Pochi personaggi sono entrati nell’immaginario collettivo degli appassionati di calcio inglese e mondiale più di George Best, straordinario talento nordirlandese, la sua stella brillò per pochi anni ma fu talmente accecante da regalargli l’immortalità riservata ai miti, a quei campioni epocali che riescono a trascendere i confini di una disciplina diventando patrimonio del mondo.
Pallone d’Oro nel 1968, non a caso, stella del Manchester United che finalmente conquistava l’Europa, si distinse anche per uno stile di vita edonistico e da vera rockstar per poi morire, tristemente, neanche 60enne, a causa delle conseguenze di un’esistenza vissuta sempre a velocità massima, tra alcol, donne ed eccessi.
Un personaggio del genere naturalmente non poteva che diventare il soggetto preferito di numerosi cantori e scrittori di calcio: a decine hanno tracciato opere sul “quinto Beatle”, biografie più o meno indovinate che hanno cercato di racchiudere in un romanzo o una biografia la vita di un campione allo stesso tempo spaccone e fragile, immaturo e dotato di enorme sensibilità.
Dotato da madre natura di un talento raramente visto nella storia del calcio e allo stesso tempo di un carattere talmente avido di vita, di emozioni, da bruciare tutto, gettare via tutto, come nella migliore tradizione del rock.
Un’impresa, raccontare chi fu davvero George Best, in cui si getta a capofitto anche Lisa Musetti, fotografa, viaggiatrice e blogger dalla mentalità aperta e capace di cimentarsi contemporaneamente in numerosi progetti inseguendo sempre lo stesso obiettivo, quello di vivere, percepire, raccontare emozioni. Lo fa però in un modo decisamente originale, non raccontando la vita di Best ma cercando di immaginare quanto accaduto dopo, nel momento in cui il campione ha lasciato questo mondo per trovarsi al cospetto con un’interlocutore decisamente poco comune, chiamato a decidere il suo destino immortale.
George and the Devil: il quinto Beatle alle soglie dell’Inferno
Pubblicato nel 2018 da Viola Editrice, “George and the Devil” è un lavoro decisamente fuori dagli schemi, molto rischioso e allo stesso tempo decisamente azzeccato: rischioso perché bisogna avere molta personalità e sicurezza nei propri mezzi per lanciarsi in un’opera così originale, azzeccato perché queste sono qualità che non fanno difetto all’autrice che prende il mito e lo rende umano, immaginandone ricordi e rimpianti.
Escluse alcune visioni, che riportano alla memoria del protagonista i momenti salienti della sua vita in campo sportivo e le persone che ne hanno fatto parte, il libro è ambientato in un’immaginaria locanda in puro stile irlandese che, come sottolineato dall’ottimo Remo Gandolfi nella prefazione, si trova sospesa tra l’Inferno e il Paradiso, il luogo dove del resto “ha vissuto George Best nei quasi 60 anni della sua esistenza”.
“George and the Devil” è un dialogo serrato tra il campione e la misteriosa “Madame”, una serie di analisi “a freddo” che l’ex stella degli stadi può permettersi soltanto adesso, libero da una vita fatta di eccessi e dalla paura della fine che spesso è parte stessa di chi vive sempre al massimo, senza mai dare l’impressione di voler sollevare il piede dall’acceleratore.
Ed ecco così i soldi, la fama, le donne, i compagni, le partite, la paterna figura di Sir Matt Busby, che rese il ragazzino di talento un uomo prima ancora che un campione. Una chiacchierata intensa e intima che spesso Best sembra fare con se stesso in attesa dell’immancabile giudizio: sarà Inferno o Paradiso?
Un’opera snella – poco più di 80 pagine – che più che un romanzo sembra quasi una pièce teatrale e che anzi, sicuramente si presterebbe a questo tipo di rappresentazione. Un’esperienza, in cui inevitabilmente pensieri e parole di un uomo controverso e imperscrutabile come fu George Best sono frutto dell’interpretazione dell’autrice apparendo però allo stesso tempo estremamente vivi e realistici.
“George and the Devil” è un’opera unica nel suo genere, ben scritta e strutturata e che raggiunge lo scopo prefisso, raccontare la vita di una delle più grandi stelle nella storia del calcio da un punto di vista intimo e decisamente originale.
Domande all’autrice Lisa Musetti
Questo è il tuo primo libro a tema calcistico: perché proprio George Best? Come sei “entrata in contatto” con lui?
Quando ero poco meno che adolescente un problema di salute mi ha bloccò a letto per settimane. Cercando di alleviare quella solitudine mia madre, che doveva lavorare praticamente tutto il giorno, mi regalò l’abbonamento per quella televisione via cavo che a quel tempo si chiamava Tele+1 e Tele +2 (c’era anche Tele +3 mi pare ma non era di mio interesse) . Il canale sportivo trasmetteva le partite di Oltremanica ed io mi innamorai del Manchester United di Sir Alex Ferguson e del suo numero 7 : Eric Cantona, che resta ancora il mio idolo calcistico. Da quel momento mi sono appassionata al mito della squadra e soprattutto a quello che quel numero 7 aveva significato ed avrebbe significato in futuro, con Beckham e Ronaldo per esempio.
Lo stile con cui racconti la storia è molto coraggioso e originale: da dove è nata l’idea di “George and the Devil”?
So che sembra un libro “giudizioso” ma io per prima nella vita ho fatto tante cavolate, continuo a farle e altrettante ne farò. Ma non me ne pento affatto, anzi. Mai avrei potuto pensare ad un Best “pentito” di qualche suo eccesso…in tutta onestà non ci avrei mai creduto. Preferisco vederlo come un libro specchio, dove non dover, a mia volta, pentirmi di nulla. Mi piaceva l’idea che fosse una donna che non provasse attrazione per lui e che per qualche motivo , nonostante l’estetica, per lui non provasse impulsi sessuali a valutarlo. La vecchia regola del contrappasso dantesco, no? Spesso leggo che alcool, donne e gioco fossero fra i Demoni di Georgie. Io credo il contrario. Credo che quei vizi fossero il modo in cui lui teneva davvero a bada i suoi Demoni, che erano ben altri. L’incomprensione ad esempio, o la solitudine…
In futuro possiamo aspettarci altri libri a tema calcistico? Esistono all’orizzonte altri personaggi che potrebbero esercitare su di te lo stesso fascino del quinto Beatle?
Si ma non una biografia, Un giornalista di Sky, Federico Buffa, mi ha rivelato un dettaglio davvero bizzarro (no, non l’omosessualità, che sembra tanto stuzzicare quanto impaurire l’ambiente) di certi calciatori, tanto da spingermi ad idealizzarne un romanzo, un thriller ambientato nel mondo del calcio. Se va male scriverò un libro di cucina, altra mia passione. Ho queste due opzioni.
Nel libro Madame porta Best a riflettere in modo molto intimo su quella che è stata la sua vita: ti sei basata più sulla documentazione raccolta su di lui per scrivere il romanzo o sulla tua personale interpretazione del mito?
Ho letto moltissimo su George Best ma non mi sarei avvicinata a lui se non avessi vissuto, all’età di ventuno anni , sei mesi in Irlanda. Irlanda del Sud si intende, ma, per fare un esempio solo fino ad un paio di decenni fa in quella nazione la religione era importantissima. Quando andai in ospedale per alcune analisi, a Dublino, la prima cosa che mi chiesero era se fossi Protestante o Cattolica. Ritengo l’Irlanda la mia vera casa e quando decisi di scrivere questo libro feci molti viaggi a Belfast. Quello che mi colpì è che, seppur perfino l’aeroporto è dedicato a lui, nei fumosi pub di Belfast si sente ancora parlare del fenomeno un po’ “traditore” perché non abbastanza indipendentista (non per nulla nella sua carriera fu preso di mira dall’I.R.A, la fazione violenta dell’indipendentismo irlandese). L’Irlanda dovrebbe essere unita e lui sarebbe dovuto esser figlio di un’Irlanda unita per essere davvero amato da tutta l’Isola di Smeraldo. Per rispondere alla tua domanda quindi direi che sono anni che ronzo intorno al signor Best.