domenica, Luglio 13, 2025

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Arthur Pember, il primo leader del calcio

Il nome di Arthur Pember viene spesso dimenticato anche dai più meticolosi storici. Primo presidente nella storia della Football Association, si sarebbe allontanato dal calcio quando questo era ancora in fase pionieristica per inseguire l’avventura negli Stati Uniti. La sua figura è stata però fondamentale per dare vita allo sport che oggi tutti amiamo.

Quando il calcio per come lo intendiamo oggi vide finalmente la luce, con la nascita della Football Association nell’inverno del 1863, Arthur Pember era ormai un uomo di 28 anni che amava lo sport non più di quanto amasse l’avventura e il giornalismo. Uomo di legge nella vita di tutti i giorni, era a tempo perso il capitano del pittoresco No Names Club di Kilburn, una delle squadre che aveva sentito l’esigenza di trovare un regolamento condiviso valido per tutte le sfide che andavano in scena a Londra tra old boys.

Tecnicamente Pember non era un ex studente. Era stato educato a casa, e non aveva frequentato alcuna università unendosi invece al padre, ancora in giovane età, per lavorare come broker. Proprio per questa educazione particolare, però, era cresciuto con una mente curiosa e aperta, senza alcuna preclusione o preconcetto, una caratteristica che si sarebbe rivelata fondamentale nella nascita della Football Association.

Primo presidente della Football Association

Non esistono resoconti affidabili sulle sue qualità come calciatore, e anche se venissero alla luce parlerebbero di un calcio del tutto diverso da quello che fu codificato alla Freemason’s Tavern di Londra con le Laws of the Game. È probabile che il calcio fosse per lui un interesse come tanti, mentre invece è certo che lo abbandonò quando questo di fatto doveva ancora essere organizzato su base nazionale. Fu presidente della Football Association dal 1863 al 1867, dimettendosi molto prima che vedessero la luce la prima edizione della FA Cup e la prima partita internazionale.

Il suo ruolo nella nascita della Football Association fu però, come detto, fondamentale. Fu lui infatti, insieme a quello che sarebbe stato il suo successore Ebenezer Cobb Morley, a indirizzare il gioco nella direzione che credeva migliore. Fu in grado di coinvolgere un notevole numero di club, finendo per arrendersi soltanto alla rigida presa di posizione dei club di Blackheath, cultori irriducibili del gioco con le mani e futuri pionieri del rugby.

Straordinario mediatore

Personaggio sicuramente pittoresco anche nell’aspetto, dotato di un paio di baffi davvero vistosi anche considerando l’epoca vittoriana, Arthur Pember fu tra i primi a comprendere che uno sport con poche e semplici regole sarebbe stato più facilmente compreso dalla massa, che forse lo avrebbe persino giocato. Allo stesso tempo intuì che contrasti troppo violenti, placcaggi e sgambetti avrebbero scoraggiato l’uomo comune.

Allo stesso tempo saggio e visionario, all’indomani della prima partita giocata con le Laws of the Game stabilite dalla Football Association di cui era presidente celebrò “il successo del calcio, indipendente da ogni classe sociale e credo religioso”. Certo fu straordinariamente profetico. Successivamente, però, il mondo dorato di cui aveva sempre fatto parte senza alcuno sforzo iniziò a stargli stretto, mentre cresceva la sua voglia di avventura, di conoscere il mondo per quello che era davvero.

Proprio mentre il football iniziava finalmente a organizzarsi su base nazionale, Arthur Pember presentò le proprie dimissioni come presidente della Football Association ritenendo che il suo compito era ormai concluso. Lasciò la poltrona al segretario e amico Morley, mentre il No Names Club avrebbe vissuto ancora qualche anno come Brondesbury, guidato sul campo da Edgar Field, poi protagonista nel 1876 della prima foto mai scattata della Nazionale inglese.

Giornalismo d’assalto nella Grande Mela

Negli Stati Uniti che si erano appena lasciati alle spalle gli anni sanguinosi della Guerra Civile, Arthur Pember intraprese la carriera di giornalista d’inchiesta che aveva sempre sognato e lavorò come inviato per nientemeno che il New York Times sotto l’identità di “AP, the Amateur Vagabond”. Da sempre attento agli usi e costumi di altri popoli e ceti sociali, utilizzò numerosi travestimenti e interpretò personaggi fittizi per i suoi reportage, mescolandosi con chi abitava i bassifondi della Grande Mela e vivendo a stretto contatto con la malavita.

Inutile specificare che la sua fu una vita avventurosa e sempre al limite, e che in più occasioni rischiò la vita dopo essersi scontrato con le varie “Gangs of New York” che sarebbero state raccontate, seppur in modo molto romanzato, nell’omonimo film oltre un secolo più tardi. Nessuno poteva immaginare che quell’intrepido reporter d’assalto fosse stato un tempo uno dei padri fondatori del calcio. Nelle sue numerose vite fu mendicante, artista circense, esploratore a caccia di sirene, soprattutto la voce dei deboli e degli emarginati. Denunciò malasanita, frodi, sfruttamento.

Prima ancora, da giovanissimo, aveva cavalcato cavalli imbizzarriti in Spagna, bevuto il buon vino francese, scalato il Monte Bianco – uno dei primi britannici a riuscire nell’impresa – e visto il Vesuvio eruttare. In mezzo a queste due vite quella di Londra, da giocatore e soprattutto dirigente del calcio che aveva appena visto la luce, qualcosa di cui una volta raggiunti gli Stati Uniti non scrisse mai né fece alcuna menzione ai tanti amici incontrati.

Arthur Pember, pioniere dimenticato

Nel 1874 raccontò tutte le incredibili avventure che aveva vissuto in prima persona nel libro The Mysteries and Miseries of the Great Metropolis, With Some Adventures in the Country: Being the Disguises and Surprises of a New-York Journalist, straordinaria testimonianza – disponibile ancora oggi su Amazon – della vita di questo indomito pioniere.

Non tornò mai più in Inghilterra. Subito dopo il libro il fato, che già gli aveva tolto la prima moglie in gioventù dopo pochi mesi di matrimonio, si accanì ancora contro di lui. La seconda moglie morì infatti a soli 36 anni a causa del tifo, e rimasto solo a prendersi cura di 5 figli Arthur Pember si ritirò in una fattoria nel North Dakota. Qui sarebbe scomparso poco dopo, appena 50enne, lasciando inedito il secondo libro a cui stava lavorando che avrebbe raccontato la sua esperienza ventennale come giornalista a New York.

Come detto a inizio articolo, ancora oggi è difficile trovare il nome di Arthur Pember quando vengono elencati i pionieri che hanno dato vita al football e successivamente lo hanno trasformato in quello che tutti conosciamo e amiamo. Ma è importante farlo, invece, ricordando che senza questo coraggioso quanto carismatico personaggio, oggi, forse il pallone sarebbe ancora semplicemente un giocattolo in mano a ricchi e annoiati studenti.

Ritratto in copertina di Sara Provasi


Arthur Pember

  • Nazionalità: inglese
  • Nato a: Londra (Inghilterra) il 15 gennaio 1835
  • Morto a: LaMoure, North Dakota (USA) il 3 aprile 1886
  • Squadre di club: No Names Club Kilburn (ING)

SITOGRAFIA

  • Brown, P. (11/08/2022) Arthur Pember, the mermaid hunter who invented football – Medium

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Simone Cola
Simone Colahttps://www.uomonelpallone.it
Amante del calcio in ogni sua forma e degli uomini che hanno contribuito a scriverne la leggenda

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