Attilio Ferraris è stato il primo capitano della Roma e campione del mondo con l’Italia nel 1934. Personaggio unico e caratteristico, ha scritto la storia del nostro calcio e viene ancora oggi ricordato con affetto dalla tifoseria giallorossa e da tutti gli appassionati.
Un aneddoto che la dice lunga su chi sia stato Attilio Ferraris detto “er Più”, primo capitano della storia della Roma e Campione del Mondo nel 1934, può senz’altro essere quello che riguarda il suo funerale: nella commozione generale ci si accorse che non era stato possibile trovare una maglia azzurra con cui seppellirlo, tanto che il fraterno amico Fulvio Bernardini provvide a donare la sua.
Impossibile trovare una sola delle tante maglie azzurre vestite da Attilio Ferraris, che al rientro da ogni partita con l’Italia veniva assalito da orde di ragazzini a cui finiva inevitabilmente per donare il cimelio tanto prezioso.
Un personaggio unico e inimitabile
Uomo dal cuore grande e dalla vita stravagante, era nato da genitori originari di Biella, nel piemontese, ragion per cui la Juventus si era presto fiondata su di lui quando da poco aveva cominciato a prendere a calci un pallone e già se ne dicevano meraviglie. I bianconeri avevano offerto 20.000 lire, cifra importante che il padre aveva però rifiutato con la consapevolezza che “Tilio” avrebbe voluto continuare a giocare a Roma, nella sua città, tra i suoi amici e sotto gli occhi del “suo” pubblico.
L’esordio nel calcio che conta era arrivato nel 1922, quando la Roma era ancora un’entità indefinita e il calcio della Capitale vedeva la Lazio protagonista e a ruota le altre società che nel 1927 avrebbero dato vita alla società giallorossa: Alba Roma, Roman e Fortitudo.
Proprio in quest’ultima brillò inizialmente la stella di Attilio Ferraris, detto Ferraris IV per distinguerlo dagli altri tre fratelli calciatori, nessuno dei quali dotato però della sua grinta e del suo talento. Mediano destro naturale, a volte si disimpegnava come terzino e come centromediano, e alla nascita della Roma il suo incontenibile carisma fece si che venisse designato primo capitano della squadra, di cui sarebbe stato l’anima per le prime sette stagioni, periodo in cui arrivarono un secondo e un terzo posto alle spalle dell’imprendibile “Juventus del Quinquennio”.
Erano anni di un calcio fiabesco rispetto a quello di oggi, e quasi ogni calciatore giallorosso riceve un soprannome da parte dei tifosi: in mezzo a “l’impunito” Ziroli, a “Bibbitone” Mattei e a “Sciabbolone” Volk, a Ferraris toccarono sia “er Più” che “omo de fero”. Entrambi sottolineavano la sua proverbiale grinta, qualità che univa a una corsa instancabile e piedi più che educati, caratteristiche che colpirono il CT azzurro Vittorio Pozzo.
Attilio Ferraris, la prima stella della Roma
Fu il primo romanista della storia a vestire la maglia dell’Italia, già indossata ai tempi della Roman in due amichevoli contro Svizzera e Cecoslovacchia. Protagonista della vittoria della Coppa Internazionale 1927-1930, formò raramente in azzurro la coppia mediana che esaltava i tifosi della Roma e che lo vede giostrare di fianco al “Dottore” Fulvio Bernardini, che Pozzo considerava “troppo bravo”, troppo tecnico e lezioso, per il suo Sistema. Un parere che “er Più” non condivideva, al punto che un giorno avvicinò l’amico e gli donò la fascia.
A vederlo correre in campo non si sarebbe detto, ma Ferraris conduceva tutt’altro che vita d’atleta: faceva le ore piccole, amava il poker e i locali notturni, beveva, fumava moltissimo ed era sempre a caccia di donne. Gli scontri con i vari allenatori, indispettiti dalla sua apparente indisciplina, erano più che frequenti.
Il più famoso avvenne prima di una gara poi persa 7-1 con la Juventus, quando fuggì dal ritiro per andare a vedere la celebre soubrette nera Josephine Baker. Ogni volta la situazione rientrava grazie al presidente Sacerdoti, che gli riconosceva l’indubbio ascendente che esercitava sui compagni, che prima di ogni gara venivano catechizzati da “er Più” con il suo motto più celebre.
Il rapporto con la Roma, che lo definiva come uomo e come calciatore, terminò improvvisamente nel 1934 dopo un derby pareggiato in modo rocambolesco per 3-3. Accusato di essersi venduto la partita e in generale di scarsa professionalità, fu messo alla porta e ripescato proprio da Vittorio Pozzo, che stava preparando l’Italia in vista dei Mondiali e sentiva di aver bisogno della sostanza di “Er Più”.
Eroe mondiale
Il CT lo convinse a smettere momentaneamente con le sigarette, i locali, le soubrette, e ad allenarsi duramente: ebbe successo, Ferraris partì come riserva ma trovò ben presto posto grazie allo sfortunato infortunio di Pizziolo, e giostrando da interno di collegamento fu tra i protagonisti della trionfale cavalcata azzurra.
Terminato il torneo, ancora indispettito con una squadra a cui sentiva di aver dato tanto senza essere ricambiato allo stesso modo, tradì la Roma trasferendosi alla Lazio, che pagò persino una multa pur di poterlo schierare in un derby in cui venne fischiato dagli ex-tifosi ma riverito e abbracciato dai vecchi compagni.
La morte improvvisa e l’eredità
La sua indisciplina lo portò a resistere poco in un’ambiente che non era quello giallorosso, così dopo la Lazio passò al Bari, tornò brevemente alla Roma e quindi si trasferì al Catania per concludere quasi 40enne con la maglia dell’Elettronica, compagine di terz’ordine della Capitale.
Qui fu squalificato a vita per aver colpito un arbitro, appese gli scarpini al chiodo e si dedicò alla gestione di un locale notturno, una sua grande passione che lo spinse a trasferirsi in Toscana, a Montecatini Terme in provincia di Pistoia. Al pallone giocava ancora, con gli amici, e fu sul campo che morì improvvisamente l’8 maggio del 1947, quando in una partitella svettò in alto per cogliere il pallone di testa per poi precipitare subito dopo a terra vittima d’infarto.
Aveva da poco compiuto 43 anni, e la sua morte sconvolse la stampa sportiva e gli appassionati, che ricordavano la grinta, il coraggio e il carisma de “l’omo de fero”, il primo capitano della Roma e uno dei primi veri e propri “personaggi” del calcio italiano, simbolo di romanità e di un calcio tanto diverso quanto – forse – migliore di quello patinato di oggi. Attilio Ferraris, “er Più”.
Attilio Ferraris
- Nazionalità: Italia
- Nato a: Roma (Italia) il 26 marzo 1904
- Morto a: Montecatini Terme (Italia) l’8 maggio 1947
- Ruolo: centrocampista
- Soprannome: Er Più, Ferraris IV
- Squadre di club: Fortitudo (ITA), Roma (ITA), Lazio (ITA), Catania (ITA), Bari (ITA), Elettronica (ITA)
- Trofei conquistati: Mondiali 1934
SITOGRAFIA:
- Stabile, Adriano (06/04/2016) Capitan Attilio Ferraris IV, l’omo de fero morto sul campo, Storia della Roma