martedì, Novembre 18, 2025

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Calcio e politica: propaganda, ideologia e potere nello sport

Tutti sanno ormai che, da almeno un secolo, il calcio è molto più di uno sport. Dai totalitarismi del XX secolo ai moderni scenari globali, il pallone ha spesso raccontato più di quanto sembri: ideologie, propagande, identità nazionali e narrazioni collettive. Questo articolo raccoglie alcune delle storie più emblematiche in cui il calcio è stato piegato a fini politici. E ci aiuta a leggere il presente con occhi diversi.

Il calcio come strumento del potere

Già dai primi decenni del Novecento, molti governi hanno intuito il potenziale comunicativo del calcio. Raduna masse, scatena passioni, crea miti. In epoca fascista, ad esempio, Benito Mussolini sfruttò i successi della Nazionale italiana per alimentare il consenso interno e mostrare una presunta superiorità culturale e fisica. I Mondiali del 1934 in Italia furono il primo grande caso di evento sportivo usato come vetrina ideologica.

Ma l’Italia non fu sola. Anche la Germania nazista, la Spagna franchista, l’Argentina della giunta militare e l’Unione Sovietica – con la famosa storia inventata sulla cosiddetta “Partita della Morte” – fecero del calcio uno strumento di soft power, propaganda e controllo. La retorica sportiva serviva a costruire identità collettive e legittimare il potere.

Matthias Sindelar e l’Austria del rifiuto

Una delle storie più emblematiche è quella di Matthias Sindelar, il “Mozart del calcio”. Capitano del Wunderteam austriaco, si racconta che si rifiutò di rappresentare la Germania nazista dopo l’Anschluss del 1938 e che in una partita simbolica, organizzata proprio per celebrare l’annessione dell’Austria alla Germania nazista, segnò un gol celebrativo e si rifiutò di festeggiare.

Pochi mesi dopo, fu trovato morto nel suo appartamento, in circostanze mai del tutto chiarite. Il suo gesto e la sua fine ne hanno fatto un simbolo di resistenza civile nonostante sia stato provato poi che la sua vita e la sua morte sono state ampiamente romanzate. Pur nel dubbio storico, la sua storia testimonia la forza espressiva del calcio anche come atto politico individuale.

Eric Liddell: lo sport come scelta morale

Un altro simbolo di sport e coscienza è Eric Liddell, noto per l’atletica ma profondamente legato anche al calcio. Missionario e atleta scozzese, rifiutò di correre la finale dei 100 metri alle Olimpiadi del 1924 perché si disputava di domenica. Meno nota è la sua attività sportiva in Cina, dove negli anni ’30 organizzò partite tra studenti e detenuti, anche nei campi di internamento giapponesi.

Liddell – una delle figure che ha ispirato il celebre film “Momenti di gloria” – incarna un uso etico e umanitario dello sport. Anche sotto regimi oppressivi, ogni gesto sportivo può diventare una presa di posizione simbolica. Del resto le storie di calcio e politica sono numerose, e attraversano tutta la storia dello stesso sport nato come passatempo per i ricchi londinesi.

Le nazionali come specchio del regime

Le nazionali di calcio sono spesso state utilizzate come strumenti di immagine. Il regime argentino organizzò i Mondiali del 1978 durante la dittatura militare, mentre centinaia di oppositori venivano torturati a pochi chilometri dagli stadi. Il torneo fu un successo mediatico, ma è oggi una delle edizioni più controverse della storia del calcio.

Altro esempio: la nazionale sovietica, espressione dell’efficienza socialista ma con personaggi oscuri come Valerij Voronin, o quella dell’Iran post-rivoluzionario, che incarnava i valori teocratici della nuova Repubblica. Persino eventi minori, come la discussa finale olimpica del 1920 tra Belgio e Cecoslovacchia, riflettono tensioni geopolitiche più ampie.

La leggenda di Albert Fantrau: propaganda travestita da favola

La propaganda passa anche attraverso la finzione. Emblematico il caso virale di Albert Fantrau, presunto amico di Cristiano Ronaldo che avrebbe rinunciato a una carriera da calciatore per favorire il compagno. Una storia senza prove, ma largamente condivisa, spesso accompagnata da frasi edificanti e musiche ispirazionali.

La leggenda di Fantrau è evidentemente, nonostante qualcuno si ostini a crederci, una fake news. Ma mostra in modo chiaro e inequivocabile quanto le emozioni legate al calcio possano essere manipolate per trasmettere ideali, valori e retoriche. Una propaganda gentile, ma non meno efficace.

Il calcio oggi: geopolitica, brand e identità

Nel presente, la propaganda sportiva assume forme nuove. I Mondiali del Qatar 2022, tra polemiche sui diritti umani e accuse di corruzione, sono stati una gigantesca operazione di sportwashing: usare lo sport per ripulire l’immagine internazionale di un Paese.

Il calcio continua a essere terreno fertile per la retorica identitaria: basti pensare alle polemiche sulle nazionali miste, sui simboli patriottici, sulle proteste in ginocchio, sui boicottaggi politici. In un mondo globalizzato, il pallone resta un veicolo potentissimo di narrazioni contrapposte.

Dalla morte di Sindelar al sacrificio (fittizio) di Fantrau, il calcio ci mostra quanto lo sport più popolare al mondo possa essere terreno di lotta simbolica. Ogni gesto, ogni vittoria, ogni sconfitta può diventare strumento di propaganda, specchio della società e delle sue tensioni. Il potere, del resto, non poteva restare insensibile a una realtà così importante per milioni di persone.

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Simone Cola
Simone Colahttps://www.uomonelpallone.it
Amante del calcio in ogni sua forma e degli uomini che hanno contribuito a scriverne la leggenda

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