Una delle più note e affascinanti storie di calcio arrivate ai giorni nostri è quella che riguarda Matthias Sindelar, vera e propria icona del calcio europeo a cavallo tra la prima e la seconda guerra mondiale. Un campione assoluto, la punta di diamante della fortissima Austria che negli anni ’30 sembrava destinata a dominare la scena del football internazionale.
Nota ai tempi – e passata alla storia – come Wunderteam (“Squadra delle meraviglie”), l’Austria di Sindelar è entrata nell’immaginario collettivo per numerosi motivi. Tra questi il fatto che proprio grazie al suo straordinario centravanti propose per prima, a livello internazionale, la figura del “falso nueve” che riteniamo essere idea decisamente più moderna. Eliminata in modo dubbio ai Mondiali del 1934 dall’Italia di Mussolini, a pochi passi dalla gloria, la squadra sparì pochi anni dopo.
A causare la fine di una delle Nazionali più forti di tutti i tempi fu l’Anschluss, la riunificazione forzata con la Germania nazista arrivata nel marzo del 1938. Un evento che di fatto cancellò l’identità nazionale di un Paese che nel nascente panorama del calcio internazionale godeva di grande considerazione. Tra le tante stelle della squadra guidata da Hugo Meisl, come detto, la più luminosa era sicuramente Matthias Sindelar, del cui destino si sarebbe parlato poi per anni.
La versione comune del destino di Sindelar
Preso atto della grande popolarità del calcio, come molti altri regimi anche quello nazista mirò alla formazione di una squadra imbattibile. Un progetto naufragato quasi sul nascere per numerosi motivi, tra cui il rifiuto di Sindelar di indossare la maglia della Germania. Una presa di posizione netta, che molti definirono ideologica. Orfano di padre, caduto sull’Isonzo nella prima guerra mondiale, “Cartavelina” (der Papierene, soprannome dovuto al fisico esile) aveva sempre rifiutato la guerra e la violenza.
Inoltre non aveva mai nascosto le sue simpatie nei confronti del popolo ebraico, principale bersaglio della folle propaganda del regime di Hitler. Ebreo era il presidente del suo Austria Vienna, Emanuel Schwarz, che all’indomani della deposizione voluta dai nazisti Sindelar aveva salutato con una toccante lettera. Ebrea, si dice, era anche la sua compagna, Camilla Castagnola, conosciuta in Italia nel 1934 mentre si trovava in ospedale dopo essere stato malmenato in campo dai padroni di casa futuri campioni del mondo.
L’Anschlussspiel e la misteriosa morte
Come se non bastasse c’era stato il famoso episodio dell’Anschlussspiel, la “partita di riunificazione” voluta dalla Germania per celebrare l’annessione dell’Austria. Nella sua ultima partita con la Nazionale, che 90 minuti più tardi avrebbe cessato di esistere, Sindelar si era rifiutato di fare il saluto nazista e poi aveva irriso i vertici del regime, presenti in tribuna, ridicolizzando i modesti avversari in una gara che, secondo evidenti regole non scritte, i tedeschi non avrebbero dovuto perdere.
Naturale che un personaggio così inviso al regime avrebbe potuto fare una brutta fine. Che infatti arrivò tragicamente il 23 gennaio del 1939. Prossimo ai 36 anni, Sindelar fu trovato morto insieme alla compagna nella di lei abitazione, entrambi avvelenati dal monossido di carbonio fuoriuscito da una stufa difettosa. Un episodio che naturalmente diede vita a numerose speculazioni, ma che per molti era evidente: incapaci di portarlo dalla propria parte, i nazisti avevano deciso di eliminare il campione. Questa, più o meno, la versione ufficiale arrivata ai giorni nostri.
La morte di Matthias Sindelar tra realtà e romanzo
Naturale che una storia di tale impatto abbia conquistato il cuore degli appassionati, così come quelli degli scrittori più romantici. Per quanto mi riguarda ne ho scritto nel 2015, dando per scontato che la versione ufficiale fosse stata confutata dai tanti che avevano fatto altrettanto nel corso degli anni. Un errore, comune a quello di molti altri colleghi e di testate anche di una certa fama, come potete certo constatare cercando su qualsiasi motore di ricerca. In realtà la storia di Sindelar è stata ampiamente romanzata.
Come spiega uno splendido articolo di “Game Of Goals”, infatti, sono numerose le mezze verità e le bugie sulla vita e sulla morte di Matthias Sindelar. Che senz’altro fu un campione e una bella persona, ma probabilmente fu allo stesso tempo ben lontano dall’essere quel simbolo di lotta al Nazismo con cui è passato alla storia. La fonte che cita certe incongruenze è del resto più che autorevole.
L’autore infatti è Jo Araf, autore del libro “Generazione Wunderteam” ed esperto di calcio danubiano. Che dopo aver studiato a fondo la vicenda di Cartavelina indica tutte le contraddizioni presenti nella sua storia. A partire dalla “fidanzata ebrea”. Camilla Castagnola era una donna viennese, il cui cognome da nubile era Durspect. Aveva assunto il cognome italiano dopo essersi sposata con un nostro connazionale immigrato in Austria. E non era ebrea.
Anschlussspiel e morte: mezze verità
Araf sottolinea che il clima nella “partita della riunificazione” fu sereno secondo numerose fonti. Sindelar segnò un gol – non in modo epico come descritto da più fonti – e lo celebrò sotto la tribuna, ma si trattò di un semplice omaggio ai pochi tifosi austriaci presenti. Vero è che non indossò mai la maglia della Germania. Ma è possibile che questo accadde anche a causa dell’età (quasi 35 anni al momento dell’Anschlussspiel) e dei problemi al ginocchio che lo accompagnavano fin da giovane.
Anche i suoi rapporti con il mondo ebraico furono meno “romantici” di quanto raccontato. Certo il campione non fu mai a favore delle leggi razziali naziste, ma non si schierò in modo veemente come fatto intendere da tanti storici. Rilevando anzi il Cafè che avrebbe gestito dopo il ritiro a un prezzo ridotto proprio perché i precedenti proprietari erano ebrei, dunque costretti a vendere.
Sulla morte regge poco la tesi del suicidio, conseguenza della depressione causata dalla fine dell’Austria come entità indipendente. Sindelar aveva trascorso la sera precedente bevendo e giocando d’azzardo in compagnia. Certamente potrebbe essere stato avvelenato dai nazisti. Ma alla luce di quanto detto nei paragrafi precedenti è difficile credere che il regime avrebbe guadagnato qualcosa assassinando un simbolo del calcio locale. Simbolo che come abbiamo visto, oltretutto, non era poi così scomodo.
Sindelar e “la partita della morte”: due storie romanzate
Arrivati a questo punto viene in mente un altro celebre episodio, andato in scena nello stesso periodo e arrivato ai giorni nostri in modo decisamente romanzato. Parliamo della famosa “Partita della Morte”, la gara andata in scena in Ucraina in cui i nazisti, sconfitti dagli eroi locali, si sarebbero vendicati con la fucilazione avvenuta addirittura sul campo. Un episodio ampiamente smentito nei fatti, per esempio, da un eccellente articolo di Minuto Settantotto.
In quest’ultimo caso la storia sarebbe stata letteralmente “data per buona” dal romanzo (definito come tale dallo stesso autore) “Dynamo: Defending the honour of Kiev” di Andy Dougan. Nel caso di Sindelar invece abbiamo “La partita dell’addio” di Nello Governato. La storia romanzata – ma come abbiamo visto non veritiera in molte delle sue parti – della vita e della morte di Matthias Sindelar.
Certo Matthias Sindelar è stato un grande campione, simbolo di una delle squadre più forti di tutti i tempi. E sicuramente non ha mai avuto simpatie naziste. Ma nell’Austria occupata non era semplice schierarsi apertamente contro il regime. E come nel caso della “Partita della Morte” gli storici sono chiamati ad analizzarne la storia in modo veritiero, senza cedere al comprensibile romanticismo che ha poi confuso anche tanti blogger e giornalisti. Me compreso, naturalmente.
Conclusione: il dovere della verità
Probabilmente, come evidenzia Minuto Settantotto nel suo articolo, questo accade per un mix tra pigrizia degli autori e necessità di trasformare episodi quasi comuni in racconti epici. La ricerca della verità resta però un dovere, per rispetto nei confronti di lettori e spettatori e degli stessi protagonisti, il cui ricordo rischia di essere “sporcato” cancellando i comunque numerosi episodi meritevoli compiuti in vita.
Avevo già corretto l’articolo su Sindelar ai tempi, aggiungendo nel finale quanto scoperto in seguito. A questo episodio ho dedicato anche un video sul mio canale YouTube, un lungo (vi ho avvisati!) dialogo con Jo Araf. Arrivati a questo punto, dopo avervi ricordato che non sempre la dicitura “una storia vera” significa che la storia è vera, non mi rimane altro da fare che salutarvi. Alla prossima!
Matthias Sindelar
- Soprannome: Cartavelina (der Papierene)
- Nato a: Kozlov (oggi Repubblica Ceca) il 10 febbraio 1903
- Morto a: Vienna (Austria) il 23 gennaio 1939
- Ruolo: attaccante
- Squadre di club: Hertha Vienna, Austria Vienna
- Trofei conquistati: Coppa d’Austria 1924/1925, 1925/1926, 1932/1933, 1934/1935, 1935/1936, campionato austriaco 1925/1926, Coppa dell’Europa Centrale 1933, 1936, Coppa Internazionale 1931/1932