Immaginate di essere un ragazzo, un giovane calciatore dal talento immenso. Immaginate di giocare nel più forte club inglese e di vedere, poco più che ventenni, morire con i vostri stessi occhi quei campioni che erano i vostri compagni, in un tragico incidente aereo.Immaginate di sopravvivere, voi e pochi altri, e da lì riformare la squadra mattone su mattone. E dieci anni dopo conquistare, prima volta per un team inglese, la Coppa dei Campioni.Questa è stata la vita di Robert Charlton, per tutti Bobby: talento precoce scoperto da Matt Busby durante una partita tra scuole ed entrato nel fortissimo Manchester United appena quindicenne. L’esordio in giovane età, l’esplosione, con 10 gol in 14 gare, appena maggiorenne.
Charlton era il giovane talento di quella squadra fortissima che perse gran parte dei suoi membri nello schianto aereo di Monaco di Baviera nel 1958. I “Red Devils” tornavano da una vittoriosa trasferta europea, nevicava, un errore di valutazione del pilota e lo schianto fatale. Sopravvissero in pochi, Charlton fu uno di questi, un altro fu l’allenatore Busby.
I due ricostruirono il Manchester United da quel volo spezzato: il primo in campo, diventando ogni anno più forte, più maturo, un vero capitano, il secondo dalla panchina con il suo eccezionale fiuto per i giovani e la straordinaria capacità di trarre il meglio da ogni giocatore.
Ci vollero sei stagioni per tornare in alto in campionato, ma Bobby Charlton non poteva accontentarsi di questo. C’erano i Mondiali alle porte, era giunto il momento di dimostrare il mondo che i “Maestri” non erano un bluff: era giunto il suo momento.
A 29 anni, nel pieno della forma, Bobby Charlton aveva pochi eguali al mondo. Scatto da centometrista, fiato da maratoneta, copriva tutto il campo dal centrocampo all’attacco grazie ad un enorme intelligenza tattica e ad un carisma innato che rendeva automatico per i compagni affidargli il pallone. E poi?
Una potenza fisica sorprendente per uno alto appena 173 centimetri, un dribbling portentoso frutto di anni e anni di costante allenamento, la capacità di piazzare assist perfetti e quella di sparare in porta implacabilmente da qualsiasi distanza. Un tiro forte e preciso che gli fa insaccare il pallone oltre 200 volte con la maglia dello United e quasi cinquanta (49) con la maglia dell’Inghilterra.
La Nazionale si plasma intorno a lui: è un ottima squadra, per carità, ma è Charlton il fuoriclasse, l’uomo che segna la differenza. È lui a sradicare il pallone dai piedi di un malcapitato messicano e a involarsi verso la porta rivale, trafiggendo Carbajal e sbloccando una squadra che aveva deluso pareggiando 0 a 0 la prima gara e che si avviava a ripetere il copione alla seconda in quella Coppa Rimet del ’66.
È ancora lui a stroncare la rivelazione-Portogallo di Eusebio, lo fa con due reti che spianano la strada ai Leoni verso la finale. Avversari? I tedeschi, con un giovane ventenne di belle speranze che lo marca e con il quale compie uno dei duelli più belli di sempre. Quel ragazzo è Beckenbauer, riesce anche a limitarlo, ma il destino è dalla parte degli inglesi, deve esserlo dopo anni di batoste. Deve esserlo per Bobby Charlton, che per scrivere la storia è sfuggito alla morte.
E infatti è così, è lui a ricevere la Coppa dalla Regina e ad alzarla per i tifosi ubriachi come sempre, ma stavolta (anche) di gioia.
Vince il Pallone d’Oro, quell’anno. Che non avrà la classe di Matthews, ma in campo sa fare tutto. E non si ferma mai, forte di una volontà temprata dal dolore di aver perso i compagni tanto amati. Ha giurato di vincere per loro. Un Mondiale potrebbe bastare. Un Pallone d’Oro? Pure. E invece no, manca ancora qualcosa. Qualcosa firmato “rosso United”.
È il 1968 quando il Manchester United giunge in finale di Coppa dei Campioni: sono passati esattamente dieci anni dallo schianto di Monaco, il ragazzo si è fatto uomo, campione. Lo dimostra, annichilendo con due reti il Benfica di (ancora) Eusebio. 4 a 1, il Manchester United è la prima squadra inglese ad alzare la Coppa dei Campioni. Un trionfo, l’ultimo, quel che serviva.
Lascia lo United a 37 anni, dopo 758 gare giocate con la maglia dei Red Devils, dopo aver vinto tutto. Eroe vissuto due volte, eroe per sempre: perché per quanto il calcio inglese abbia avuto eroi prima e dopo di lui, ci sarà sempre e solo un Bobby Charlton.