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Sait Altınordu, il più grande “uomo squadra” di sempre

Con la conclusione della prossima stagione, quella 2015/2016, Francesco Totti concluderà la sua stagione numero 24 con la maglia della Roma. Una striscia incredibile, che gli permetterà di raggiungere icone come il pioniere inglese Bob Crompton, che si distinse a inizio secolo con il Blackburn Rovers, e i ben più noti Paolo Maldini e Ryan Giggs, leggende rispettivamente di Milan e Manchester United.

Una striscia da record? Quasi. Ancora tre stagioni ed ecco che “Er Pupone” potrà dire di avere raggiunto colui che guida la classifica dei calciatori che più a lungo si sono identificati con un solo club. Il suo nome? Sait Altınordu, turco, professione difensore, che fu per ben 27 stagioni bandiera inossidabile dell’Altınordu Spor Kulübü.

Un momento: Altınordu Spor Kulübü e Sait Altınordu? Proprio così. L’uomo che più a lungo si è identificato con una squadra di calcio si chiamava proprio come la squadra stessa, una storia romantica e incredibile che mescola le sue radici con quelle di un Paese, la Turchia, che ancora oggi è in un precario equilibrio tra tradizione e modernità e che ai tempi in cui il giovane Sait nacque, nel 1912, stava ancora nascendo.

In quell’anno infatti l’Impero Ottomano aveva subito gravissime perdite territoriali nelle Guerre Balcaniche, e nel giro di una decina di anni era finito per diventare soltanto un nome per i libri di storia, lasciando spazio al nuovo che avanzava: la Turchia, guidata da Mustafa Kemal Atatürk, “il padre dei turchi”.

Questi aveva col tempo varato una serie di riforme tali da rendere il Paese moderno ed efficiente, e una di queste, la “legge del cognome” prevedeva che ogni cittadino facente parte del neonato Stato si dotasse appunto di un cognome tale da renderlo riconoscibile alla legge. Mentre cattolici ed ebrei ne erano già in possesso, i musulmani avrebbero dovuto liberamente scegliersene uno.

sait_altinordu_ya_ozel_sayfa_h13020568_0c8c1Siamo nel 1934, e per il 22enne Sait non vi è alcun dubbio su quale cognome adottare: già da ormai 8 stagioni giostra al centro della difesa dell’Altınordu Spor Kulübü, squadra di Smirne formatasi nel 1923 e che ha da subito visto tra i suoi perni fondamentali quel ragazzo arrivato da 500 km più a nord, da Istanbul, che all’epoca ha appena 14 anni ma già abbastanza talento da giocare con gli adulti.

Naturale che il giovane entusiasta scelga proprio Altınordu come cognome: gli antichi romani sostenevano che “nomen omen”, nel nome di una persona è nascosto il suo destino, e nel caso di Sait si può senz’altro dire che sia vero.

Sia chiaro, si tratta di un calcio turco ancora agli albori, roba da pionieri o poco più: il primo campionato nazionale, a livello amatoriale, è quello del 1936/1937, partito all’indomani della disastrosa spedizione alle Olimpiadi di Berlino, dove i turchi sono usciti al primo turno, sconfitti sonoramente dalla Norvegia – che poi conquisterà addirittura il bronzo, mettendo in difficoltà l’Italia campione – per 4-0.

Sait in quell’unica gara giostra al centro della difesa, compito che normalmente svolge anche nel club da cui ha preso il cognome, ma niente può contro i possenti e più smaliziati avversari scandinavi.

Fino al 1936, e dalla nascita dello stesso club datata 1923, l’Altınordu ha giocato nella İzmir Football League, il campionato cittadino di Smirne, ingaggiando un fiero duello con il più potente e rinomato Altay e conquistando per 4 volte il titolo.

Mentre i campionati cittadino-regionali continuano ad essere giocati, all’indomani delle Olimpiadi di Berlino del 1936 ha inizio anche il campionato turco, il Milli Küme Şampiyonası, che prevede la partecipazione delle quattro migliori squadre di Istanbul, delle due migliori di Ankara e di due squadre di İzmir/Smirne: l’Altınordu unisce le proprie forze ai rivali dell’Altay e al Bucaspor formando l’Üçok, compagine che parte con tante speranze ma presto si scontra con la dura realtà che vede le squadre del Nord molto più forti e attrezzate.

L’unica eccezione sta proprio in Sait Altınordu, che gioca a tutto campo cercando di cantare e portare la croce risultando addirittura, lui che è un difensore, il miglior marcatore del campionato: segna 13 reti, la metà di quanto segna complessivamente l’Üçok, che si piazza all’ultimo posto con 20 punti in un assurdo campionato che assegna 3 punti per una vittoria, 2 per un pareggio e inspiegabilmente 1 pure per la sconfitta.

Sait Altınordu non ha vinto niente in carriera, eccettuata quella classifica cannonieri e ancora un paio di campionati cittadini: la sua è una storia che cozzerebbe con il calcio di oggi, quello dove molti tifosi misurano un campione dai trofei alzati e non da quanto espresso in campo.

Cozzerebbe, la storia di questa incredibile bandiera, ed infine vincerebbe: perché questo difensore eclettico, completo, in avanti con i tempi e capacissimo di destreggiarsi anche a centrocampo, rifiutò in numerose occasioni i ponti d’oro che le grandi squadre di Istanbul, Galatasaray e Fenerbache, gli offrirono negli anni per unirsi a loro.

Questa scelta, che probabilmente gli è costata la Nazionale con cui ha giocato solo una gara, lo ha però reso un idolo immortale nella città di Smirne: Sait si ritirò infatti nel 1953, alla bella età di 41 anni e dopo ben 27 stagioni nello stesso club, dove è nato, cresciuto e divenuto uomo e leggenda.

Ritiratosi all’alba della nascita del professionismo e dopo una carriera vissuta in sordina con il rapido declino della sua squadra, scivolata nelle serie minori turche, condusse una vita relativamente modesta fino alla morte, passeggiando per l’amata Smirne e sorseggiando spesso l’amato rakı, istituzione nazionale nel campo degli alcolici.

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Smirne ha dedicato al suo fedelissimo eroe due monumenti, uno visibile alla locale stazione ferroviaria e l’altro nella piazza che porta il suo nome, “Sait Altınordu Meydani”, mentre anche la sua tomba è tutt’ora luogo di culto e venerazione da parte dei tifosi del piccolo club da cui questo eroe prese il cognome e di cui ha in gran parte scritto la storia, che ai giorni nostri sgomita nella terza serie turca, spodestato nel cuore dei cittadini da Altay, Göztepe e Karşıyaka, squadre più note, ricche, vincenti.

Eppure ancora oggi il nome dell’Altınordu è ricordato grazie a lui, Sait Altınordu, l’uomo che più a lungo di tutti si è identificato in un club calcistico, non soltanto per via di una curiosa storia di nomi e cognomi. 27 anni e una sola, grande, vittoria: l’immortalità. Hai detto niente.

“Vesto la maglia numero 8. Perché? Perché il numero 8 era quello che indossava Sait Altınordu. Lui era l’eroe della mia infanzia. Mentre crescevo, volevo diventare come lui.”

(Metin Oktay, bandiera e storico bomber del Galatasaray, nativo di Smirne)


Questo articolo deve qualcosa di più di un’ispirazione al bellissimo articolo (in inglese) del sito ahalftimereport.com dal titolo “SAIT ALTINORDU, THE ULTIMATE ONE-CLUB MAN

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