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#StranoCalcio – Speciale Calciomercato

Da quando il nostro amato sport è diventato professionistico, si può dire che il calciomercato sia la parte che più fa parlare di tutto quello che ruota intorno ad un pallone.

Almeno nei mesi estivi, infatti, le discussioni su tattiche e prestazioni individuali lasciano il posto ai sogni dei tifosi e alle dichiarazioni di dirigenti, agenti e calciatori stessi, pronti a giurare una cosa per poi fare esattamente l’opposto e fare e disfare squadre e carriere.

Centinaia di siti e giornali vivono grazie al calciomercato, grazie ai trasferimenti che avvengono, quelli possibili o anche soltanto quelli vociferati. E se è vero che per il dirigente di un club milionario “fare mercato” non è facile, viste le alte cifre e aspettative in ballo, è vero anche che a bassissimi livelli, quando la pecunia è proprio assente, bisogna pur ingegnarsi in qualche modo per donare al proprio allenatore e ai propri tifosi i giocatori necessari per sognare.

Ecco così che ho pensato di raccogliere per #StranoCalcio le storie più assurde legate ai trasferimenti dei calciatori, storie che cominciano addirittura nel lontano 1921, quando l’Hull City acquista il talentuoso difensore Ernest Blenkinsop.

Il costo? di 100 sterline e un barile di birra, necessario per consolare i tifosi del Cudworth Village delusi dalla partenza di un ragazzo che in carriera arriverà a giocare anche 26 gare con la Nazionale Inglese in un periodo compreso tra il 1928 e il 1933.

Gelati, magliette e palloni

Proprio nel 1928, mentre Blenkinsop fa il suo esordio con la maglia dei “Leoni” in una roboante vittoria contro la Francia, un altro trasferimento bizzarro avviene nella patria dei maestri del football. Hugh McLenahan, aitante centrocampista dello Stockport, si trasferisce al Manchester United.

Il prezzo è un freezer pieno di gelati fornito da Louis Rocca, allenatore in seconda dei “Red Devils“, la cui famiglia ha una bella attività nel settore. Lo Stockport, che ha problemi economici tali da sopravvivere anche grazie ad un bar interno allo stadio, non può che accettare.

È sempre l’Inghilterra a entrare in questi simpatici racconti, forse per la maggiore attenzione che viene riservata in terra d’Albione anche al cosiddetto “calcio minore”, vera fucina di campioni.

Campioni a prezzo di saldo

Nel 1984 accade allora che il giovane John Barnes, destinato nel giro di poche stagioni a diventare un’icona del Liverpool e della Nazionale inglese, passi dal Sudbury al Watford con il club (allora di Elton John, oggi della famiglia Pozzo) che lo paga con una fornitura di magliette, mentre nello stesso anno Gary Pallister, promettente difensore poi leggenda del Manchester United, passa dal Billingham al Middlesbrough.

Evidentemente è più quotato di Barnes, visto che il “Boro” per averlo fornisce al Billingham non solo delle magliette, ma anche palloni e i soldi necessari per la costruzione di una porta.

L’anno successivo, ancora in Inghilterra, arriva un altro trasferimento assurdo: Ian Wright, 22 anni e ancora niente di concreto realizzato nel calcio professionistico, passa dal Greenwich Borough al Crystal Palace per un set di pesi da palestra.

Diventerà in seguito uno dei maggiori bomber del calcio inglese, segnando quasi 300 reti in carriera e giocando per 33 volte (9 gol) con l’Inghilterra.

Ali Dia, l’impostore

Per un trasferimento “assurdo” devono passare più di dieci anni, ma quello che avviene nel 1996 è probabilmente l’equivoco di mercato più epocale di sempre: Graeme Souness, manager del Southampton, riceve una telefonata da George Weah e seguendone il consiglio ingaggia il di lui cugino, Ali Dia.

Peccato però che quello al telefono non fosse davvero Weah, ma un amico di questo misconosciuto attaccante senegalese, mai giunto a livello professionistico e che si produrrà – nella sua unica presenza con i “Saints” – in quelli che i media inglesi definiranno “i 53 minuti più imbarazzanti nella storia del calcio”.

Laconico il commento di Le Tissier, idolo dei tifosi del Southampton e a cui Dia è subentrato: “Sembrava di vedere Bambi pattinare sul ghiaccio tanto era imbarazzante.”

Suggestioni rumene e crostacei scandinavi

1998, lasciamo finalmente l’Inghilterra. Ci spostiamo in Romania, dove una piccola squadra locale, la Jiul Petrosani, non attraversa un bel periodo economico ed è costretta a cedere due giocatori per far cassa.

Così Liviu Balcea passa all’UT Arad in cambio di dieci palloni, mentre Ion Radu – forse più talentuoso – finisce al Valcea in cambio di due tonnellate di carne di manzo.

Rivenduta (parola del presidente) fornirà i soldi per pagare gli stipendi al resto della rosa. Chissà come sarà messo tutto a bilancio.

Nel 1999 il Fulham effettua un eccellente colpo di mercato, prelevando il difensore Zat Knight dal Rushall Olympic: non dovrebbe niente al club, che è dilettantistico, ma il patron del club Mohamed Al Fayed, proprietario della catena di grandi magazzini “Harrod’s”, si sdebita dando comunque in cambio ben 30 tute sportive.

Sette stagioni dopo il Fulham realizzerà una gran bella plusvalenza, piazzando il roccioso difensore all’Aston Villa per 5 milioni di euro.

Anche gli anni 2000 continuano a regalare soddisfazioni agli amanti delle storie al limite dell’incredibile: Collins John è oggi, a trent’anni, un onesto centravanti della terza divisione americana nei Pittsburgh Riverhounds, ma in gioventù era considerato uno dei migliori prospetti del calcio olandese.

Era esploso nel Twente, che per averlo dal DES Nijverdal aveva dato in cambio una fornitura di enciclopedie alla scuola locale.

Nella stessa estate, in Norvegia, Kenneth Kristensen passa dal Vindbjart al Floey, che paga al club di provenienza il peso dell’attaccante in gamberetti: 75 kg di crostacei finiscono nelle “casse” del Vindbjart, mentre la carriera di Kristensen passa ovviamente alla storia solo per questo curioso pagamento.

Un gol dal televideo

Nel 2001, intanto, il Wycombe Wanderers raggiunge a sorpresa i quarti di finale della FA Cup: lo guida in panchina Lawrie Sanchez, che nel 1988 ha segnato il gol con cui il sorprendente Wimbledon ha vinto la coppa.

Dovendo affrontare il Leicester City ed essendo a corto di attaccanti per via di una serie di infortuni, Sanchez mette un annuncio sul televideo inglese: cerca un attaccante, in forma e che sia schierabile in Coppa.

All’annuncio risponde l’agente di Roy Essandoh, 25 anni, nord-irlandese di origini ghanesi e reduce da una fallimentare esperienza in Finlandia: in fretta e furia l’accordo viene trovato, Essandoh va in panchina, entra e segna il gol che porta il Wycombe in semifinale a dieci minuti dalla fine.

È l’unica rete nella sua unica esperienza ad un buon livello (che l’ottimo Gianni Galleri racconta nel dettaglio su Storie del Boskov) ma basta per entrare nella storia.

Meglio di Franco Di Santo, che ancora cerca consacrazione nonostante il fatto che all’ultimo Mondiale il CT argentino Sabella lo abbia preferito nientemeno che a Carlos Tevez: adesso costa milioni, ma quando era giovane, nel 2005, i cileni dell’Audax Italiano per averlo dal club locale dov’era cresciuto lo pagarono due reti per le porte e 40 litri di vernice usata per pitturare le stesse.

L’anno successivo, invece, mentre l’Italia si laureava campione del mondo sotto il cielo di Berlino, in Romania si discuteva di un trasferimento controverso: l’UT Arad, il club che meno di dieci anni prima aveva acquistato un difensore in cambio di dieci palloni, aveva ceduto il difensore Marius Cioara al Regal Hornia, che lo aveva pagato 15 kg di salsicce.

Un pagamento ritenuto offensivo dal giocatore, che venutone a conoscenza si era ritirato il giorno successivo, costringendo il club a chiedere indietro la carne, probabilmente già consumata.

La “linea grigia” del Wembley

Nel 2012 la Budweiser acquista il minuscolo club inglese del Wembley: anche sponsor della FA Cup, l’obbiettivo della marca di birra americana è quello di costruire un reality-show sul cammino del club nella stessa coppa, e per rendere interessante il prodotto vengono acquistate numerose glorie ormai tramontate da tempo.

Giungono così a vestire la maglia del piccolo club londinese, che gioca in decima serie, Martin Keown, 46 anni, e Ray Parlour, 40, vecchie glorie dell’Arsenal. Non basta?

Ecco Graeme Le Saux, 44 anni, e poi la coppia d’attacco formata da Claudio Caniggia (45 anni) e Brian McBride, che di anni ne ha “appena” 39. Le riserve? Danny DiChio e Jaime Moreno, 38 anni entrambi, mentre in panchina siederà nientemeno che Terry Venables, ex-CT dell’Inghilterra.

Calcolatrice alla mano sono 290 anni in sette (!), un’età media di 41 anni. Mica male.

L’operazione è a dir poco grottesca, i risultati pessimi: il Wembley esce al secondo turno, schiantato 5-0 dai dilettanti dell’Uxbridge, che per un giorno si divertono a mettere in croce i vecchi (e francamente ormai ridicoli) campioni.

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L’ultimo trasferimento della nostra storia, il più clamoroso per le modalità, non a caso ha come protagonista Paul “Gazza” Gascoigne: il 21 agosto 2014 il proprietario dell’Abbey, club delle serie minori inglesi, annuncia ai tabloid di aver firmato con l’ex-campione, 47 anni.

Chris Forster, questo il suo nome, di professione fa il tassista e ha conosciuto il campione fuori da un club per poi riaccompagnarlo a casa, convincendolo nel tragitto che può ancora giocarsela.

Evidentemente non si è sincerato delle abitudini di Gascoigne, che poche ore dopo viene trovato svenuto in casa sua con una bottiglia di gin in mano e ricoverato per l’ennesima volta in ospedale: l’esordio con la maglia degli “Abbots” non arriverà mai.

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