Perché la maglia della Fiorentina, unica e particolare, è di colore viola? A Firenze esistono diverse versioni e leggende sulle origini di questa scelta da parte del club gigliato, una delle maglie più originali nella storia del calcio. Io riporto la versione ufficiale come raccontata da Simone Galeotti, autore di storie davvero immancabili che potete leggere sullo splendido sito “Storie in fuorigioco” (www.storieinfuorigioco.com) e tifoso viola.
Ammetto che la storia della lavandaia ha sempre il suo fascino. Ancora oggi in effetti, in molti preferiscono citare quest’ormai popolare versione, a chi spinto dalla curiosità chiede il motivo per cui la maglia della Fiorentina è di colore viola. L’aneddoto racconta che un giorno del 1929, l’incaricata di lavare le divise da gioco della squadra commise un errore, e la muta stinse fino al punto da prendere una sfumatura tendente al violetto. Voce di popolo vuole però che la maldestra lavandaia non solo fu perdonata, ma che la nuova tinta piacque così tanto da essere subito ben accetta e mantenuta. In realtà le cose non andarono esattamente in questo modo.
Storia vera della maglia viola
L’Associazione Calcio Fiorentina fondata giusto tre anni prima, iniziò a giocare a calcio nel suo originario campo di Via Vincenzo Bellini, con una tenuta composta da due strisce verticali biancorosse, recanti al centro lo scudo civico. Tuttavia, il mecenate promotore della società, tale Luigi Ridolfi, ideatore anche del maggio musicale, e finanziatore in seguito della costruzione dello stadio attuale, pensò che il viola potesse essere un colore più originale. E nel settembre del 1929 in un amichevole disputata contro la Roma, la Fiorentina scese sul terreno di gioco indossando la maglia viola.
In effetti, occorre scagionare la dipendente addetta al lavaggio per il semplice motivo che se realmente il miscuglio cromatico avesse avuto luogo, avrebbe partorito un colorito molto vicino al rosa e non certo al viola. A dare man forte al cambiamento ci pensò anni dopo il celebre Indro Montanelli, che difese la scelta, sostenendo con discreta competenza storica il fatto che il viola fu introdotto da un gruppo di alchimisti fiorentini del ‘300, i primi a ottenere artificialmente la gradazione, facendo di Firenze il più importante centro di produzione di questo colore in Europa, soprattutto nell’ambito dei tessuti.
Ma siccome ci piacciono i simpatici arcani di una certa genuina tradizione, possiamo tenerci volentieri pure il racconto della lavandaia distratta, e poi basterebbe prendere una cartina topografica della città, e prendere atto del paradosso che vuole la strada più centrale di Firenze, ossia Via Gino Capponi, quella più nascosta è fatta per nascondersi, dove nei brumosi inverni di metà ottocento, esponenti di Carboneria e Granducato, celavano intabarrati negli ampi mantelli, i loro inafferrabili segreti.”
Simone Galeotti