Jimmy Thorpe, giovane portiere del Sunderland, morì a soli 22 anni in seguito agli infortuni subiti durante una partita contro il Chelsea nel 1936. La sua tragica vicenda scosse l’Inghilterra calcistica e portò a un cambiamento epocale nel regolamento, introducendo la norma che protegge i portieri dalle cariche avversarie. La sua memoria vive ancora oggi come simbolo di un calcio che, a caro prezzo, imparò a tutelare i propri protagonisti.
Thorpe nacque il 16 settembre 1913 a Jarrow, una cittadina industriale nel nord-est dell’Inghilterra. Figlio di un operaio dei cantieri navali, conobbe fin da ragazzo la durezza della vita quotidiana e trovò nel calcio non solo una passione, ma anche la speranza di un futuro migliore. Giocava spesso nei campetti locali, distinguendosi per coraggio e riflessi pronti, qualità che lo portarono presto a essere notato dagli osservatori del Sunderland.
Entrò nel club nel 1930, quando aveva appena 17 anni. La sua crescita fu rapida: inizialmente riserva, seppe sfruttare ogni occasione per mettersi in mostra. Nel 1934 fece il suo debutto ufficiale in prima squadra, impressionando tifosi e compagni per la sicurezza mostrata nonostante la giovane età. In pochi mesi divenne il titolare indiscusso dei Black Cats, difendendo la porta di una squadra che stava tornando a competere per i vertici del campionato.
Il Sunderland, nato in seguito addirittura a una guerra civile e glorioso a cavallo tra XIX e XX secolo, con cinque titoli conquistati tra il 1892 e il 1902, aveva vissuto decenni di attesa. La stagione 1935/36 sembrava l’occasione giusta per riportare il club al successo. Il contributo di Thorpe era fondamentale: il suo stile tra i pali trasmetteva fiducia a tutta la retroguardia, e il suo entusiasmo giovane rappresentava la promessa di un futuro luminoso.
La partita maledetta contro il Chelsea
Il 1° febbraio 1936 il Sunderland affrontò il Chelsea in un match che, sulla carta, poteva sembrare uno dei tanti nel cammino verso il titolo. Per larghi tratti della partita i Black Cats dominarono, portandosi avanti per 3-1. Sembrava tutto sotto controllo, ma la situazione precipitò quando Thorpe fu coinvolto in un episodio che cambiò la sua vita per sempre.
Nel corso della ripresa, su un retropassaggio di un compagno, il giovane portiere si gettò sul pallone per bloccarlo con le mani. Gli attaccanti avversari, approfittando di un regolamento che ancora consentiva la carica sul portiere, lo colpirono con forza mentre era a terra. Calci al petto, colpi alla testa: Thorpe resistette come poté, ma appariva chiaramente scosso.
Negli ultimi minuti la sua resistenza fisica crollò. Visibilmente sofferente, non riuscì più a intervenire con la stessa prontezza, e il Chelsea rimontò fino al 3-3. I giornali del giorno dopo parlarono di “una giornata negativa” per lui, ma chi aveva visto la scena sapeva che la realtà era ben diversa: Thorpe era stato vittima di una brutalità consentita da regole ormai anacronistiche, retaggio di un calcio pionieristico che già in passato aveva causato numerosi infortuni, come quelli patiti da Leigh Richmond Roose, senza però mai sfociare in una tragedia simile.
Thorpe fu portato immediatamente all’ospedale cittadino. I medici riscontrarono fratture alle costole e gravi contusioni. La situazione appariva delicata, ma non disperata. Tuttavia, la condizione cronica di cui soffriva – il diabete mellito – complicava tutto. Da anni era costretto a sottoporsi a dolorose iniezioni quotidiane di insulina, una pratica che negli anni ’30 era ancora poco perfezionata e difficile da gestire. Le ferite subite in campo aggravarono il quadro clinico, causando un rapido peggioramento.
Nei giorni successivi le sue condizioni peggiorarono irrimediabilmente. Nonostante le cure, il 5 febbraio 1936 Jimmy Thorpe morì a soli 22 anni. La notizia della sua scomparsa si diffuse in poche ore in tutta l’Inghilterra, lasciando tifosi e addetti ai lavori sgomenti. Per molti non era solo la perdita di un grande talento, ma la dimostrazione lampante di quanto il calcio avesse bisogno di regole più giuste.
L’eredità e il cambiamento delle regole
La morte di Thorpe ebbe un impatto immediato. La Football Association, sotto la pressione dell’opinione pubblica, introdusse finalmente una norma che vietava la carica sul portiere, ponendo fine a una pratica pericolosa e anacronistica. Si trattò di un cambiamento epocale: per la prima volta, chi difendeva la porta ebbe una tutela riconosciuta dal regolamento.
Il Sunderland, devastato dalla perdita del suo giovane numero uno, trovò comunque la forza di portare a termine la stagione con orgoglio. Al termine del campionato 1935/36 i Black Cats conquistarono il titolo inglese. In un momento carico di emozione, la medaglia di campione fu consegnata alla giovane vedova di Thorpe, simbolo di un trionfo macchiato dalla tragedia.
Con il passare degli anni, la sua memoria non si è mai spenta. Viene ricordato come un martire del ruolo, un portiere che, con la sua morte, contribuì a rendere il calcio un gioco più sicuro. Se oggi chi difende i pali può stringere il pallone tra le mani senza temere di essere colpito dagli avversari, il merito va anche, soprattutto, al sacrificio di Jimmy Thorpe.
Jimmy Thorpe
- Nazionalità: Inghilterra
- Nato a: Jarrow (Inghilterra) il 16 settembre 1913
- Morto a: Sunderland (Inghilterra) il 5 febbraio 1936
- Ruolo: portiere
- Squadre di club: Sunderland
- Trofei conquistati: campionato inglese 1935/1936
SITOGRAFIA:
- Nickels, J. (06/10/2017) The tragic story of Sunderland’s Jimmy Thorpe, who died playing for the club he loved – Roker Report
- Goalkeeping – Spartacus Educational
- McParlan, P. (03/11/2017) James Horatio Thorpe and the tale of a tragic but gifted goalkeeper forgotten to time – These Football Times





