Ariel Huguetti, “il Maradona di Barrio Billinghurst”

“El Diego y Ariel, uno solo. Suerte 10.”

Difficile che a un turista capiti di passare per Barrio Billinghurst, periferia povera e degradata di Buenos Aires. Chi visita l’Argentina vuole vedere altro, non certo posti dove la disperazione e la miseria la fanno da padrone.

Ma se qualcuno proveniente da fuori dovesse capitare da quelle parti, potrebbe forse notare una scritta su un muro, ormai scolorita e dal significato non del tutto immediato.

El Diego y Ariel, uno solo. Suerte 10.

E potrebbe domandarsi chi fosse mai questo Ariel, che qualcuno ha osato paragonare a nientemeno che “El Diez”, il Dio del calcio, Diego Armando Maradona. Forse chi abita a Barrio Billinghurst potrebbe dirgli chi è stato a realizzare quella scritta, persino a chi era dedicata. E forse – ma solo se questo curioso turista fosse molto fortunato – potrebbe anche dirgli chi è adesso.

Si chiamava Ariel, e per molti era la reincarnazione di Diego Armando Maradona, il più forte calciatore della storia. Stesso sinistro che incantava, stessa fama precoce, fin da bambino.

Non è la storia di Ariel Ortega, “El Burrito” che in effetti fu accostato a Maradona in giovane età e finì poi per essere schiacciato dal paragone come tanti altri prima e dopo di lui. Dotato di tecnica sopraffina, portentoso nei dribbling, Ortega ha fallito nel lasciare scolpito il suo nome a lettere cubitali nella storia del calcio, ma ha avuto pur sempre una carriera notevole, diventando un’icona del River Plate e partecipando da titolare ad un Mondiale con la Selección Albiceleste.

Prima o poi scriverò anche di lui, della sua vita che è stata un romanzo, visto che si tratta pur sempre di uno dei miei giocatori preferiti di sempre, portentoso quanto romantico concentrato di talento e limiti.

Ariel Huguetti, il talento scomparso

L’Ariel di questa storia, però, di cognome fa Huguetti. Cresce nella periferia di Buenos Aires, nel Barrio Billinghurst, e a 14 anni, nell’estate del 2001, il suo nome entra prepotentemente, dal giorno alla notte, nei rotocalchi sportivi di tutto il mondo.

Lo vuole il Barcelona, che ha da poco scoperto in questo modo un certo Lionel Messi; lo vuole il Real Madrid, che proprio a Messi vuole rispondere ingaggiando un ragazzo che si dice sia persino più forte di lui.

Si parla di milioni di euro in ballo, di futuro assicurato, e del resto si tratta di un ragazzo che con i piedi sa fare quello che in moltissimi non riescono a fare con le mani.

Figlio di un autista di tram, Don Adolfo, Ariel Huguetti è capace di fare anche 600 (seicento!) palleggi senza far mai toccare terra al pallone.

Da poco è entrato in una squadra succursale del Boca Juniors, una di quelle squadre di quartiere passaggio obbligato – e per uno con il suo talento, scontato – per arrivare ai grandi livelli.

Potrebbe saltare la gavetta, appunto. Ha pure parenti italiani, tanto che di lui scrivono pure i nostri giornalisti, che certo non perdono occasione quando si tratta di cavalcare la minima suggestione che arriva da oltreoceano.

Predestinato

Ariel Huguetti è un predestinato, dunque, con solo l’imbarazzo della scelta.

Uno di cui parla persino lo stesso Maradona, che saggiamente gli consiglia di completare prima la propria crescita umana e professionale in patria, vicino alla famiglia, ai genitori, alle quattro sorelle.

E in Argentina Huguetti in effetti resterà, scomparendo però dai radar del calcio mondiale con la stessa clamorosa rapidità con cui vi era entrato.

Non solo non arriva l’attesa chiamata europea, ma anche le porte del Boca Juniors restano chiuse, come quelle di qualsiasi società professionistica argentina.

Scompare letteralmente nel nulla quel ragazzino che aveva incantato mezzo mondo, al quale aveva fatto scoprire quella casa dove il telefono, da semplice ornamento, si era trasformato nel mezzo per sognare una vita lontana dalla povertà.

Ai giornalisti lui e il padre avevano raccontato la sua storia, quella di un bambino speciale ma uguale a tanti altri, che dormiva con le scarpette da calcio avute in regalo, che andava a piedi agli allenamenti e giocava con gli amici sotto casa con palloni improvvisati risultando sempre il migliore, il più conteso.

Un brusco risveglio

Sempre il più bravo di tutti, fino a quando non si è trattato di fare sul serio.

Ariel non gioca più. Oggi avrebbe 27 anni, eppure il telefono in casa Huguetti dev’essere tornato ad essere un ornamento.

Persino Google non riesce a dirci niente di lui, di quello che è stato da quei giorni.

Quelli in cui sembrava avere il mondo ai propri piedi.

Anzi, una cosa Google ce la può ancora mostrare, tra gli entusiastici articoli dell’epoca: una foto del giovane Ariel, il pallone in mano, le amate scarpette ai piedi, un carico di sogni ed un futuro splendente che sembrava già scritto e che invece non si è mai compiuto.

Al suo fianco un muro del suo quartiere, Barrio Billinghurst.

Una scritta.

“El Diego y Ariel, uno solo. Suerte 10.”


Aggiornamento 2016

Grazie all’amico e lettore Davide Di Lorenzo (il suo blog su YOUng.it lo potete trovare a questo LINK) sono riuscito a scoprire che fine ha fatto Ariel Huguetti, notizia a dire la verità molto difficile da reperire.

Il sito danese www.cules.dk, dedicato ai tifosi del Barcelona, racconta che dopo l’estate del 2001 effettivamente il ragazzo scomparve dai radar del calcio mondiale, dimostrandosi incapace di rispondere alle enormi aspettative che lo circondavano.

Dopo essere stato bocciato in un provino al Barcelona, dove stava per imporsi il suo coetaneo Messi, ha lasciato il calcio per poi tentare un rientro nel 2006 grazie ad alcuni intermediari lussemburghesi.

Ma è stato considerato non idoneo e scartato ancora persino dal calcio amatoriale tedesco.

Attualmente vive a Madrid, dove conduce una vita anonima lontana dal pallone e dalla gloria.


SITOGRAFIA:

  • The_Big_Aristotele (09/01/2008) Non eri Maradona. Non eri niente. ForUML
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