A cavallo degli anni ’30 la Juventus si trasformò da compagine giovane e ambiziosa a vera e propria potenza del calcio italiano. Simbolo del passaggio tra le due ere fu Carlo Bigatto, iconico capitano entrato nella storia per il suo aspetto unico ma protagonista anche in campo e totalmente innamorato della Vecchia Signora.
In un calcio italiano che stava rapidamente cambiando il proprio volto, e in una Juventus che stava finalmente scoprendo il proprio destino – diventare la squadra più vincente d’Italia – Carlo Bigatto fu uno dei più grandi protagonisti, simbolo di passaggio dal calcio dei pionieri e dei dilettanti a quello dei professionisti protagonisti dei grandi stadi in tutto il Paese.
Nato a Balzola, paesino tra Alessandria e Vercelli, emerse nel Piemonte Football Club per poi approdare a 18 anni alla Juventus: la squadra bianconera, nata da appena 15 anni, sarebbe stata il suo unico grande amore, un amore ricambiato visto che nel lungo periodo (dal 1918 al 1931) in cui Bigatto militò in bianconero la Juventus crebbe, diventando prima grande e poi grandissima.
Leader nato
Nato come punta, Bigatto tornò dal fronte – dove era stato servendo nella brigata fanteria Pinerolo – trovando il suo vecchio ruolo occupato, e senza problemi si trasformò in un valente centrocampista, mediano adibito al controllo dell’ala avversaria oppure centromediano, fulcro del gioco nel “Metodo” allora imperante in quegli anni in Italia.
Eclettico, abile tecnicamente ed estremamente caparbio, era dotato di una fortissima personalità. Le cronache dell’epoca raccontano che la sua più rinomata abilità fosse lo “sgambetto amichevole”, precursore del fallo tattico: lo utilizzava per intimidire l’avversario diretto e spezzare il gioco, dimostrando grande lettura del gioco nella sua complessità.
Non si pensi, però, a un semplice entusiasta. Non sarebbe bastato l’entusiasmo, infatti, a garantirgli per più di 10 stagioni un posto in una squadra che cresceva e andava rinforzandosi sempre di più. Dopo il primo trasferimento di calciomercato, infatti, la Juventus si trasformò – complice anche l’acquisto nel 1923 da parte della famiglia Agnelli – in una potenza tecnica ed economica. In questa realtà Bigatto continuò a trovare comunque spazio, pur restando un puro dilettante che rifiutò sempre qualsiasi forma di stipendio legato al calcio.
Carlo Bigatto, sigarette bianconere
Carlo Bigatto prese letteralmente la Juventus per mano, assistendo in prima persona e da protagonista alla trasformazione del club nella “Vecchia Signora” che tutti conosciamo. Il suo aspetto inconfondibile – un copricapo provvisto anche di copri-orecchie a spicchi bianconero, sostituito a volte da una bandana bianca – lo rendeva una figura apparentemente comica, ma in campo non fu mai preso sottogamba da nessun avversario.
Il capitano dello Scudetto del 1925/1926, il 2° del club e il 1° per la dinastia Agnelli, passò dalla stagione dei primi pionieri a quella di Combi, Rosetta, Allemandi, Pastore, Hirzer e Munerati. E poi ancora a quella di Orsi, Monti, Cesarini e Caligaris. Correva sempre, per tutti i 90 minuti, nonostante uno stile di vita tutt’altro che salubre passato alla storia: accanito fumatore, le cronache raccontano infatti che arrivasse a fumare fino a 140 sigarette al giorno. Anche per questo, si dice, non volle mai diventare un professionista.
Se in Nazionale fu una comparsa (appena 5 le gare in azzurro, con il CT Pozzo che ne temeva la personalità esuberante) nella Juventus fu una vera e propria istituzione, chiudendo con la conquista di un altro Scudetto nella stagione 1930-31, il primo titolo del cosiddetto “Quinquennio d’oro”.

Un’istituzione
A 36 anni, e dopo ben 211 gare giocate in bianconero, Bigatto si ritirò per poi tornare da allenatore nella stagione 1934-1935, conducendo i bianconeri (in coppia con Benedetto Gola) alla conquista di un altro titolo superando al filo di lana l’Ambrosiana-Inter con un’epica vittoria a Firenze all’ultima giornata.
Subito dopo si ritirò per occuparsi della sezione di bocce della società, ma pochi anni dopo un brutto male, probabilmente riconducibile alle tante sigarette, lo portò alla morte ad appena 47 anni. Innamorato del calcio e della Juventus, vero e proprio idolo della tifoseria bianconera, il suo curioso aspetto, la sua personalità e la sua bravura sui campi da gioco gli hanno garantito memoria eterna nei tifosi juventini.
Carlo Bigatto
- Nazionalità: Italia
- Nato a: Balzola (Italia) il 29 agosto 1895
- Morto a: Torino (Italia) il 16 settembre 1942
- Squadre di club: Juventus (ITA)
- Trofei conquistati: Serie A 1925/1926, 1930/1931
SITOGRAFIA:
- Fasani, Giovanni (18/11/2014) Carlo Bigatto, Alla faccia del calcio
- Bedeschi, Stefano (29/08/2016) Carlo Bigatto, Il Pallone Racconta