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La leggenda di Mokhtar Dahari, l’anima del calcio malesiano

È davvero difficile da credere, ma non molto tempo fa la storia del calcio ha scritto un capitolo importantissimo anche in Malesia. Al turista e appassionato che dovesse capitare dalle parti dello Stadium Merdeka (“Stadio dell’Indipendenza”), che ha ospitato la sua ultima partita internazionale addirittura nel 2001, potrebbe sembrare una leggenda locale e poco più.

Possibile che un impianto tanto piccolo, capace di contenere a stento 20.000 spettatori, un tempo ne ospitasse più del triplo e fosse noto per essere il più grande di tutto il sud-est asiatico? Possibile che un tempo, qui, i grandi campioni internazionali venissero a sfidare la Malesia senza la certezza di vincere giocando in pantofole?

È tutto vero. Un tempo, che oggi sembra lontanissimo ed è ovviamente sconosciuto ai giovani tifosi locali che seguono i campioni occidentali, le Harimau Malaysia (le “Tigri della Malesia”) erano l’orgoglio di un’intera nazione, che andava letteralmente in estasi ogni volta che vedeva scendere in campo i propri eroi.

C’era una volta il calcio in Malesia

Nomi leggendari, almeno da queste parti, anche se ricordati quasi esclusivamente da chi ormai è piuttosto avanti con l’età: “Spiderman” Arumugam, portiere dalle braccia lunghe e capace di balzi prodigiosi; “Towkay” Soh Chin Aun, difensore capace di giocare oltre 300 partite con la Nazionale; la coppia d’attacco composta da “King” James Wong e “Lipas kudung“– “rapidi movimenti” – Hassan Sani, potente e coraggioso il primo quanto veloce e opportunista il secondo.

Alle loro spalle, la maglia numero dieci, il più grande calciatore mai visto in tutta la Malesia. Il suo nome era Mokhtar Dahari, ma per tutti fu da subito – e per sempre – semplicemente SuperMokh: il. Il supereroe chiamato a rendere popolare il calcio nel Paese. A renderlo grande.

Già, perché quando Mokhtar Dahari viene alla luce, il 13 novembre del 1953, il football in Malesia è uno sport decisamente di nicchia. L’influenza degli inglesi, che occuperanno il territorio fino al 1957, ha sicuramente contribuito a diffonderlo, ma non più di quanto abbia fatto con rugby, cricket, hockey su prato e badminton.

Mokhtar Dahari, il calcio nel destino

Sono tutte discipline in cui il giovane Mokhtar eccelle negli anni scolastici e in cui potrebbe tentare di affermarsi con successo. A detta dei suoi insegnanti non avrebbe che l’imbarazzo della scelta. La svolta arriva nel momento in cui il padre, un onesto quanto povero camionista, in seguito a un esame scolastico superato brillantemente gli dona un paio di scarpe da calcio.

Sono di fattura modesta, e sono costate una miseria. Ma quando ricorderà quel momento SuperMokh racconterà sempre che è stato quel dono, arrivato in quel particolare momento e fatto con il cuore, a decidere il suo futuro.

Al talento naturale Dahari abbina un carattere volitivo e determinato. Utilizza ogni momento libero per allenarsi a calciare il pallone, percorre costantemente le strade della città per irrobustire il fisico. È ferocemente determinato a diventare il calciatore più forte mai visto. Il più bravo di tutti.

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Sono questi allenamenti, che affronta con fervore quasi religioso, a migliorarlo. Insieme a un forte patriottismo, che lo spinge a non mollare mai, a inseguire l’obiettivo che si è prefissato: diventare l’idolo di un intero Paese, tanto multietnico e complicato quanto passionale.

Un talento unico

Non è raro imbattersi in lui mentre corre, o anche semplicemente svolge le mansioni di tutti i giorni, con pesi legati intorno alle caviglie o caricati sulla schiena. Nel giro di alcuni anni una promettente ala sinistra è diventata un calciatore totale, che può giocare virtualmente in ogni zona del campo. Ma che ovviamente, per la classe innata, si posiziona istintivamente sulla trequarti.

Terminati gli studi, il ragazzo entra nella squadra giovanile del suo stato di appartenenza, il Selangor. Poche partite e gli allenatori si rendono conto di avere davanti un talento unico e forse mai visto prima. Credono in lui a tal punto da comprargli, con una colletta, la motocicletta necessaria per raggiungere gli allenamenti dopo che quella precedente gli è stata rubata.

Un gesto non da poco, in un Paese dove il calcio vive comunque ancora una dimensione secondaria. Un gesto che ancora una volta indirizza il giovanissimo SuperMokh verso lo sport in cui sarà capace di scrivere la storia, lo convince di aver fatto la scelta giusta e lo spinge a dare ancora di più.

SuperMokh e la Malesia, un amore infinito

Essendo il calcio un semplice sport da giocare con diletto e passione, ogni valente footballer malesiano deve entrare a far parte della squadra che rappresenta lo stato in cui è nato, uno dei tanti che compongono la Malesia. E con questa maglia – che in un certo senso è dunque il destino ad assegnare – disputare la Malaya Cup, la Coppa della Malaysia, competizione creata nel 1921 ed estremamente affascinante.

Si tratta di un torneo composto da un numero esiguo di partite, in modo da dare spazio al lavoro di tutti i giorni e concedere allo stesso tempo uno spazio crescente alla Nazionale, impegnata nei vari tornei ufficiali e sopratutto nelle numerose partite amichevoli non riconosciute dalla FIFA che gioca in quel periodo.

Eventi che comunque portano, verso l’inizio degli anni ’70, una folla sempre più numerosa a riempire lo Stadium Merdeka di Kuala Lumpur, capace di contenere fino a 50.000 spettatori. Perché finalmente la Malesia, dopo anni di anonimato, si ritrova come per magia a poter contare su una generazione fantastica, unica, irripetibile. Campioni veri e propri, tra i quali nel 1972 emerge proprio Mokhtar “SuperMokh” Dahari.

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1972: esplode la stella di SuperMokh

È un anno meraviglioso e indimenticabile per Dahari. La conquista dell’ultimo trofeo giovanile, l’esordio nella prima squadra del Selangor, lanciato dal più grande calciatore malesiano prima di lui, Abdul Ghani Minhat, la vittoria della Coppa di Malesia e del titolo di capocannoniere. E infine il glorioso quanto desiderato esordio con la Nazionale.

Che giocatore, SuperMokh. Un vero “dieci”, che giostra dietro le punte e che con il suo continuo movimento riesce sempre a farsi trovare smarcato. Punto di riferimento di ogni azione offensiva, una volta ricevuto il pallone può fare di tutto: lanciare con precisione le punte, prodursi in dribbling ubriacanti e inarrestabili, colpire da ogni distanza e posizione con tiri tanto potenti e improvvisi quanto precisi, chirurgici.

La folla si innamora immediatamente di quello straordinario campione, e se è vero che il calcio in Malesia ha una storia, con buona pace del suo eroe e mentore Ghani Minhat questa senz’altro inizia con l’ascesa del grande Mokhtar Dahari.

Una carriera da supereroe

Vero è che ha la fortuna di far parte di una squadra tanto forte quanto irripetibile, ma è la sua presenza a convincere tutti i tifosi che se è in giornata nessun avversario può essere insuperabile. Le partite della Nazionale diventano un business, un evento da inscenare quanto più frequentemente possibile e all’interno del quale Mokhtar riveste il ruolo dell’attrazione principale.

Anche il Selangor non può certo farne a meno. Ne ha bisogno per inseguire il successo in Coppa di Malesia, e lui non si tirerà mai indietro, lavorando al mattino nel suo ufficio, allenandosi nel pomeriggio e giocando la sera, sempre con successo.

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Il supereroe ha muscoli eccezionali, grande volontà, classe e creatività, tutte qualità che dispensa con generosità e costanza in una carriera che durerà quasi vent’anni. In questo periodo partecipa 16 volte alla coppa nazionale giocando 12 finali e vincendone 10, gioca quasi 400 gare, segna quasi 200 reti. E innumerevoli, ovviamente, sono quelle che fa segnare.

Qualcuno potrebbe pensare a uno straordinario fenomeno locale, a un gigante tra i nani di un movimento ai limiti del dilettantismo. Interpretazione lecita, che però si scontra con quanto dimostrato da SuperMokh nelle grandi sfide internazionali contro campioni che, teoricamente, avrebbero dovuto ridicolizzare lui e i compagni.

Nel 1973 viene eletto miglior calciatore d’Asia, mentre due anni dopo ridicolizza la difesa del forte Arsenal – venuto a Kuala Lampur con l’idea di disputare una facile amichevole pre-stagionale – segnando due reti che gli valgono l’interesse dei Gunners e persino del glorioso Real Madrid, che lo avvicina promettendogli un ricco ingaggio da professionista.

Mokhtar Dahari, bandiera vera

Una proposta che il grande SuperMokh rifiuta garbatamente ma con fermezza: ama il suo Paese e mai intenderà lasciarlo. Forse è in quel momento che pronuncia le parole che passeranno alla storia e diventeranno il suo slogan.

Mokthar Dahari un’altra bandiera non la cercherà mai. Neanche nel 1978, quando dopo aver conquistato il bronzo ai Giochi Asiatici e due volte l’oro ai giochi del Sud Est Asiatico, affronta ancora gli inglesi con la Nazionale.

Si tratta dell’Inghilterra B, ma è una squadra che vanta comunque fior di professionisti quali Viv Anderson, Alan Kennedy e Paul Mariner. Alla rete di Kennedy, SuperMokh risponde a suo modo, arpionando il pallone all’altezza del centrocampo e poi involandosi deciso e inarrestabile verso la porta avversaria.

Hero Dahari

Supera un difensore, poi un altro, poi un altro ancora, ne supera cinque in tutto prima di depositare il pallone alle spalle di Joe Corrigan, incredulo come tutti i compagni. Il celebre quotidiano Shoot lo chiama eroe, titola “Hero Dahari“. E ancora si parla di un possibile trasferimento in quello che noi chiamiamo “il calcio che conta”. Cioè, che conta per noi. Ma non per lui, legato visceralmente al suo Paese, alla sua gente, alla folla dello Stadium Merdeka che non perde mai occasione per cantare il suo nome.

Dal 1972 al 1985, anno in cui abbandona la Nazionale dopo aver segnato 125 reti in 167 presenze, Mokhtar Dahari è protagonista dei maggiori successi di sempre della Malesia e assiste da leader due generazioni di grandi giocatori.

Da Abdul Ghani Minat, idolo del Selangor ritiratosi proprio mentre SuperMokh si affacciava al calcio e che rifiutò un’offerta del Cardiff City per continuare gli studi, ai veterani Chandran e Singh, difensori invalicabili.

Dal leggendario portiere Arumugam, a cui si dice Dahari abbia rotto tre dita con un tiro in allenamento, al regista Wong Choon Wah – barista e migliore in campo in una sfida contro la Germania Ovest – fino a Lim Teong Kim, che emerge ormai negli anni ’80 e che in seguito lavorerà anche al Bayern Monaco, scoprendo un certo Thomas Müller.

La scomparsa improvvisa

Mokhtar Dahari dà tutto fino all’ultimo con passione e generosità. Si ritira nel 1987, a 34 anni, quando il fisico comincia a non essere più esplosivo come un tempo, tirando fuori un’ultima magnifica prestazione in un 6-1 che il suo Selangor rifila al Johor: quando l’arbitro fischia la fine si toglie la maglia e la dona al suo Sultano. È finita.

Tornerà in campo qualche anno dopo per un’ultima stagione, su richiesta dei fan e della stessa Federcalcio malesiana, che con l’addio del grande campione ha visto rapidamente scemare l’interesse dei tifosi verso il calcio.

Forse il grande SuperMokh potrebbe ancora tornare utile, dopo il secondo ritiro – preceduto da una sola stagione con più reti che gare giocate – ma purtroppo le speranze del calcio in Malesia avranno vita breve.

Poco prima di ritirarsi per la prima volta, infatti, il grande Dahari si è accorto che qualcosa non va nel suo fisico eccezionale, rendendosi conto di avere problemi sempre più frequenti quando tenta di deglutire.

Recatosi all’ospedale per dei controlli, ne è uscito con una diagnosi terribile: si tratta di SLA, Sclerosi Laterale Amiotrofica, un male tristemente diffuso tra i calciatori e che non lascia scampo. Non dirà niente a nessuno, custodendo questo segreto con la moglie fino all’ultimo, gustandosi ogni ovazione della folla, ogni rete, mentre tenta a Londra una cura improbabile.

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Lutto nazionale: la morte di Mokhtar Dahari

L’11 luglio del 1991, ad appena 37 anni, il cuore del grande campione, che da qualche tempo si è trovato costretto su una sedia a rotelle, smette di battere. Con lui scompare il calcio in Malesia, travolto da anni di cattiva gestione, due tentativi di creare un campionato professionistico falliti, una Nazionale che da superpotenza d’Asia diventa una barzelletta, attualmente al numero 167 nel ranking FIFA e preceduta da realtà quali Nuova Caledonia, São Tomé e Príncipe, Aruba.

Lo scorso anno, per le qualificazioni ai prossimi Mondiali, la Malesia è andata negli Emirati Arabi Uniti, finendo per essere umiliata con una sconfitta per 10-0. La Malaysia Super League non interessa a nessuno, e il suo miglior giocatore è l’ex-meteora al Genoa “Lucho” Figueroa.

E lo Stadium Merdeka? È stato rimodernato, come si dice oggi, o più propriamente ridimensionato. Oggi può contenere meno della metà dei 50.000 spettatori di un tempo e viene utilizzato per concerti e altri avvenimenti.

Il pallone, quello ormai è una cosa passata: un ricordo per vecchi appassionati, un sogno nato e scomparso insieme a “SuperMokh” Mokhtar Dahari, il più grande calciatore mai visto da queste parti, per sempre il cuore e l’anima del calcio malesiano.

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SITOGRAFIA:

BIBLIOGRAFIA:

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