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Lee Wai Tong, il Re del football cinese

Chissà se davvero un giorno si realizzerà il progetto che l’amico Nicholas Gineprini ben descrive nel suo libro “Il Sogno Cinese” e che prevede appunto uno sforzo da parte di federcalcio e governo cinesi per portare la nazione più popolosa al mondo in cima alla piramide calcistica entro il 2050.

Per adesso si tratta, appunto, soltanto di un sogno: nonostante possa contare su oltre un miliardo di abitanti, infatti, la Cina non ha mai potuto contare su undici bravi calciatori.

Questione di cultura, di passione, sono innumerevoli i motivi per cui il football non ha mai attecchito, e ancora oggi sono molti i dubbi su quale sarà la reale passione della popolazione, vero motivo di successo nel calcio più dei miliardi e di assi stranieri strapagati ma certamente non altrettanto motivati a lasciare un segno.

Certo è che, se il successo arriverà sarà necessario, più di tutto, ricordare un passato che seppur poco glorioso ha comunque avuto un lampo di speranza, un eroe che ispirò tanti giovani, una meteora che illuminò a giorno la notte cinese.

Il suo nome era Lee Wai Tong.

Quello che sarà il più grande campione della storia del calcio in Cina, tanto per cominciare, nasce a Hong Kong. Pare un dettaglio da nulla, invece non lo è affatto: essendo una colonia britannica, qui il football ha trovato molte meno resistenze, ha attecchito prima, coinvolgendo numerosi bambini.

Soprattutto, in virtù della sua antica virtù di necessitare soltanto di un pallone, i bambini più poveri: Lee Wai Tong è uno di questi, nato a Tai Hang, uno dei tanti sobborghi di Hong Kong privi di legge, igiene e servizi sociali.

Prendendo a calci i sacchi di sabbia

La miseria è tale che anche solo il pallone, unico strumento necessario per giocare a calcio, è un lusso che nessuno può permettersi: Lee si arrangia prendendo a calci le arance, quindi per non sprecare del prezioso cibo ripiega su dei più affidabili, solidi ed economici sacchi pieni di sabbia.

Una tortura che però si rivelerà per lui fondamentale nella crescita, dato che svilupperà così un tiro formidabile.

Cresciuto in Cina dall’età di 4 anni, senza però perdere la passione per il football, torna a Hong Kong per motivi di studio quando è ormai un ragazzo, iscrivendosi al Queen’s College ma lasciandolo ben presto.

Inizialmente la sua scelta è quella di proseguire l’attività di famiglia – il padre ha nel frattempo faticosamente tirato su una ditta di costruzioni edili – ma poi il richiamo del calcio è troppo forte: anche perché si parla di calcio “vero”, non di prendere a pedate sacchi di sabbia per strada.

Lee Wai Tong è nato per giocare a calcio: lo dimostra quando in nemmeno un anno, giovanissimo, raggiunge la prima squadra del South China AA, la più grande squadra della zona, dopo un doveroso quanto rapidissimo passaggio nella formazione giovanile.

Inizialmente schierato come ala sinistra, passa presto al centro dell’attacco e nello stesso anno si prende la maglia della Nazionale per i “Giochi dell’Estremo Oriente”, i Far Eastern Games.

Un’ascesa inarrestabile

Siamo nel 1923, Lee Wai Tong ha appena 18 anni ed è già il punto di riferimento del calcio cinese: già, perché ai Far Eastern Games, che la Cina domina nel calcio distruggendo le Filippine per 3-1 e il Giappone con un sonante 5-1, la Nazionale è rappresentata interamente dal South China di questo giovane fenomeno.

Che annienta i nipponici segnando una tripletta in appena cinque minuti guadagnandosi così il soprannome che lo accompagnerà per tutta la vita: “Il Re del Football”.

L’avvento di Lee Wai Tong coincide con l’inizio dell’era d’oro del calcio in Cina: la squadra non perde un colpo, e se in patria conquisterà per ben otto volte il campionato, a livello internazionale Lee e compagni non conoscono rivali né sconfitte.

Dal 1923 al 1934 i “Giochi dell’Estremo Oriente” vengono disputati cinque volte, e per altrettante volte a vincere è la Cina, tanto che per le imminenti Olimpiadi di Berlino del 1936 aleggia intorno alla squadra, prima asiatica insieme al Giappone a partecipare al calcio olimpico, un palpabile quanto fondato ottimismo.

Di nuovo in Cina

In questi anni Lee Wai Tong è cresciuto, si è fatto prima un uomo e poi, rapidamente, leggenda. Una leggenda che si è immediatamente trasferita in Cina: nel 1925 al ventenne Lee viene offerto il compito di insegnante di educazione fisica nella Fudan University di Shanghai.

E qui nasce un altro aspetto particolare del suo mito quando, guidando una selezione scolastica l’anno successivo, Lee ha distrutto 4-1, nella Challenge Cup, un team britannico imbattuto in città da ben nove anni.

“Noi non siamo i malati d’Asia”, possono finalmente titolare i giornali il giorno successivo alla partita, la prima che vede una squadra di cinesi vincere contro i maestri d’Albione.

Lee Wai Tong diventa così un simbolo contro la forza e la supponenza degli stranieri, trasformandosi in un idolo nazionale che va ben al di là del suo ruolo di calciatore.

Lee Wai Tong, “il Re del Football”

In carriera, questo straordinario giocatore ha segnato ben 1260 gol, un’enormità in cui spicca un curioso dato statistico: appena 5 o 6 sono arrivati di testa, cosa di non poco conto considerando che madre natura lo ha dotato di un fisico notevole per gli standard asiatici.

Alto oltre 180 centimetri, Lee non si è mai allenato nel gioco aereo, avendo affinato il suo stile nelle strade, ed è così che pur essendo nominalmente un centravanti, agisce in realtà come un vero e proprio uomo-squadra, che calpesta ogni zolla della metà campo avversaria.

Del resto, per andare a segno, “il Re del Football” non ha certo bisogno di insinuarsi in area di rigore: sono tantissime le reti che arrivano dalla distanza, frutto di un tiro preciso e soprattutto violentissimo, naturale conseguenza dei primi calci dati da bambino ai sacchi di sabbia.

Campione vero

Oltretutto è di una rapidità impressionante: le lunghe e muscolose gambe bruciano sullo scatto qualsiasi difensore, il fisico comunque è notevole, la facilità di tiro è straordinaria. Da ogni posizione, anche sbilanciato e persino da terra, Lee Wai Tong è capace di scagliare verso la porta tiri di rara bellezza e potenza.

Sembra una favola, e se è vero che è impossibile giudicare un calciatore di quell’epoca oggi senza correre il rischio di sminuirlo oppure esaltarne oltremodo le qualità, è altrettanto vero che se fosse vera soltanto la metà di quello che si racconta su Lee Wai Tong si parlerebbe senz’altro di una leggenda del calcio senza se e senza ma.

Ad esempio si dice che in una partita Lee segni ben sette gol, e che l’ultimo di questi sia una tale cannonata da sfondare la rete, lasciando il portiere terrorizzato. Si dice anche che siano numerosissimi i casi in cui l’estremo difensore pensi più a evitare il pallone, calciato a velocità supersonica dal nostro eroe, che a tentare di intercettarlo. 

Un assaggio d’Europa

Quando la Nazionale sta per partire alla volta di Berlino, nel 1936, viene reso noto che dei 220.000 yen necessari per sostenere il viaggio fino in Germania il governo ne coprirà appena 170.000.

Ecco allora che, prima di raggiungere l’Europa, Lee e compagni devono sostenere ben 27 amichevoli per raccogliere i fondi necessari, affrontando una dopo l’altra le rappresentative nazionali di Vietnam, Filippine, Singapore, India e Malesia.

Alla fine i soldi arrivano, ma i cinesi giungono nella capitale tedesca evidentemente provati: in un torneo che vede la prima (e unica) affermazione dell’Italia e il crollo della Germania passa quasi in secondo piano l’immediata uscita della Cina, sconfitta appena per 2-0 dalla Gran Bretagna, abile ad andare a segno nel giro di dieci minuti con Dodds e Finch.

Nonostante la sconfitta Lee Wai Tong ha ancora una volta giganteggiato, al punto che l’Arsenal – prima squadra inglese ad aprirsi ai non britannici nel football – chiede informazioni su di lui, imitata poi dai francesi del Red Star.

Uomo d’onore

Con i Gunners londinesi Lee Wai Tong gioca anche una partita, ma da avversario: è una sconfitta per 3-2, ma entrambe le reti cinesi portano la sua firma e i consensi tra gli avversari sono unanimi tanto quanto lo stupore. I cinesi sanno giocare a calcio?

Niente da fare: Lee Wai Tong ha ormai 31 anni, è un’icona nazionale, e negli anni difficili che aspettano il suo Paese decide di restare al suo posto, ispirando i propri connazionali.

Prima la seconda guerra sino-giapponese e poi la seconda guerra mondiale provano a interrompere la sua carriera, ma il nostro è uno che non molla: il rifiuto di giocare per il South China, nel frattempo finito sotto il controllo dei giapponesi, ne aumenta il mito tra i connazionali, che continua a incoraggiare e sostenere disputando molte partite a scopo benefico dopo essere riuscito a fuggire in modo rocambolesco a Guangdong, dove si è arruolato nell’esercito.

Eroe nazionale

Si ritira nel 1948, a 43 anni, immediatamente riassunto come allenatore della squadra nazionale che prepara le Olimpiadi di Londra: l’esperienza in panchina non gli manca, la capacità di insegnare passione e abilità nemmeno.

Ma manca il tempo: in pochi mesi neanche Lee Wai Tong può fare miracoli, e la squadra esce immediatamente, sconfitta 4-0 dalla Turchia. Come la sua carriera di calciatore, anche quella di allenatore viene interrotta da un conflitto, stavolta si tratta degli ultimi fuochi della Guerra Civile Cinese combattuta tra i nazionalisti del Kuomintang e i membri del Partito Comunista.

Quando i cannoni smettono di sparare tutto il lavoro di Lee Wai Tong è andato in fumo, dato che metà squadra è adesso sotto la bandiera di Taiwan: il mitico “Re del Football” riesce ancora una volta a rinascere, riprendendo il lavoro interrotto e consacrandosi con la vittoria dalla panchina nei Giochi Asiatici del 1954 e del 1958.

Il riconoscimento internazionale

Quindi si ritira, senza però abbandonare il calcio, fedele compagno di una vita: nel 1966 è il primo cinese di sempre a raggiungere il ruolo di vice-presidente della FIFA, dieci anni dopo viene celebrato dalla rivista ufficiale della federcalcio tedesca che, dovendo scegliere i cinque più forti calciatori di sempre, lo inserisce nel ristretto novero insieme a nomi quali “O Rei” Pelé, il primo Pallone d’Oro della storia Stanley Matthews, “la Saeta Rubia” Alfredo Di Stéfano e il leggendario ungherese Ferenc Puskás.

Un riconoscimento importantissimo, l’omaggio a un campione mai troppo celebrato o ricordato e che pure invece dovrebbe essere da esempio per il calcio cinese del futuro: non basteranno i milioni, le infrastrutture, il peso politico.

Serviranno piedi buoni per trionfare, serviranno determinazione, coraggio, furore agonistico.

Serviranno insomma le qualità che incarnò alla perfezione Lee Wai Tong, “il Re del Football”, eterna leggenda del calcio cinese.


SITOGRAFIA:

Ringrazio l’amico Nicholas Gineprini, creatore di Blog Calcio Cina – l’unico vero sito sul calcio cinese in Italia – per l’aiuto.

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