Di seguito il primo capitolo del mio libro “Pionieri del Football – Storie di calcio vittoriano 1863/1889”: la descrizione di come è nato il calcio al termine delle riunioni della Football Association andate in scena nella famosa Freemason’s Tavern nell’inverno del 1863.
In principio era il Field Game
1° dicembre 1863.
Nella stanza che accoglieva gli uomini che poche settimane prima avevano fondato la Football Association l’atmosfera si fece improvvisamente elettrica. Ebenezer Cobb Morley lo aveva immaginato fin dal primo momento, e non intendeva fare passi indietro: come lui, del resto, la pensava ormai anche la maggior parte dei presenti a quella quinta riunione che – dopo i convenevoli del primo incontro avvenuto un lunedì sera di ottobre nella Freemason’s Tavern di Great Queen Street – sarebbe servita a sancire, in modo definitivo, un metodo di gioco universale per tutti quelli che avessero inteso cimentarsi nella disciplina del football.
Legale rampante ed entusiasta sportivo proveniente da Hull, Morley era stato il fondatore di una delle prime squadre londinesi, il Barnes Club, ed era stata sua l’idea di invitare i rappresentanti dei migliori club cittadini a questo meeting. Se nel primo incontro tutti erano sembrati d’accordo e avevano di fatto deciso di formare la FA, organo dedicato alla codificazione del nascente football, quando si era passati a parlare del regolamento erano subito sorte le prime dispute importanti. Certe convinzioni e tradizioni, tanto diverse da scuola a scuola quanto radicate, avevano un peso senz’altro più importante dei brindisi di cortesia o delle educate strette di mano.
Un gruppo di entusiasti pionieri
Per i club della scuola Blackheath di Greenwich, che con ben tre diverse squadre aveva rappresentato un quarto dei membri fondatori, era impensabile che fosse proibito un gesto tanto sano e virile quanto lo strattonare l’avversario in possesso della sfera. Passasse il giocare la palla quasi esclusivamente con i piedi, ma che tutti i club presenti meno i loro pensassero che spingere, placcare e scalciare un avversario fosse pratica scorretta – invece che dimostrazione di coraggio e di fiero desiderio di battagliare – era una cosa fuori dal mondo.
Morley invece insisteva nella sua linea: lui stesso aveva vergato le voci che avrebbero regolato il gioco, e lo aveva fatto con la consapevolezza di rispettare i desideri della maggioranza dei presenti, convinto che quella sarebbe stata la strada più giusta per rendere il nuovo sport elegante, popolare e di facile diffusione. Anni dopo questo incontro sarebbe stato la risposta a chi si sarebbe chiesto come è nato il calcio.
Le origini del mob football
Da sempre convinto delle potenzialità di questo gioco, che egli stesso praticava con successo, era arrivato a Londra appena qualche anno prima, ritrovandosi presto coinvolto nelle discussioni che spesso nascevano tra studenti e persino ex-studenti su quale fosse “il modo giusto di giocare”. Già, perché prima che il calcio avesse la forma per cui lo conosciamo oggi, ogni parte d’Inghilterra, ogni scuola o università, lo giocava secondo i propri gusti, le proprie tradizioni e le proprie possibilità. L’origine, comune a tutte queste prime versioni del gioco, era stata l’antico mob football, praticato nel Medioevo in alcuni villaggi e città che, in occasione di queste “partite”, si dividevano letteralmente in due squadre.

I contendenti, a volte per giorni, si davano da fare per portare un pallone nella “porta” avversaria, spesso rappresentata da un ponte o un particolare edificio, senza esclusione di colpi. Com’è facilmente immaginabile, i feriti durante una partita di mob football erano all’ordine del giorno, e spesso ci scappava pure il morto. Per questo motivo, questo barbaro gioco era stato a lungo proibito, salvo poi ricomparire verso la fine del XVI secolo nelle varie città inglesi e, in versioni più raffinate, nelle scuole, per essere in seguito introdotto dagli studenti nelle università, dove presto erano sorte compagini che raccoglievano anche ex-alunni.
Come è nato il calcio: regole e stili del tutto differenti
Proprio per questa sua diffusione spontanea, negli istituti scolastici il nuovo gioco aveva assunto caratteristiche diverse a seconda dell’ambiente in cui aveva attecchito: se, ad esempio, ad Harrow si utilizzavano delle “basi” invece delle porte, a Westminster le regole permettevano di calciare il pallone dopo averlo sollevato con le mani, cosa impossibile, invece, a Charterhouse, per via degli stretti chiostri dell’antica certosa sulla quale l’università era sorta e che avevano limitato il gioco al solo utilizzo dei piedi arrivando persino a consentire alcuni rudimentali passaggi, anche se le porte dove il pallone andava spedito erano quattro, una per ogni lato del cortile.
Si trattava comunque di un primo abbozzo di calcio, tutto il contrario rispetto a come si giocava a Rugby o a Blackheath, dove i giocatori correvano con il pallone tra le mani e con unico limite il proprio coraggio e la propria incoscienza, affrontando difensori cui il regolamento limitava di poco le possibilità di intervento.
Dalle Cambridge Rules…
Di queste università soltanto Charterhouse mandò un proprio rappresentante alle riunioni volte alla nascita della FA, un semplice osservatore in attesa che tutte le migliori public schools decidessero se aderire o no al progetto di Morley e soci. Nella burrascosa temperie che precede la nascita della FA, non possiamo dimenticare due personaggi, che a più riprese tentarono di dar luogo ad un comune regolamento. Parliamo di John Charles Thring e Henry de Winton, che giunti da poco tempo da Shreswbury all’Università di Cambridge, nel 1848 – anno famoso per le rivoluzioni in mezza Europa, ma che poco hanno a che vedere con l’isolato ambiente britannico – intravidero nella disparità dei regolamenti adottati l’impossibilità di effettuare sfide tra i diversi istituti scolastici.
Per venire a capo del problema pensarono quindi di organizzare un incontro, al quale vennero invitati rappresentanti di Eton, Harrow, Rugby, Winchester. Non mancarono naturalmente alcuni uomini inviati dalla loro vecchia scuola. Dopo otto ore di discussioni, il risultato, steso nero su bianco, portò alle cosiddette Cambridge Rules. Queste in linea di massima avevano il pregio di riunire i principi di tutti i regolamenti adottati negli istituti. Così, insieme all’uso delle mani e dei passaggi all’indietro, in voga a Rugby, trovò posto la consuetudine di prendere a calci il pallone, tipica di Eton.
…al Simplest Game
Le Cambridge Rules in definitiva permisero finalmente le sfide interscolastiche, rendendo il Field Game più popolare e alla portata di tutti. Non è finita, resosi conto della complessità delle regole, Thring nel 1862 si rimise nuovamente al lavoro e riuscì a condensare il regolamento, eliminando tutte quelle voci che riteneva superflue e che rendevano troppo complesso lo svolgimento del gioco. Queste variazioni presero poi il nome di Uppingham Rules, dall’università che annoverava Thring tra i docenti, o Simplest Game, cioè “il gioco più semplice”.
Nonostante i due set di regole realizzati da Thring non avessero deciso come il pallone andasse giocato, se con le mani o con i piedi, molte altre regole sarebbero state la base delle prime Laws of the Game della FA. Se strattonare e spingere era ancora permesso, i calci, già ai tempi delle Cambridge Rules, potevano essere indirizzati soltanto al pallone.
La nascita del “sabato nel pallone”
Fare sport era un’attività sana e incoraggiata dalla società vittoriana: vessata da turni di lavoro massacranti, che non prevedevano giorni di riposo stabiliti, la classe operaia aveva espresso il proprio malcontento in modo sempre più evidente, tanto da portare il primo ministro Sir George Grey – che temeva una vera rivolta popolare– ad istituire il famoso Factory Act del 1850.
Questo provvedimento, che stabiliva dei limiti precisi entro cui i dirigenti d’azienda avrebbero potuto sfruttare la propria manodopera, aveva portato per la prima volta il proletariato a godere forse per la prima volta di vero e proprio tempo libero. Al fine di evitare che questo venisse dedicato esclusivamente al consumo di alcol e alla pratica di altre attività poco edificanti, furono allo stesso tempo promosse tutte quelle attività sportive che avrebbero potuto tenere occupate le menti dei giovani inglesi e che contemporaneamente ne avrebbero svagato l’anima. Non è forse esagerato dire che il mito del football, e del sabato che ad esso sarebbe stato dedicato in Gran Bretagna, nacque proprio in quel momento.
Placcaggi: si o no?
Torniamo a Morley e alla riunione da lui fortemente voluta. Il 26 ottobre del 1863, rispondendo a un annuncio fatto da lui pubblicare sul noto settimanale “Bell’s Life in London”, una dozzina di club aveva dato vita alla FA, la prima federazione calcistica che la storia ricordi. Da allora la voce si è sparsa e la base si è allargata: sono arrivate numerose squadre, ed è il momento di decidere come il gioco andrà giocato, partendo dalle basi presentate da Thring nella forma delle Cambridge Rules ma regolamentando il contrasto fisico tra i giocatori così come l’utilizzo di mani e piedi nel trattare il pallone. Le tre compagini di Blackheath, guidate dal giovane mercante di vini Francis Maule Campbell, fanno quadrato, rifiutando di scendere a patti.
Campbell sostiene che le spinte e i placcaggi siano l’essenza stessa del football, che senza vengano a mancare coraggio e grinta, trasformandolo in uno sport dove “un pugno di francesi vi batterà con una settimana di allenamento”. È in quel momento che Ebenezer Cobb Morley, colui che potremmo definire il “padre” del football, prende una decisione storica quanto necessaria. È comprensibilmente esasperato: siamo arrivati alla quinta riunione ed è necessario decidere una volta per tutte quale sarà la forma del nuovo sport. Si vada ai voti, dunque, e a chi si ritroverà in minoranza non resterà che scegliere se adeguarsi oppure andarsene e cercare fortuna in altro modo.

Come è nato il calcio, come è nato il rugby
Sono in 17 a votare, e 13 lo fanno a favore delle regole stilate da Morley e supportate dal primo presidente Arthur Pember. La maggioranza si è dunque espressa: il pallone sarà giocato con i piedi, e non sarà permesso né sgambettare né tanto meno placcare l’avversario in possesso della sfera. L’esito non sorprende l’uomo di legge: sapeva che la sua linea sarebbe passata, e se proprio il calcio dovrà fare a meno dei fanatici dell’hacking, pazienza.
Cocciuti e orgogliosi come solo certi inglesi sanno essere, i membri di Blackheath, nella sesta e ultima riunione che si svolge una settimana dopo lasciano la compagnia: sono ben decisi a giocare secondo il proprio gusto, e se questo significa formare una propria federazione, ben venga dire addio dopo appena un mesetto a compagni così inspiegabilmente spaventati da qualche “calcetto” e da qualche “spintarella”.
Al termine della riunione i seguaci di Campbell se ne vanno, e in capo a qualche anno formeranno la Rugby Football Union ispirandosi alla mitica figura di William Webb Ellis. Futuro ecclesiastico, nel 1823 Ellis aveva raccolto il pallone con le mani, segnando un punto non permesso dalle regole allora in uso presso l’ateneo di Rugby, gesto che però aveva raccolto così tanti consensi da cambiarle per sempre. Una leggenda, mai provata nei fatti, che segnerà la nascita di uno sport che, proprio quel giorno di dicembre, a Londra, si separa per sempre dal football. Così nasce il rugby, dunque. E così, l’8 dicembre del 1863, nasce il calcio per come lo conosciamo.
