i compagni con la mente già proiettata al successivo impegno di campionato.

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“Astle is the King”: la storia di Jeff Astle, il Re di West Bromwich

“Astle is the king!
Astle is the king!
The Brummie Road will sing this song,
Astle is the king!”

Non sono pochi i tifosi inglesi che rimpiangono i tempi di una volta, quelli in cui il campionato organizzato dalla Football Association non aveva i milioni e gli sponsor di adesso, i i ricchi contratti TV, i campioni patinati.

A prima vista può sembrare paradossale, ma il rendere la Premier League un fenomeno mondiale ha generato, in tanti tifosi, un senso di smarrimento e di nostalgia che è possibile ritrovare soltanto evitando gli stadi ormai più “in” di Londra, Manchester e Liverpool.

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Carlo Castellani, l’eroe di Empoli scomparso a Mauthausen

3 Dicembre 2011: siamo in Serie B, e a Empoli i padroni di casa giocano contro l’Ascoli.

Dopo appena 4 minuti Francesco Tavano riceve palla da Buscé e porta in vantaggio gli azzurri: è un goal storico, con il quale “Ciccio” Tavano entra nella storia dell’Empoli come il miglior marcatore di sempre della formazione toscana.

Succede dopo oltre 70 anni a Carlo Castellani, il campione a cui lo stadio empolese è dedicato.

Nell’occasione, finalmente, sono in tanti a ricordare chi fu questo grande giocatore, primo e più grande eroe di sempre della piccola compagine toscana.

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